Passi avanti sui diritti in Malesia

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Abolita la pena di morte obbligatoria per una serie di reati nel Paese del Sud-Est asiatico. Una decisione importante e significativa

Articolo di Aniello Iannone

Lunedì 3 aprile il parlamento malese ha votato un disegno di legge che comporterà la riforma di una parte del sistema giudiziario penale del Paese. In particolar modo la riforma, oltre ad abolire l’uso obbligatorio della pena di morte (Abolition of Mandatory Death Penalty Bill DR7), rivedrà le sentenze  per i  reati punibili con la pena di morte e con il  carcere a vita (Revision of Sentence of Death and Imprisonment for Natural Life Temporary Jurisdiction of The Federal Court, Bill DR 8). La rifoma non abolisce del tutto la pena di morte nel Paese, ma ne cancella l’obbligo della sentenza. Un passo rilevante. La pena di morte rimarrà comminabile per 34 reati tra cui quelli riguardinti il traffico di droga, terrorismo e omicidio. Tuttavia la riforma  darà libertà di discrezione al giudice nell’interpretare la condanna, con la possibilità di imporre altre condanne più lievi. La riforma è un considerevole passo avanti per i diritti umani nel Paese. Attualmente nell’ASEAN su 10 Paesi, solo le Filippine (2006) e la Cambogia (1989) hanno completamente abolito la pena di morte per legge. Timor-Leste, come Paese osservatore dell’ASEAN ha abolito la pena di morte nel 1999. 

La pena di morte in Malesia

In Malesia il sistema giudiziario penale è stato introdotto dall’impero britannico e imponeva la pena di morte obbligatoria in caso di omicidio. Quanto nel 1957 la Malesia ottiene l’indipendeza, eredita il sistema common law inclusa la pena di morte. Nel 1952, sempre sotto l’amministrazione britannica, viene istituita la legge sulle droghe pericolose (Dangerous Drugs Act) , dove nel 1975 diventa reato punibile con pena capitale non obbligatoria. Solo nel 1983 il governo guidato da Mohamad Mahathir, per dimostrare la tolleranza zero del governo verso il traffico di droga, che in quel periodo cominciava a vedere alti flussi dai Paesi produttori della zona come Laos, Myanmar e Thailandia, la pena di morte per traffico di droga fu resa obbligatoria. Tuttavia bisogna comprendere che dal punto di vista politico-sociale, la Malesia fin dalla sua indipendenza nel 1957 ha  sempre vissuto in uno stato perenne di percezione d’emergenza. La pena di morte in questo contesto è stato un elemento importante per mantere questa percezione di emergenza continua nel Paese. 

Al giorno d’oggi in Malesia 34 capi d’accusa possono essere punibili con pena di morte, fino alla riforma ce n’erano 12 puniti con pena di morte obbligatoria: dichiarare  guerra contro il sovrano Yang di Pertian Agong e lo Stato,  prendere  ostaggii, uccidere, commettere terrorismo, guidare un gruppo terroristico, fornire servizi per scopi terroristici, fornire proprietà per atti terroristici, facilitare attività terroristiche, facilitare attività di criminalità organizzata, scarico illegale di armi da fuoco, complice allo scarico illegale di arma da fuoco e traffico di droga. Questi 12 capi non saranno più puniti con la pena di morte obbligatoria ma rientreranno con gli altri 22 capi d’accusa punibili con pena di morte o, a senconda di come il guidice  interepreterà l’accusa, con pene alternative.

La riforma nel periodo post crisi governativa 2020-2022

Dal 1957 a oggi, secondo i dati di Amnesty International, sono state giustiziate circa  469 persone, 1337 sono attualmente condannate nel braccio della morte,  di questi un quarto sono stranieri. Inoltre, di questi, 67,5% sono stati condannati per traffico di droga e altri crimini non considerati una minaccia per il diritto internazionale. Per anni gli attivisti si sono batutti per l’abolizione della pena di morte nel Paese. Nel 2010 è stata attivata una raccolta di firme per salvare la vita di Vui Kong, un malese condannato a morte nel 2007 a Singapore per traffico di 15 grammi di eroina. La sua condanna è stata ridotta all’ergastolo, e la raccolta di firme, arrivò a 109.346 firme e fu poi inviata al governo. Fu in seguito istituito il International Centre for Law and Legal Studies (I-CeLLs) per arrivara ad una soluzione sulla pena di morte nel Paese. Nel 2018 una moratoria per l’abolizione della pena di morte fu proposta dal governo Mahathir e dalla coalizione uscita vincitrice dalle elezioni, Perkatan Harapan, in quanto uno dei punti del manifesto politico della coalizone. Tuttavia la proposta fu osteggiata  sia dall’opposizione sia da organizzazioni non governative conservatori-malay di estrema destra come PERKASA. Ora l’importante passo avanti con il governo guidato dal premier Anwar Ibrahim.

L’attuale situazione in ASEAN 

L’ASEAN non ha nessuna legge o meccanismo  per un eventuale divieto totale della pena di morte nei Paesi membri. Inoltre la sua attuale struttura organizzativa non lo permetterebbe in quanto si basa su una rigida interpretazione della politica di non interferenza e della tutela della sovranità nazionale dei Paesi membri. Secondo un sondaggio del Ministero della legge e per i diritti umani in Indonesia circa l’80% della popolazione è a favore della pena di morte. Ma i passi avanti continuano, a differenza che in altre parti del mondo, come dimostra il caso della Malesia.

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