Nel corso del 2022, l’Indonesia è passata dalla presidenza del G20 a quella dell’ASEAN. Giacarta ha dimostrato di essere un punto di riferimento per la regione e un interlocutore indispensabile per tutti gli attori interessati nell’Indo-pacifico
Giacarta non è mai stata così centrale nello scenario internazionale. Nel 2022, i diplomatici di tutto il mondo hanno lavorato con il Governo indonesiano per preparare il Summit G20 di Bali. La città è anche la sede del Segretariato dell’ASEAN e, dalla fine del 2022 e per buona parte del 2023, sarà la sede della presidenza di turno dell’ASEAN. Il biennio 2022-2023 è forse un annus mirabilis per Giacarta, una capitale “in scadenza”, dato che sono già iniziati i lavori per spostare il Governo del Paese nella nuova città di Nusantara, nel Borneo orientale. I lavori per la costruzione della nuova capitale procedono però a rilento e saranno necessari ancora degli anni. Il progetto è quasi un simbolo delle ambizioni dell’Indonesia nella regione – e di alcune sue contraddizioni. La volontà di spostare il centro del Paese da Giava a una delle zone più periferiche dell’arcipelago. Le difficoltà amministrative di un progetto mastodontico. L’innalzamento del livello del mare che minaccia la vecchia capitale e il resto della regione. Un nome evocativo di un’ambizione di leadership plurisecolare.
Nusantara viene infatti dall’antico giavanese e significa “isole esterne”. Esterne dalla prospettiva di Giava, il cuore dell’Impero Majapahit, la cui influenza si estendeva, tra il XIII e il XV secolo, su tutto l’arcipelago malese – e infatti il concetto abbraccia non solo i territori che oggi corrispondono all’Indonesia. Il termine fa parte del nation-building indonesiano fin dal celebre giuramento del Palapa pronunciato da Gajah Mada, primo ministro di Majapahit, nel XIV secolo. Il primo ministro giurò di astenersi dal mangiare cibo speziato (palapa) fino a quando non avesse unificato tutta Nusantara sotto l’autorità giavanese. L’idea di unificare l’arcipelago e le popolazioni di lingua Malay sotto un’unica leadership sta alla base della nascita dello Stato indonesiano nel corso del Novecento. Durante il regime di Sukarno, il giovane Paese era arrivato a scontrarsi prima con i Paesi Bassi e poi la Malesia per completare il processo di unificazione della regione – con parziale successo. Già sotto Suharto queste ambizioni cambiarono natura: l’Indonesia doveva guidare Nusantara attraverso la sua influenza politica e la diplomazia e non con la forza. Il Paese segue questa dottrina da allora. Anche il giuramento del palapa rimane parte della retorica nazionale: il primo satellite lanciato dagli indonesiani nel 1976 fu battezzato appunto Palapa a simboleggiare la dedizione della Paese nel progetto.
Tale ruolo di leadership è per certi versi naturale date le dimensioni del Paese. Per popolazione ed economia, l’Indonesia è il più grande membro del blocco ASEAN e l’unico Stato della regione ad essere parte anche del G20. Nel 2022 Giacarta ha ricoperto la presidenza del summit, aprendo un triennio in cui il vertice si svolgerà sempre nel Sud globale: dopo Italia e Indonesia, la presidenza passerà all’India e poi al Brasile. Il Governo guidato da Joko Widodo non aveva un compito semplice, considerate le crescenti tensioni nella politica internazionale. La Russia è un membro del G20 e la membership è divisa tra i Paesi che boicottano Mosca e quelli con una linea più attendista. Nonostante questa contrapposizione, Widodo ha invitato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a intervenire al Summit di Bali. Dopo la conclusione del vertice, il Presidente cinese Xi Jinping si è trattenuto per un incontro bilaterale con Widodo per rafforzare la cooperazione in vari settori – in particolare nello sviluppo delle infrastrutture. Sul piano politico, Giacarta ha espresso la sua adesione al principio di non-interferenza negli affari interni molto caro a Pechino – un dato significativo visto che l’Indonesia è il più grande Paese a maggioranza musulmana del mondo e che la Cina riceve critiche dall’estero in particolare per il trattamento della minoranza musulmana nello Xinjiang. Allo stesso tempo, l’amministrazione Widodo non intende appiattirsi sulle posizioni cinesi, come neanche su quelle americane, rifiutando la logica della “nuova guerra fredda”. Si tratta di una posizione condivisa dalla grande maggioranza dei governi dell’ASEAN e delle economie emergenti del G20. Anche in questo caso, la strategia indonesiana viene da lontano – anche se non da un concetto antico come palapa o Nusantara. Uno dei leader del movimento indipendentista e futuro primo ministro Mohammad Hatta tracciò in un suo discorso del 1948 la rotta della politica estera della nuova nazione: mendayung antara dua karang, ossia “remando tra due scogli” – all’epoca, USA e URSS, a cui oggi forse potremmo aggiungere la Cina.
Anche la presidenza annuale dell’ASEAN, assunta da Giacarta a novembre 2022, porta con sé sfide non di poco conto. Il Governo indonesiano ritiene che l’organizzazione debba affrontare due questioni essenziali: navigare la crescente rivalità tra le grandi potenze e distribuire i frutti della crescita economica ai quasi 700 milioni di cittadini del blocco. La strategia tracciata dall’amministrazione Widodo per risolvere tali sfide si articola in tre punti: attuare lo Statuto dell’ASEAN – in altre parole, condividere certe scelte politiche essenziali, come ad esempio la risoluzione della crisi tuttora in corso in Myanmar –, rafforzare l’ASEAN come istituzione e dotarla di maggiori strumenti per raggiungere la sicurezza energetica e alimentare, l’”indipendenza medica” e la stabilità finanziaria della regione. Tale strategia è stata riassunta nello slogan: “l’ASEAN conta: un epicentro per la crescita”. La presidenza indonesiana sembra dunque intenzionata a rafforzare l’organizzazione e a risolvere al suo interno le già citate questioni politiche che scuotono la regione, ossia la questione birmana e il difficile equilibrio tra USA e Cina. Sul piano economico, l’Indonesia cercherà di attuare la strategia ASEAN Vision 2025, dunque rafforzare gli scambi commerciali infra-regionali e accelerare la transizione tecnologica. Un altro importante dossier è l’ingresso di Timor Est nell’organizzazione.Le aspettative per la presidenza indonesiana sono alte, considerata l’ambizione del Paese e i precedenti storici: due processi fondamentali per l’integrazione regionale – la creazione di una Comunità ASEAN sul modello dell’UE (2007) e l’accordo commerciale RCEP (2020) – sono stati avviati proprio durante due turni di presidenza indonesiana, rispettivamente nel 2003 e nel 2011. Nei mesi a venire potremmo vedere se anche stavolta l’Indonesia riuscirà a tenere uniti – con politica, cooperazione e leadership – i Paesi di Nusantara e del resto del Sud-Est asiatico.