Entro il 2024 l‘Onu e i Paesi asiatici vogliono realizzare il primo trattato mondiale sul contenimento dei rifiuti plastici
L’80% dei rifiuti plastici mondiali ha origine nel continente asiatico e più di un terzo deriva dalle Filippine. Per contrastare il fenomeno, i maggiori produttori di plastica dell’Asia, dalla Cina all’India, dall’Arabia Saudita al Giappone, hanno partecipato, nell’ambito delle Nazioni Uniti, alla stesura di un piano per la realizzazione del primo trattato mondiale sul contenimento dei rifiuti plastici entro il 2024.
“Un momento storico”, è stato definito così l’accordo raggiunto il 2 marzo dal Programma sull’ambiente dell’ONU. Ma gli scettici non hanno mancato di sottolineare le criticità di questo accordo. Il trattato infatti si concentra principalmente sul riciclaggio della plastica monouso, ma gli esperti dell’ambiente continuano ad insistere che per avere un impatto significativo bisogna fare i conti anche con la limitazione della produzione di prodotti in plastica. Una prospettiva che non piace ai governi di quelle nazioni con un’economia improntata sull’industria petrolchimica.
L’accordo, però, è più complesso: i Paesi hanno concordato una risoluzione che prevede il monitoraggio dell’inquinamento da plastica lungo tutta la filiera produttiva, dalla creazione allo smaltimento. Osservati speciali saranno i Paesi asiatici considerati i maggiori responsabili della dispersione di rifiuti plastici nell’ambiente, in particolar modo le Filippine. Anche la Malesia, destinazione preferita da molte altre nazioni per lo smaltimento della plastica, sarà al centro dell’attenzione.
Secondo alcuni esperti, rendere più costoso il processo di smaltimento è l’unico modo per incentivare le Nazioni al riciclo. Non a caso, la maggior parte dei rifiuti plastici deriva dai Paesi del Sud-Est asiatico, dove le politiche sullo smaltimento dei rifiuti sono fin troppo permissive e le concentrazioni di plastica finiscono perlopiù bruciate nelle discariche o, direttamente, negli oceani.
Questa situazione, oltre che dannosa per l’ambiente, si traduce anche in una consistente perdita economica. Una serie di studi condotti dalla Banca mondiale conferma infatti come in Tailandia, Malesia e Filippine si perde oltre il 75% del valore materiale della plastica riciclabile – l’equivalente di sei miliardi di dollari l’anno – quando viene utilizzata una sola volta. Secondo il Programma sull’Ambiente ONU, globalmente vengono spesi tra i 6 e 19 miliardi di dollari all’anno per ripulire la sporcizia che deriva dall’inquinamento da plastica.
Una possibile soluzione, auspicata dagli esperti, potrebbe essere la creazione di centri di riciclaggio a livello internazionale, dove far confluire i rifiuti plastici. Un’altra area di interesse, che il trattato dovrebbe prendere in considerazione riguarda il coordinamento della strategia tra diversi Paesi e regioni, per appianare le discrepanze nelle azioni anti inquinamento. Senza contare che gli effetti dell’inquinamento si manifestano soprattutto nelle aree geografiche più arretrate. Questo significa che, anche se questo trattato è già stato incoronato come “il più grande accordo dai tempi di Parigi”, la strada è ancora lunga.