A Bangkok si ritroveranno le 21 economie dell’Asia-Pacifico venerdì e sabato per un altro appuntamento cruciale a livello multilaterale
Articolo di Francesco Mattogno
Sud-Est asiatico: secondo round. Terminato il summit ASEAN a Phnom Penh, il mese di appuntamenti diplomatici nella regione entra nel vivo. Ad aprire e chiudere la seconda settimana di vertici sarà il meeting dei leader della Cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC) che si terrà a Bangkok, in Thailandia, dal 14 al 19 novembre. Una serie di incontri che per due giorni coincideranno con il G20 in Indonesia (15-16 novembre).
In una Bangkok blindata, i grandi del mondo proveranno a lasciare da parte la politica per concentrarsi su commercio e investimenti “liberi e aperti”. Ovvero il collante che tiene insieme le 21 economie dell’APEC, di cui fanno parte, tra le altre, quelle di Cina, Stati Uniti e Russia. Tutti i membri aggregati tra loro valgono circa il 60% del PIL e il 50% del commercio mondiale.
Che la politica resti fuori dal vertice, però, non è realistico. I bei propositi per l’integrazione e la cooperazione economica regionale reciprocamente vantaggiosa (ai quali si deve la nascita dell’APEC nel 1989) scricchiolano ormai da tempo, incrinati principalmente dalle minacce di decoupling tra Washington e Pechino. La guerra in Ucraina rischia solo di dargli il colpo di grazia. A risentirne è stata soprattutto la presidenza 2022 della Thailandia, partita all’insegna di slogan d’apertura e connessione su un modello economico Bio-Circolare-Verde (BCG), e finita col ridimensionarsi inevitabilmente già dal 24 febbraio scorso. Quando Mosca ha invaso Kiev.
Nel vertice APEC di maggio tra ministri del commercio, i rappresentanti di Stati Uniti, Giappone, Australia, Canada e Nuova Zelanda hanno abbandonato la sala per protesta una volta che ha preso la parola il ministro dell’economia russo Maxim Reshetnikov. L’incontro si è concluso senza una dichiarazione congiunta e la stessa sorte è toccata alla riunione tra ministri delle finanze di ottobre. Al termine dei vertici i 5 paesi – a cui si sono aggiunti Corea del Sud e Cile – hanno espresso “gravi preoccupazioni per la guerra in Ucraina”.
Il linguaggio politico, inusuale per un vertice economico, ha provocato un certo disagio interno al gruppo. Il primo ministro thailandese Prayut Chan-o-cha ha parlato di “giuntura critica” per l’APEC, non a torto. Ai focus su catena di approvvigionamento, ripresa dei viaggi interregionali post covid e sicurezza alimentare su cui voleva puntare Bangkok, si sono aggiunti, e in cima alla lista, i pressanti temi dell’inflazione e della sicurezza energetica.
Tanto che tra gli invitati esterni al vertice (oltre a Macron, per esempio) figura anche Mohammad bin Salman, principe ereditario dell’Arabia Saudita. La sua presenza rende probabile il rafforzamento dei legami petroliferi tra Sud-Est asiatico e Riyadh, con buona pace di BCG e sostenibilità ambientale. Per quanto riguarda gli ospiti principali, invece, 7 delle 21 economie APEC non saranno rappresentate dai propri leader. E due sono le assenze particolarmente vistose.
Sia il presidente americano Joe Biden che quello russo, Vladimir Putin, hanno scelto di saltare il vertice. Ma se Putin è impegnato in una guerra che non sta andando come si sarebbe immaginato, Biden volerà dal G20 di Bali direttamente alla Casa Bianca per il matrimonio di sua nipote. Una spiegazione che ha messo un po’ in imbarazzo sia la Thailandia che gli stessi Stati Uniti, che manderanno al suo posto la vicepresidente Kamala Harris. Mancheranno anche i numeri uno di Messico, Malesia, Corea del Sud e Taiwan (per cui presenzierà il fondatore della TSMC, Morris Chang). Taipei, così come Hong Kong, può fare parte dell’APEC senza irritare Pechino proprio perché il gruppo racchiude “economie” e non “stati”.
Del vuoto lasciato da Biden è pronto ad approfittarne il presidente cinese Xi Jinping, in visita in Thailandia dal 17 al 19 novembre. L’assenza di un contrappeso americano gli garantirà un’accoglienza esclusiva. Secondo il Bangkok Post, Prayut ha cambiato il programma dell’evento solo per fissare tra i due una cena ufficiale e permettere a Xi di partecipare all’udienza reale dei leader. Dal punto di vista pratico, probabilmente il segretario generale del Pcc rassicurerà i partner commerciali sul fatto che la Repubblica popolare è ancora aperta agli affari – come ribadito durante un forum a Pechino il 2 novembre -, provando a scacciare le preoccupazioni dovute al basso tasso di crescita dell’economia cinese. Possibile anche un faccia a faccia con il primo ministro giapponese Fumio Kishida.
Ci si chiede allora quanto potrà incidere Kamala Harris. Alla volontà di “approfondire i legami con i paesi APEC”, espressa da Biden al summit 2021, sono seguiti il lancio a maggio dell’iniziativa economica per l’Indo-Pacifico (IPEF, criticata per la sua vaghezza) e l’annuncio che saranno gli USA a detenere la presidenza APEC 2023. A ottobre il vice-segretario del tesoro americano, Wally Adeyemo, ha incontrato alcuni dei Ministri delle finanze del gruppo allo scopo di dimostrare che l’area rappresenta davvero una “priorità assoluta” per Washington. Ma sono sforzi che rischiano di rivelarsi poco efficaci. L’assenza dal vertice del presidente, da sola, potrebbe bastare per ritenere l’impegno economico americano nell’area ancora insufficiente.
Per Bangkok, colpita anche da una serie di turbolenze politiche interne legate a Prayut (speculazioni dicono che alla fine del summit possa essere sciolto il parlamento), bilanciare le differenze e allentare le tensioni non sarà semplice. L’obiettivo minimo è che non si ripetano i fatti di maggio e che si arrivi a una dichiarazione finale congiunta: dunque, evitare il fallimento del vertice. Poi la Thailandia passerà la palla dell’APEC agli Stati Uniti, calando il sipario sul mese che ha messo il Sud-Est asiatico al centro delle relazioni internazionali.