Singapore e la “multiculturalità armoniosa”

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Sin dalla sua indipendenza nel 1965 la creazione di una “società multietnica armoniosa” è stato uno dei principi che ha guidato l’operato del governo della città-Stato

Di Emanuele Ballestracci

“Noi, cittadini di Singapore, ci impegniamo come un popolo unito, indipendentemente da razza, lingua o religione, a costruire una società democratica basata sulla giustizia e l’uguaglianza, al fine di raggiungere felicità, prosperità e progresso per la nostra nazione”. Ogni mattina migliaia di studenti singaporiani iniziano la loro giornata recitando questo mantra, esemplificazione di uno dei capisaldi del proprio esecutivo: governare tramite le differenze. Sin dalla sua indipendenza nel 1965 la creazione di una “società multietnica armoniosa” è stato infatti uno dei principi che ha guidato l’operato del People’s Action Party (PAP) nel suo ininterrotto governo di Singapore. 

La rilevanza di tale questione è data dalla peculiare composizione della popolazione singaporiana e dagli scontri etnico-sociali che hanno storicamente caratterizzato il suo processo di decolonizzazione, seppur in misura minore rispetto al più ampio contesto regionale. Negli Stati dell’Asia meridionale e del Sud-Est asiatico, soprattutto in Sri Lanka, Indonesia e India, rivolte e scontri violenti tra diverse etnie sono infatti fenomeni che si sono spesso ripetuti dopo la loro indipendenza. Nel 1965, la popolazione di Singapore era composta per circa il 75% da cinesi, 13% da malesi, 7% da indiani e per 5% dai cosiddetti Altri (lavoratori migranti ed Euroasiatici) e le cifre sono rimaste pressoché stabili fino ai nostri giorni. Data tale eterogeneità, la governance etnico-sociale è stata fin da subito una sfida esistenziale per la neonata città-Stato. Proprio gli scontri tra i singaporiani di origine cinese e malese nel 1964, che causarono 36 morti e centinaia di ferite, portarono il fondatore del PAP Lee Kuan Yew ad affossare il progetto federativo con la Malesia e alla conseguente fondazione di Singapore in quanto Stato indipendente. Da allora tali episodi sono diminuiti esponenzialmente, portando Singapore ad essere il tanto decantato modello di ordine e stabilità sociale che è oggi.

Per realizzare una cosiddetta “società multiculturale armoniosa” negli anni il PAP ha lanciato una serie di iniziative di grande successo, prima fra tutte la scelta dell’inglese in quanto lingua franca. Tale scelta permise all’ex colonia britannica di creare uno spazio neutrale in cui sviluppare valori e un’identità condivisa, pur permettendo alle varie etnie di mantenere l’uso della propria lingua tradizionale. Il cinese mandarino, il malese, e il tamil rimangono infatti le lingue ufficiali del Paese e a seconda dell’appartenenza etnica vengono insegnate parallelamente all’inglese. In alcuni casi anche il sistema legislativo è stato adattato alla particolare composizione multiculturale singaporiana e la legislazione sulla famiglia ne è un chiaro esempio. La Carta delle Donne è infatti la principale fonte in materia ma esiste un parallelo sistema legale e giudiziario per dare seguito alla legge musulmana in materia di matrimonio, divorzio, mantenimento, custodia dei figli. 

C’è poi il sistema di quote per l’assegnazione delle abitazioni pubbliche, che corrispondono all’80% del totale a Singapore, creato nel 1989 al fine di rispecchiare la composizione etnica della popolazione in ogni distretto, quartiere e condominio. Ciò ha evitato che si creassero enclave mono-etniche e ha favorito la creazione di comunità multiculturali. Un sistema di quote garantisce anche la rappresentanza minima in parlamento alle minoranze e la carica di Capo di Stato viene tradizionalmente affidata ad un malese o indiano, bilanciando ulteriormente il peso politico di ogni etnia. 

Infine, negli anni è stato promulgato un fitto corpo legislativo che permette al governo di Singapore di punire severamente ogni tipo di violenza o discriminazione razziale, sia essa offline oppure online. Tali pene sono spesso state criticate per essere fin troppe dure, a rimostranza dell’importanza che il PAP attribuisce al tema dell’armonia sociale. Un’ulteriore riprova di ciò è la celerità con cui tali leggi vengono aggiornate per rispondere in maniera tempestiva a nuove forme di odio razziale. 

Tuttavia, non è tutto oro quel che luccica e Singapore non fa certo eccezione. La designazione delle rispettive etnie rimane infatti un processo controverso ed estremamente rigido. Nell’identificare le principali componenti sociali sono state appiattite tutte le specificità al loro interno, di cui tutte e tre erano estremamente ricche. Inoltre, la possibilità di modificare l’identità razziale attribuita è limitata anche per i figli di coppie interrazziali, che devono comunque indicare una “razza principale” per i loro figli a fini amministrativi. Presentano criticità anche il sistema di rappresentanza politica delle minoranze e il pur celebratissimo sistema abitativo. La supremazia politica dell’etnia cinese rimane infatti una costante nella storia della città-Stato, mentre le quote per l’assegnazione di residenze pubbliche hanno distorto il mercato immobiliare, aumentando le disuguaglianze economiche tra la popolazione.

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