Rita Bonucchi: “Non si può non essere in ASEAN, l’innovazione nasce lì”

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ITALIA-ASEAN/ Iniziamo un ciclo di interviste e approfondimenti su aziende e realtà italiane presenti nel Sud-Est asiatico. Intervista alla CEO di Bonucchi e Associati srl, società di consulenza con sede a Milano e Singapore.
Rita Bonucchi è CEO di Bonucchi e Associati srl, una società di consulenza con sede a Milano e Singapore (dal 2011), che si occupa di marketing internazionale, strategie per l’export e l’internazionalizzazione, con una lunga e solida presenza nel Sud-Est asiatico. Export Strategist, formatrice e Management Consultant, dal 2020 ha fondato anche BeaConsulting pte ltd a Singapore, focalizzata su clienti e progetti locali.

Com’è nata la sua attività in ASEAN?

Nel 1993 ho avviato un’attività di consulenza per la pianificazione marketing. All’epoca, non essendo così sicura dei volumi di lavoro, ho accettato un progetto di supporto al procurement di guanti monouso. Questo settore era distante dal mio solito focus di lavoro.  Partendo da quella che fu una scelta casuale, ho iniziato a frequentare l’ASEAN dal 1993 e, in seguito a quell’incarico, avendo accumulato contatti e conoscenza di territorio, ho continuato a seguire altri progetti, che tuttavia restavano marginali rispetto alla mia attività principale.

Nel 2010 ho supportato la stesura di un business plan per un’attività di consulenza basata in Malesia. L’anno successivo la mia società, Bonucchi e Associati, sarebbe diventata maggiorenne. Dal 1993 al 2010 avevamo accompagnato tante aziende nelle loro strategie di internazionalizzazione. Così ho capito che era arrivato anche per noi il momento di guardare all’estero. Internazionalizzare una società di servizi non è semplice, ci sono molti meno modelli. Abbiamo deciso di seguire lo stesso modus operandi che utilizziamo per i nostri clienti: check up, selezione destinazioni, progetto. La selezione destinazioni ha fatto emergere l’ASEAN, anche grazie a tutta quell’esperienza iniziata in modo casuale. Dopo un primo focus sulla Malesia, è stato chiaro che Singapore è il luogo più adatto a noi e su cui abbiamo investito dal 2011. Inizialmente, abbiamo cercato partner e collaboratori per poi iniziare a stabilizzarci e fondare una sede a Singapore, investendo anche nei viaggi di lavoro. Siamo passati a più di quattro trasferte all’anno, con permanenze lunghe, soprattutto d’estate. 

Oltre a questo, una serie di progetti internazionali per la Commissione Europea mi aveva portato anche in Indonesia, in particolare a Bali. Lì ho seguito progetti destinati alle PMI e agli artigiani locali sull’empowerment per l’export verso l’Unione Europea. Seguendo clienti, missioni, progetti istituzionali, siamo arrivati a un’altra svolta della nostra storia in ASEAN.  Nel 2018 siamo diventati consulenti di un’agenzia governativa, Design Singapore, che si occupa della promozione e dello sviluppo del design di Singapore, localmente e all’estero. Siamo consulenti per l’internazionalizzazione in Europa di vari designer e studi di architettura singaporiani. Adesso continuiamo a seguire questo progetto con un ruolo che si è evoluto e ci ha portato ad avere esigenze ancora più puntuali. Fino al febbraio 2020, volavo a Singapore ogni mese. Un incarico di grande respiro con un impatto molto positivo sulla nostra visibilità in Italia, in quanto parte di questo incarico ha richiesto un matching tra designer singaporiani e produttori italiani.

Quali sono i punti focali del suo lavoro nel Sud-Est asiatico?

Non abbiamo una specializzazione settoriale chiusa, ma negli ultimi dieci anni abbiamo focalizzato la nostra attività in ASEAN su pochi settori, tra i quali i cosmetici e tutto il mondo beauty. Curiamo il percorso di internazionalizzazione nel Sud-Est asiatico di Cosmetica Italia, l’associazione dei produttori di cosmetici all’interno di Confindustria. L’altro settore sul quale puntiamo molto è quello del progetto: architetti, ingegneri, produttori di sistemi, materiali e prodotti che hanno la loro destinazione all’interno di un edificio, fino all’arredamento e al tessile per l’arredo. Adesso stiamo lavorando molto con il settore medicale e agri-tech. È Singapore che ci guida in base alle nuove tendenze su cui si concentra, alle aree sulle quali punta. Noi ci attrezziamo a seguire i trend, anche grazie ai nostri clienti locali. Dal 2020 abbiamo fondato una società controllata al 100% a Singapore, BeaConsulting pte ltd, focalizzata su clienti e progetti locali. Operiamo sia come società italiana a Singapore sia come società locale.

