Lo sviluppo delle infrastrutture verdi può spingere la ripresa economica post-pandemia. Ma servono ingenti finanziamenti.
L’ASEAN ha bisogno di nuove infrastrutture verdi. Non solo per migliorare l’approccio ecologico della regione, ma anche per migliorare la connettività, ridurre la povertà e incrementare lo sviluppo. Sotto questo profilo, le infrastrutture sono la spina dorsale della crescita economica di ogni Paese, ma i costi ambientali non sono indifferenti. Per questo l’Asian Development Bank ha stimato che il Sud-Est asiatico avrà bisogno di almeno 210 miliardi di dollari all’anno, per il periodo 2016-2030, per sostenere le spese delle infrastrutture green.
Se in epoca pre-Covid-19 gli investimenti in quest’area erano molto al di sotto dei livelli necessari per avvicinarsi anche minimamente a un cambiamento ecologico-ambientale significativo, la pandemia mondiale ha determinato una contrazione economica nella regione del 4%, riducendo ancora di più gli investimenti infrastrutturali. Di contrasto, però, è diventato ancora più urgente per l’ASEAN impegnarsi in questa direzione, per costruire un’economia più resiliente nel medio e lungo termine.
L’Asian Development Bank si è proposta come piattaforma di dialogo tra i Paesi del Sud-Est asiatico per capire come mitigare gli effetti negativi della pandemia, bilanciando la crescita economica con la salvaguardia del capitale naturale. Come? Sfruttando al meglio i fondi governativi, incentivando i finanziamenti privati e proteggendo le risorse naturali. Per farlo, i governi nazionali possono affidarsi a diverse strategie: imporre un prezzo alle esternalità ambientali, sovvenzionare prodotti e servizi a basso impatto ambientale, finanziare l’innovazione tecnologica e incentivare comportamenti individuali virtuosi.
Ma tutto questo non basta. Per un’efficace ripresa verde, le azioni dei governi del blocco ASEAN devono veicolare un cambiamento strutturale delle politiche ecologiche ed energetiche, integrando sempre di più gli obiettivi green nelle politiche di governo. Nel rapporto redatto da Bain & Company, Microsoft e Temasek, “La Green Economy del Sud-Est Asiatico: opportunità sulla strada per lo zero netto”, si evidenzia che circa il 40% degli investimenti infrastrutturali in Asia dovrà provenire dal settore privato. È necessario, poi, proseguire con una serie di interventi mirati riguardanti l’agricoltura sostenibile, lo sviluppo urbano verde e i modelli di trasporto, la transizione all’energia pulita, l’economia circolare e la protezione degli oceani e della biodiversità marina. Infine, i governi dovranno affidarsi a fonti di finanziamento sostenibili, introducendo tasse verdi come la Carbon Tax e rimuovendo i sussidi ai combustibili fossili.
La volontà di una ripresa verde è visibile anche nelle strategie regionali. L’ASEAN Comprehensive Recovery Framework enfatizza la sostenibilità ambientale come una componente chiave del processo di ripresa economica post-pandemia della regione.
Non sarà un cambiamento immediato né tantomeno facile, anche perché richiederà lo stanziamento di cifre imponenti. Si stima, però, che in questo modo si potranno creare oltre 30 milioni di nuovi posti di lavoro, stimolando un circolo virtuoso che nel lungo periodo potrebbe portare frutti positivi.