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L’export italiano verso i Paesi Asean è in crescita: un tasso di sviluppo medio del 12% dal 2010 al 2014 che l’ha portato a raggiungere i 4,8 miliardi di euro, livello mantenuto nel 2015. Ora che è nata la comunità economica l’accelerazione può essere notevole. La Sace stima per il 2018 un miliardo e mezzo di export aggiuntivo. Le scommesse sono le infrastrutture in Indonesia, i beni di consumo nelle Filippine, le energie rinnovabili in Malesia, i macchinari da filiera agroalimentare in Vietnam, i beni di lusso un po’ in tutti i Paesi. Se l’Italia saprà giocarsi le sue carte potrà recuperare quote dalla Germania e dalla Francia che sono messi meglio di noi con il 2,8 e l’1,5% delle proprie vendite all’estero dirette verso l’Asean contro lo 0,9 dell’Italia.
«L’importante – come ha ricordato l’ex premier Enrico Letta presentando a dicembre l’associazione Italia-Asean – è cogliere il dinamismo di un’area che, quanto agli investimenti diretti esteri, è passata dagli 85 miliardi di dollari del 2007 ai 136 del 2014». La quota sul totale mondiale degli Ide è salita dal 5 all’11%, grazie soprattutto a un costo del lavoro ancora basso e al ribilanciamento del modello di sviluppo cinese verso la domanda domestica.