Quali sono i motivi che l’hanno spinta a investire a Singapore?

L’innovazione nasce in ASEAN, è lì che succedono le cose. Questa è la motivazione più forte. Non possiamo non esserci. È una convinzione per noi e per i nostri clienti, non una semplice attrazione territoriale. Non essere presenti in ASEAN significa perdere non solo una fetta del business, ma soprattutto l’onda principale dell’innovazione, a livello qualitativo. È un punto di osservazione assolutamente privilegiato, in particolare Singapore, dove si incontrano tante correnti, soprattutto quelle relative al mondo digitale. Sono presenti tutti gli strumenti tipici del mondo occidentale e della Cina e poi una enorme vivacità locale, molto visibile dal settore e-commerce. Non esserci significa perdere un pezzo di opportunità.

Altri motivi riguardano lo stile di vita e il modo di fare business. A Singapore divento più produttiva, faccio networking in modo molto più intenso. I tempi si comprimono: dall’inizio di una proposta di business alla chiusura passa meno tempo che in Italia. L’ambiente è più internazionale. Nonostante lavori a Milano, sento che la velocità di Singapore è superiore. C’è una comunità internazionale più sviluppata, una concentrazione di capitali che interessa particolarmente alle startup e che tende ad aumentare di pari passo alla crescita del venture capital. La velocità nella costituzione delle società è preponderante. Nell’ultimo anno abbiamo costituito varie società per i nostri clienti e aperto conti correnti senza essere fisicamente a Singapore, e le modalità per farlo è anche relativamente semplice.

Noi impieghiamo un modello secondo cui le PMI atterrano prima a Singapore, per poi coprire il resto dei Paesi ASEAN. Un modello tradizionale, che risponde a un’unica considerazione: molte delle PMI con cui dialoghiamo non sono pronte né a scegliere un solo territorio né a sostenere i costi e l’impegno di un insediamento in termini di proprietà industriale, intellettuale certezza del diritto, avviamento di un business. A nostro parere, Singapore rimane ancora imbattibile. Il momento per aprire in Vietnam, Thailandia, Indonesia e Malesia può sempre arrivare. Più spesso troviamo partner su Singapore che ci aiutano a coprire gli altri mercati della regione.

Ad oggi com’è la risposta dei clienti italiani?

I nostri dieci anni di esperienza sul campo ci danno quella solidità di cui i clienti hanno bisogno. Non riusciamo ancora ad arrivare così rapidamente al loro insediamento. Oltre a trovare un partner a Singapore, stimoliamo le aziende a stabilirsi il prima possibile, anche per poter usufruire dei veri vantaggi territoriali, non ultimi i grant disponibili anche per le aziende a capitale straniero. Tuttavia, questa visione non è ancora totalmente sposata dalle aziende con le quali dialoghiamo. Ci vuole più sforzo per arrivare a farli decidere un insediamento diretto. La richiesta più frequente resta l’elaborazione di un progetto export e la ricerca dei distributori, attività per le quali siamo comunque attrezzati e anche accreditati per i principali programmi di finanziamento (Maeci/Invitalia, Simest e altri). Per alcuni prodotti spingiamo anche sull’approdo diretto agli e-commerce locali.

Storia della sua realtà imprenditoriale: presente e sviluppi futuri.

Il nostro presente fa leva sui nostri collaboratori a Singapore che ci hanno permesso di andare avanti in questo periodo. Prima fra tutti la nostra Project Manager, Marianna Fichera.

Bonucchi e Associati è sia a Milano che a Singapore. Il metodo e la squadra di lavoro sono gli stessi, nonostante siamo articolati su due sedi. Ciò è davvero inusuale alla nostra dimensione. Abbiamo anche partner locali che, fin dall’inizio, hanno aiutato a radicarci e che ancora oggi sono il nostro riferimento sia a Singapore che in Malesia. Riusciamo a lavorare a diversi livelli perché possiamo contare su diversi tipi di collaboratori. Tramite il gruppo di collaboratori in loco aumentiamo il nostro focus in ASEAN.

Grazie al nostro ruolo di brand ambassador a Singapore di MM Design, un pluripremiato studio di industrial design, e all’iscrizione a varie associazioni locali abbiamo ottenuto importanti riconoscimenti come consulenti ed esperti. L’azienda locale può ottenere finanziamenti dalle varie agenzie governative di Singapore anche quando lavora con noi. Stiamo lavorando per essere equiparati a una società di consulenza locale anche per i vantaggi riservati a clienti stessi.

