USA e Cina si scontrano sul commercio digitale nel Sud-Est asiatico

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Gli USA pensano a un “piano Marshall” digitale asiatico. La volontà di Biden è quella di controbilanciare l’influenza cinese nella regione, ma il Sud-Est asiatico ha rapporti molto stretti con le aziende tecnologiche cinesi

L’amministrazione Biden sta discutendo la proposta di un accordo sul commercio digitale  in Asia-Pacifico, per rilanciare il ruolo degli USA nella regione. Il Presidente Donald Trump aveva ridimensionato il primato internazionale di Washington con una serie di mosse inequivocabili: tra le altre, interventi contro le istituzioni dell’ordine liberale internazionale e l’abbandono del Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership nel 2017. Joe Biden cambia rotta, e dopo aver impiegato i primi mesi del mandato presidenziale a rafforzare accordi esistenti e a ritrattare le posizioni assunte dal suo predecessore, sta valutando l’idea di lanciare quello che è stato definito un “piano Marshall” digitale per l’Asia e Pacifico. Secondo alcuni analisti, oltre all’interesse economico di brand e investitori statunitensi, rafforzare la presenza di Washington nella regione è anche un modo per controbilanciare l’influenza cinese. Wendy Cutler, dell’Asia Society Policy Institute a Washington, ha affermato che l’accordo “riporterebbe gli Stati Uniti nel gioco commerciale in Asia, mentre considerano i benefici di ricongiungersi all’accordo globale per il partenariato transpacifico (CPTPP)”.

Per il momento l’obiettivo è quello di creare un paradigma di standard condivisi per l’economia digitale, che comprenda norme sull’uso di dati, accordi doganali elettronici e agevolazioni degli scambi. Sarebbero inclusi nel progetto Paesi come Giappone, Malesia, Singapore, Australia e Nuova Zelanda. Come ha sottolineato Nigel Cory, direttore associato presso il think tank Information Technology & Innovation Foundation, durante le negoziazioni di trattati commerciali la difficoltà risiede nel dover conciliare istanze diverse e talvolta divergenti, come quelle sul lavoro, sui servizi e sulle normative ambientali. “È un compito molto impegnativo e complicato”, ha osservato, “mentre con gli accordi specifici per il commercio digitale è un po’ più semplice”.

Il Sud-Est asiatico ha già intrapreso la via verso una maggiore integrazione digitale. Attualmente la regione ospita circa 400 milioni di utenti internet, il 10% dei quali è sbarcato per la prima volta online nel 2020. Gli sforzi dell’ASEAN vanno nella direzione di una maggiore cooperazione internazionale sul tema, sia tra i Paesi membri sia tra l’Associazione e i suoi partner di dialogo. Come ha sottolineato la Ministra per la Comunicazione e l’Informazione di Singapore, Josephine Teo, bisognerebbe impedire la frammentazione dello spazio tecnologico e digitale, intensificando gli sforzi verso partenariati che favoriscano il commercio digitale nell’area. “Dovremmo cercare più partnership, non meno” ha suggerito “invece della biforcazione tecnologica, stiamo effettivamente cercando di avere sistemi e standard più interoperabili (…) [per] promuovere flussi di dati transfrontalieri e far crescere il commercio digitale che aiuterà le nostre aziende, sia grandi che piccole”.

L’ottica anti-cinese degli interessi strategici statunitensi è un tema controverso per il Sud-Est asiatico. Per quanto il rapporto tra i Paesi ASEAN e la Cina possa risultare ambivalente, la possibilità di essere cooptati nell’alveo dei Paesi atlantisti non è una questione da poco. I giganti della tecnologia cinesi investono  in modo ingente nella regione: tra infrastrutture, commercio e finanziamenti rappresentano una vera risorsa per le economie locali.  Grandi società cinesi come Alibaba Group Holding Ltd. e Tencent Holdings Ltd. negli ultimi anni hanno guidato un’ondata di investimenti tra i Paesi ASEAN. Questa settimana i rappresentanti nazionali di alcuni Paesi asiatici hanno espresso sostegno alla proposta di Biden, avendo cura di evitare qualsiasi menzione alla potenziale esclusione di Pechino. Il Ministro del Commercio malese, Azmin Ali, ha accolto con favore l’idea e ha invitato le imprese americane a utilizzare il suo Paese come “porta d’ingresso” verso il Sud-Est asiatico. Il tutto a pochi giorni di distanza dalla decisione di Kuala Lumpur di scegliere Ericsson e non Huawei per lo sviluppo dell’infrastruttura di rete 5G. Mossa che è stata notata a Washington. mentre Singapore ha suggerito che l’accordo ha il potenziale per creare “beni comuni digitali globali aperti e affidabili”. In ogni caso, come hanno osservato gli analisti,  una maggiore esposizione del Sud-Est asiatico alle regole occidentali può mettere in crisi il rapporto con le aziende tecnologiche cinesi, fautrici di un approccio alla privacy, alla trasparenza e alla sorveglianza totalmente diverso.

Alcuni media statali cinesi hanno accolto negativamente la proposta della Casa Bianca. Hanno tacciato d’ipocrisia l’amministrazione statunitense, accusandola di promuovere un trattamento solo apparentemente alla pari con il Sud-Est asiatico, che manca della stabilità economica adeguata per poter godere di un interscambio equo con gli USA. Secondo il Global Times, gli Stati Uniti hanno adottato una mentalità a somma zero per promuovere discordia e instabilità nella regione. Uno dei settori in cui ASEAN e Cina cooperano più proficuamente sono le infrastrutture digitali, che consentirebbero di creare le condizioni preliminari per sviluppare il settore del commercio virtuale. Le economie dell’Indo-Pacifico sembrano disposte a trarre vantaggio dalla cooperazione con Washington, senza rinunciare all’intenso rapporto con Pechino. La stabilità regionale resta la massima priorità di tutti gli attori coinvolti, per questo dovranno essere mitigate le conseguenze geopolitiche più dirompenti di un accordo commerciale digitale con gli Stati Uniti.

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