L’agenda della nuova strategia UE per il commercio internazionale
Il 18 Febbraio 2021 la Commissione Europea ha pubblicato le linee guida della sua nuova “Strategia per il commercio internazionale”, che determinerà l’approccio dell’Unione verso il commercio con i Paesi terzi negli anni a venire.
Dal documento appare chiaro che la parola d’ordine sarà “autonomia strategica e aperta”. Aperta ad una ripresa economica dalla pandemia di COVID-19, che sia guidata dalla trasformazione green e digitale. Ma aperta anche ad un rinnovato multilateralismo, e soprattutto ad una sostanziale riforma dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).
La transizione verso un’economia più ecosostenibile è probabilmente la sfida principale. Gli obiettivi posti dal Green Deal europeo, l’insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione per raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050, sono ambiziosi, numerosi, e urgenti. Per questo motivo, uno dei primi traguardi da raggiungere attraverso la nuova Strategia sarà quello di rafforzare le clausole di salvaguardia dell’ambiente, già presenti negli accordi di libero scambio che l’UE stringe con i Paesi terzi. Il rispetto di queste clausole sarà monitorato con estrema attenzione, e verrà inasprita la lotta contro il commercio illegale per garantire la protezione dei cittadini, dei lavoratori, e dei coltivatori.
La seconda sfida è quella della rivoluzione digitale. L’UE si è posta come obiettivo l’attuazione di nuove linee guida per il commercio digitale, ovvero quella tipologia di commercio in beni e servizi che viene realizzato ogni giorno attraverso mezzi elettronici. Secondo stime della Commissione Europea, nel 2018 più del 60% del PIL mondiale era rappresentato dalle transazioni digitali, cifre che sono cresciute in maniera esponenziale durante l’epidemia di COVID-19. Tuttavia, la Commissione intende mostrarsi fortemente contraria a quei Paesi che impongono misure sempre più discriminatorie per promuovere la propria competitività digitale a discapito degli altri. Nella nuova Strategia, l’UE spinge verso un maggiore flusso di informazioni digitali tra Paesi, ma nel rispetto delle regole comunitarie sulla protezione dei dati personali. Una delle finalità più ambiziose è quella di vietare la richiesta della localizzazione da app e siti web quando queste non siano strettamente necessarie, in linea con il quadro giuridico dell’UE sulla protezione dei dati personali.
La riforma dell’OMC è indispensabile per raggiungere questi obiettivi. La Strategia della Commissione, infatti, sottolinea il bisogno di inserire delle clausole sulla salvaguardia dell’ambiente non solo nei suoi accordi di libero scambio, ma anche nelle regole generali per tutti i Paesi che vogliano continuare a scambiare merci, beni e servizi in tutto il mondo.
L’OMC, con la nomina della nuova Direttrice Generale Ngozi Okonjo-Iweala lo scorso 1° marzo, ha superato una difficile situazione di stallo riguardante le nomine per l’organo di appello che durava da oltre tre anni, a causa del blocco alle nomine voluto dall’Amministrazione Trump. L’economista nigeriana, prima donna e prima rappresentante africana a ricoprire l’incarico di Direttore Generale, ha ricevuto rinnovato sostegno sia dell’UE sia della Casa Bianca con la nuova Amministrazione Biden. In molti sperano che lei sia la “donna giusta al momento giusto” per porre fine alla disputa commerciale e al crescente protezionismo tra l’Unione e gli Stati Uniti. Ma anche per risolvere la guerra commerciale in atto tra Cina e USA, da quando questi ultimi hanno imposto tariffe “incompatibili” con le norme internazionali ai prodotti cinesi nel 2018. Coadiuvata dalla nuova amministrazione, l’UE si augura di esportare il suo modello di transizione green e digitale anche nell’OMC.
L’obiettivo di porre la propria autonomia strategica al centro, verso un’Unione che da sola è in grado di raggiungere i suoi obiettivi e perseguire la sua agenda globale su multilateralismo, digitalizzazione e cambiamento climatico, è senza dubbio lodevole. È impossibile non notare, tuttavia, la mancanza di una strategia per il giusto rilancio dei rapporti con l’area ASEAN e dell’Asia Pacifico. In modo particolare, le Tigri asiatiche brillano da tempo per i successi raggiunti nello sviluppo digitale e fanno parte di quei Paesi più interessati alla lotta contro il cambiamento climatico, data la loro posizione geografica particolarmente soggetta ai disastri ambientali. L’Europa sta già iniziando a dare maggiore centralità all’Indo Pacifico, ne sono un esempio i vari trattati di libero scambio con Giappone, Vietnam, Singapore e le trattative con Australia, Indonesia e Malesia, oltre alla “Strategia per l’Indopacifico” in corso di sviluppo da parte della Commissione Europea. Tuttavia, un maggiore focus verso quest’area del mondo dal punto di vista commerciale resta cruciale per dare una svolta importante alla nuova strategia europea e rafforzare la posizione dell’UE nell’arena globale.