RCEP, al via l’accordo che promette l’integrazione asiatica

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Il 1°gennaio 2022 entrerà ufficialmente in vigore la Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), un accordo che porta con sé grandi aspettative per il processo di integrazione asiatica. Ecco di cosa si tratta

Tutto pronto per l’entrata in vigore del Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) per il 1°gennaio 2022. Si tratta del più grande accordo commerciale della storia al di fuori dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), che coinvolge 16 paesi della regione asiatica. Al momento del lancio ufficiale saranno però 10 le nazioni coinvolte dalle nuove misure, mentre 5 devono ancora ratificare l’accordo all’interno dei propri meccanismi legislativi. A partire da gennaio saranno incluse nel RCEP 6 nazioni ASEAN: Singapore, Brunei, Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam. Insieme a loro entrano Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Australia. Per la Corea del Sud, infine, bisognerà attendere la sessione plenaria dell’Assemblea nazionale per ufficializzare l’ingresso nell’accordo.

Sul potenziale del Rcep sono state già spese molte parole, tanto quanto sono alte le aspettative. Un trattato di questa portata non potrà che accelerare l’integrazione economica della regione, facendo incontrare realtà economiche, politiche e sociali molto diverse tra loro. IL RCEP coprirà un mercato di 2,3 miliardi di persone, con un valore della produzione che supera i 26 trilioni di dollari: si tratta di circa il 30% della popolazione mondiale e oltre un quarto delle esportazioni esistenti sui mercati globali.

I punti dell’accordo

Il RCEP mira ad abbattere le barriere tariffarie fino al 90% tra i paesi aderenti nell’arco di 20 anni. Per la Cina e i paesi ASEAN significherà un rafforzamento dell’Accordo di libero scambio (ALS) già in vigore, riducendo il 70% delle tariffe sui beni importati dal Sudest asiatico, mentre Brunei, Singapore, Thailandia e Vietnam elimineranno circa il 75% delle tariffe sui prodotti importati dalla Cina. Il tutto correlato da uno sforzo di semplificazione e accelerazione delle pratiche amministrative legate agli scambi commerciali tra i paesi RCEP. Questo passaggio punterà sulla crescita delle competenze in ambito digitale dei paesi coinvolti, ma anche sull’armonizzazione di dati, documenti e comunicazioni.

Il secondo aspetto più rilevante dell’Accordo regionale riguarda l’abbattimento delle cosiddette misure non tariffarie (NTM), ovvero tutte quelle limitazioni alle importazioni legate – per esempio – agli standard di qualità e di sicurezza di una determinata industria. Si tratta di un punto importante, che insieme al vincolo della trasparenza facilita le transazioni internazionali lungo la supply chain. Un esempio è quello del Vietnam, che importa una parte significativa di componenti ad alta tecnologia da Cina e Corea del Sud: questo tipo di trattative sono continuamente soggette a procedure di conformità che fanno lievitare i prezzi sia dei materiali che dell’output finale, mentre l’assenza di standard uniformi ostacola l’inserimento del prodotto sui mercati internazionali. Costi tutt’altro che irrisori, in quanto chiedono un’analisi molto approfondita e aggiornata dei requisiti normativi del partner commerciale, e l’adozione di nuovi strumenti e competenze certificati. Con l’arrivo del RCEP, questo processo viene adottato in una soluzione unica a livello nazionale, con le autorità competenti che hanno lavorato per applicare le misure necessarie ad uniformare i regolamenti nazionali con quelli previsti dall’accordo.

L’integrazione digitale è uno dei passaggi dell’accordo più innovativi nel panorama degli ALS. I paesi aderenti promettono creare maggiori opportunità per le piccole medie imprese nel settore e-commerce, oltre a fornire loro maggiori competenze digitali per facilitare gli scambi sul mercato internazionale. Secondo un sondaggio del 2021 del World Economic Forum, l’87% dei dirigenti di PMI ASEAN conta sulla digitalizzazione come uno strumento importante per superare la crisi economica. Nei piani del RCEP questa evoluzione dovrà passare attraverso canali nuovi, dove dovranno avvenire le transazioni monetarie e lo scambio di documenti e atti amministrativi. Da qui nasce l’opportunità di scambiare tecnologie ed expertise utile con più facilità: le aziende di Singapore, paese che eccelle nell’indice di competenze digitali globale (DSGI) (con un punteggio di 7.8), possono contribuire allo sviluppo tecnologico di partner ancora distanti dall’upgrade tecnologico soft e hard (come la Cambogia, che ha solo 2,8 di DSGI).

Le prospettive 

Il RCEP viene lanciato in un momento storico difficile, dove lo sviluppo economico deve fare i conti con le ondate di contagi Covid. Ogni processo di integrazione economica su larga scala richiede diversi anni prima di mostrare i primi risultati concreti. L’accordo offre ai paesi più avanzati l’opportunità di ridurre i costi lungo la supply chain, mentre ai paesi in via di sviluppo permette di importare più facilmente alcune tecnologie sofisticate e know how. Sia gli investitori asiatici che le aziende estere inserite sul mercato RCEP potrebbero vedere ampliato il ventaglio di opportunità di crescita, sia in termini di acquisti che di vendita di beni e servizi.

Le promesse dell’accordo sono integrazione commerciale, razionalizzazione tariffaria, liberalizzazione economica, rivitalizzazione delle PMI, accessibilità al mercato e beneficio reciproco tra pari. Ciò non elimina per intero il rischio che alcuni paesi possano approfittare dell’accordo per inserirsi nelle zone grigie delle normative nazionali, soprattutto laddove viene meno la tutela verso le PMI. Il tempo delle disquisizioni è giunto al termine per (quasi) tutti i paesi: saranno le azioni dei prossimi anni a dimostrare il potenziale del RCEP tanto per i privati, quanto per la cooperazione internazionale.

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