Di recente abbiamo cambiato sede a Milano, replicando ciò che abbiamo a Singapore all’interno del National Design Centre. Paperwork è lo spazio co-working che ospita il nostro ufficio per il team locale a Singapore, permettendoci di sfruttare la realtà innovativa e vibrante dell’hub per il mercato asiatico. Con l’obiettivo di riprodurre il modello già sperimentato a Singapore, abbiamo trasferito la nostra sede nello spazio di YoRoom, una community di aziende, freelance e start up, dove talenti e idee si incontrano nel cuore del quartiere Isola/Garibaldi a Milano.

Per il futuro prevediamo un bilanciamento dei dipendenti a Singapore e a Milano, mantenendo il concept dell’unico team e sperando di riprendere presto a viaggiare. Avendo rafforzato anche il network che ci permette di lavorare negli altri Paesi ASEAN, andremo a formalizzare e a rafforzare questi rapporti. Singapore, Indonesia e Malesia sono molto ben presidiati, seguiti da Thailandia e Vietnam.

Quale impatto ha avuto la pandemia Covid-19 sui processi aziendali?

La pandemia è arrivata mentre eravamo sulla rampa di lancio di molti progetti. All’inizio è stato complicato, anche per l’annullamento di tutti gli eventi, ma poi abbiamo capito come adattarci alla situazione, cambiando modo di lavorare. Adesso ci siamo riassestati. 

L’impossibilità di viaggiare da Paese a Paese rappresenta il danno maggiore, perciò stiamo aumentando l’enfasi su Singapore. In tutti gli incarichi che stanno arrivando ci concentriamo inizialmente su Singapore, aspettando di essere più incisivi anche sugli altri Paesi. Prima il lavoro prevedeva movimento continuo, ora dobbiamo aspettare e utilizzare di più i nostri riferimenti locali perché è ancora inimmaginabile quella fortissima mobilità, che poi è una delle caratteristiche principali del mercato ASEAN. La mancanza di mobilità è stato l’impatto più rilevante, che poi ci ha portato a concentrarci su settori che hanno il proprio focus a Singapore: health-tech, agri-tech e food-tech, sicurezza alimentare e approvvigionamento, economia circolare. 

Riguardo il settore della sostenibilità, siamo coinvolti in Coffeefrom, un progetto di economia circolare che realizza, ad esempio, tazzine con i fondi di caffè. Il progetto pilota è in Italia e noi abbiamo l’incarico di replicarlo partendo proprio da Singapore. Con il Green Plan 2030, Singapore è certamente il Paese più visionario in questa direzione. Inoltre, si creano economie di agglomerazione, c’è una grande possibilità sia di incontrare aziende del settore della sostenibilità sia i loro finanziatori. Ci sono fondi di venture capital esclusivamente dedicati a startup impegnate nella sostenibilità, come Pufferfish Partners. Nella necessità di lavorare a distanza e non potendo più partecipare fisicamente agli eventi, è diventato più importante approfondire e mantenere il network virtuale con questi soggetti.

Il ruolo delle donne nell’imprenditoria a Singapore.

A Milano siamo un gruppo di donne e anche a Singapore abbiamo mantenuto questa prevalenza. Mi dedico molto alla valorizzazione delle professionalità femminili italiane presenti a Singapore. Sono socia dell’Italian Women’s Group Singapore (parte di Singapore Business and Professional Women’s Association), che unisce più di 120 donne italiane a Singapore: manager, imprenditrici, e tantissime donne che si sono trasferite per motivi di famiglia. In quest’ultimo caso, molto spesso le loro professionalità vengono compresse. Molte professioni non sono replicabili a Singapore, ad esempio quelle relative al mondo legale. In altri casi, la continua mobilità del coniuge rende impossibile replicare un certo tipo di attività. Alcune donne che lavorano o hanno lavorato con me provengono da questo bacino. Finora era possibile farle lavorare con la letter of consent, che non è più possibile richiedere da maggio di quest’anno, rendendo la situazione ancora più critica. 

A Singapore c’è un’imprenditoria femminile molto sviluppata, in cui emerge il ruolo di Christina Teo di she1K, una competizione aperta alle startup femminili. Molto interessanti anche le iniziative finanziate da CRIB. Singapore è una società multietnica, attenta alle pari opportunità. Purtroppo, molte professionalità esportate dall’Italia subiscono una compressione. Ad oggi, è un patrimonio assolutamente sprecato. Ci sono donne che si muovono dall’Italia con una posizione di valore e non ritrovano la possibilità di continuare ad esprimerla in questo assetto. Alcune donne optano per attività in proprio. Ci sono attività interessanti relative alla produzione di gioielli, come Italian Hands di Ilenia Circolani, e alla psicomotricità, come Sparkd | The Brain & Fitness Hub, fondato da Anna Milani. Tuttavia, in altri settori non si riescono ad avere le stesse opportunità che c’erano in Italia. 

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