Lo sviluppo sostenibile negli accordi commerciali UE-ASEAN

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Articolo a cura di Pierfrancesco Mattiolo

L’UE punta a una politica commerciale “basata sui valori” e promuove la tutela dell’ambiente e dei diritti sociali con i suoi accordi di libero scambio. Un approccio che ha influenzato i negoziati con i Paesi ASEAN.

Commercio internazionale e sviluppo sostenibile sono indissolubilmente legati. L’aumento del traffico delle merci porta con sé maggiori opportunità economiche sia per l’UE sia per i Paesi ASEAN, ma potrebbe anche incoraggiare lo sfruttamento delle risorse naturali e umane in violazione degli standard internazionali in questi stessi Paesi. Bruxelles ha accettato la sfida e rilanciato: gli accordi di libero scambio degli ultimi anni includono dei capitoli TSD (Trade and Sustainable Development) per aumentare l’impegno e la cooperazione nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Sustainable Development Goals – SDGs). Proprio su questo tema la vicepresidente e segretaria generale dell’Associazione Italia-ASEAN Alessia Mosca è intervenuta lo scorso 4 giugno a una conferenza organizzata dal Collegio “Bernardo Clesio” dell’Università di Trento, ripercorrendo l’evoluzione della dottrina commerciale europea negli ultimi anni e lo sviluppo dei rapporti con i Paesi ASEAN. Il tema è rilevante anche per altre regioni: Mosca ha dialogato infatti con Paolo Garzotti, capo unità America Latina presso la DG Trade della Commissione Europea e già vice capo della missione UE all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), impegnato nei negoziati con i paesi Mercosur.

La Commissione Europea aveva già messo in chiaro il suo proposito di perseguire “una politica commerciale e degli investimenti basata sui valori” nel documento strategico Trade for all, inserendo quali obiettivi della sua trade agenda la promozione dello sviluppo sostenibile, dei diritti umani e della buona governance. Era l’ottobre 2015, nel giro di poche settimane sarebbe stato formalmente ratificato l’accordo di libero scambio tra UE e Corea del Sud (già in vigore in via provvisoria dal 2011), il primo dei c.d. “accordi di seconda generazione”. Questa nuova generazione di FTA (Free Trade Agreements) si distingue dalla precedente per l’inclusione di capitoli dedicati a materie mai coperte in passato: lo scambio dei servizi, la protezione della proprietà intellettuale e, appunto, la promozione dello sviluppo sostenibile attraverso i rapporti commerciali (TSD).

Il concetto di “sviluppo sostenibile” abbracciato dall’UE è quello articolato dall’ONU nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, sottoscritta sempre nel 2015, e tiene insieme gli obiettivi di protezione dell’ambiente e dei diritti con la crescita sociale ed economica . Esaminando i TSD Chapters degli accordi di seconda generazione, troviamo per esempio disposizioni che impongono ai partner di rispettare gli accordi internazionali sul clima oppure di ratificare e implementare le convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO). Lo scorso febbraio la Commissione ha ribadito nella sua Trade Policy Review non solo di voler continuare a perseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile ONU attraverso la politica commerciale, ma anche di voler essere più assertiva nell’enforcement degli FTA e dei TSD Chapters.

Per quanto riguarda i rapporti con i Paesi ASEAN, ad oggi l’UE ha firmato due FTA con Singapore (2018) e Vietnam (2019), mentre quello con l’Indonesia è in fase avanzata di negoziato. Coerentemente con la linea espressa dalla Commissione, tutti questi accordi includono un capitolo TSD. Per l’Accordo con Singapore, le trattative sul capitolo sono state particolarmente lineari, dato che lo stato insulare si stava già allineando con gli standard ILO fondamentali, e hanno prodotto regole anche sulla pesca e sul disboscamento. Anche l’Accordo con il Vietnam prevede un apprezzabile livello di impegno sul fronte dei diritti dei lavoratori (a cui Hanoi ha dato seguito ratificando alcune importanti convenzioni ILO) e della tutela ambientale. Singapore e Vietnam sono rispettivamente il primo e il secondo partner commerciale dell’UE tra i Paesi ASEAN per scambio di beni e servizi e i due FTA costituiranno un precedente fondamentale per i futuri negoziati con gli altri Paesi della regione. Mettere per iscritto degli impegni però non è sufficiente: occorrerà prestare particolare attenzione all’effettiva implementazione dei TSD Chapter e procedere, se necessario, ad azioni di enforcement degli Accordi. Il coinvolgimento della società civile dei Paesi partner sarà fondamentale per misurare i progressi concretamente fatti e, proprio per questo, gli FTA prevedono strumenti di consultazione ad hoc degli stakeholders.

Se i negoziati per l’Accordo commerciale con l’Indonesia sono in fase avanzata, gli altri tavoli aperti da Bruxelles con i paesi Asean sono a uno stallo (Malesia, Thailandia, Filippine). Proprio sui capitoli TSD si misurano a volte le distanze di vedute tra l’UE e i partner su temi specifici. Ad esempio, la questione degli oli vegetali non è facile da maneggiare per la Commissione, alla ricerca di un punto di equilibrio tra le richieste dell’opinione pubblica europea e le sensibilità di Giacarta e Kuala Lumpur – sensibilità che sfociano talvolta anche in dispute in seno all’OMC. È importante ricordare però che gli FTA non sono l’unico strumento con un approccio TSD utilizzato nella regione: gli schemi GSP (Generalised Scheme of Preferences) si sono rivelati un mezzo efficace per garantire condizioni privilegiate di accesso al mercato UE a paesi come Cambogia, Myanmar (beneficiari entrambi del regime più favorevole, l’EBA – Everything But Arms, che garantisce l’esonero da dazi e quote all’export verso l’Europa) e Filippine. Per continuare a beneficiare dei GSP però, i partner devono impegnarsi a adottare e realizzare politiche per lo sviluppo sostenibile, pena la revoca dello schema, misura adottata contro la Cambogia dopo un lungo processo di scrutinio e confronto e che potrebbe essere presa anche contro Myanmar.Il dilemma che si pone davanti all’UE non è di facile soluzione. Da un lato occorre un certo rigore nell’imporre ai Paesi ASEAN il rispetto degli obblighi ambientali e sociali, coerentemente con l’ambizione europea di avere una politica commerciale “basata sui valori”, in cui gli impegni sugli SDGs presi a livello bilaterale e multilaterale con il partner sono vincolanti. Dall’altro  bisogna anche tenere a mente le esigenze di questi Paesi e il rischio che, in assenza di un accordo con l’UE, finiscano nella sfera commerciale di altre potenze. Approfondire i legami, commerciali e non solo, tra l’Europa e ciascun Paese ASEAN è precondizione necessaria per una maggiore cooperazione nelle sfide poste dall’Agenda 2030.

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