Le potenzialità delle relazioni UE-Indonesia: dal commercio alla cooperazione politica

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Articolo a cura di Pierfrancesco Mattiolo

Per l’UE, approfondire i rapporti con Giacarta e gli altri Paesi ASEAN è un’opportunità – forse addirittura una necessità. La visita dell’Alto Rappresentante Borrell a inizio giugno ne è un segnale.

“Il centro di gravità globale si sta spostando verso la regione Indo-Pacifica”. Con queste parole, pubblicate in un suo articolo per il Jakarta Post, Josep Borrell ha messo in chiaro con quanta attenzione Bruxelles stia guardando agli sviluppi politici ed economici nei Paesi ASEAN. L’Alto Rappresentante UE per gli Affari esteri e Vicepresidente della Commissione Europea si era recato a inizio giugno a Giacarta in visita ufficiale, dove aveva incontrato figure di primo piano del Governo indonesiano – il Presidente Widodo, i Ministri degli Affari esteri e della Difesa, esponenti del Parlamento – e dell’ASEAN – tra cui il Segretario Generale Lim Jock Hoi.

La rinnovata attenzione dell’UE verso l’ASEAN ha molteplici ragioni. Se da un lato Bruxelles ha fatto un salto di qualità nei suoi rapporti con due Paesi membri, Vietnam e Singapore, grazie ai recenti accordi di libero scambio, rimangono delle distanze notevoli con altri Governi. Ad esempio, sul piano politico, l’UE ha risposto al coup in Myanmar con una serie di sanzioni contro alcune personalità legate al Tatmadaw e, l’anno scorso, alle ripetute violazioni dei diritti umani in Cambogia con la revoca del regime commerciale di favore EBA (Everything But Arms). Sul piano commerciale, Bruxelles è stata adita due volte in giudizio innanzi alla World Trade Organization (WTO) per le sue misure sull’olio di palma e i biocarburanti con esso prodotti, rispettivamente da Kuala Lumpur e da Giacarta. Nonostante la disputa legale in corso, il futuro dei rapporti commerciali tra UE e Indonesia è promettente e un rafforzamento della cooperazione, anche politico-strategica, con lo Stato più popoloso dell’ASEAN è nel pieno interesse di Bruxelles. Borrell è stato chiaro sul punto: “il potenziale del nostro rapporto è inespresso. Possiamo fare molto di più”. 

Sul piano commerciale, i negoziati per l’Accordo di libero scambio tra UE e Indonesia sono in fase avanzata ed entrambe le parti sembrano interessate ad accelerare i tempi. Uno dei dossier più caldi, la questione dell’olio di palma, potrebbe essere spostato su un altro tavolo negoziale, così da raggiungere un compromesso separato e rendere più agevole il confronto sul capitolo TSD (Commercio e Sviluppo Sostenibile) dell’Accordo. Borrell stesso sembra aver suggerito questo approccio nel corso della sua visita a Giacarta. Le discussioni sugli altri capitoli proseguono in modo positivo, nonostante su alcuni temi sia più complesso trovare un punto di incontro – ad esempio, sulle barriere tecniche al commercio (TBT), sull’accesso agli appalti pubblici e sulla tutela dei diritti di proprietà intellettuale. L’Accordo conterrà un capitolo dedicato agli investimenti, tema particolarmente caro al Governo indonesiano. Risale allo scorso 4 marzo il regolamento attuativo della Omnibus Law, l’ambizioso piano di riforme economiche di Giacarta che ha aperto il Paese agli investimenti stranieri in molti settori – tra cui telecomunicazioni, trasporti, energia, servizi edili – e ha previsto vari incentivi per attrarli. Questa apertura potrebbe essere rafforzata ulteriormente dall’Accordo di libero scambio e portare nuove opportunità alle imprese europee. Per il momento, il mercato indonesiano è particolarmente favorevole ai competitors dei Paesi che hanno sottoscritto il RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership, l’accordo commerciale tra Paesi ASEAN, Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda). In particolare, l’Indonesia ha bisogno di investimenti stranieri sulle sue infrastrutture, la cui inadeguatezza costituisce un ostacolo per la crescita economica del Paese, e la Cina si è dimostrata ben lieta di intervenire, approfittando delle recenti aperture.

L’appeal degli investimenti cinesi, oltre al supporto ricevuto nella gestione della crisi COVID-19, sta spingendo il Governo indonesiano a riallacciare i rapporti con Pechino, particolarmente tesi in passato a causa delle dispute sulle zone di pesca nel Mar Cinese Meridionale. La crescente influenza cinese nella regione rientra senza dubbio tra i motivi che hanno spinto l’UE e alcuni suoi Stati membri – Francia, Germania e Paesi Bassi – a formulare una nuova e più coraggiosa “strategia Indo-pacifica” che passa proprio da Giacarta. Se il dialogo con Myanmar e la Cambogia è difficile a causa delle divergenze molto profonde – di cui la Cina ha approfittato per aumentare la sua influenza in questi due Paesi – sulla forma di Stato e sulla tutela dei diritti, l’UE non ha problemi a riconoscere nell’Indonesia “una delle più grandi democrazie ed economie al mondo” e un Paese like-minded, quasi a voler sottolineare l’intenzione di voler collaborare anche sul piano politico, oltre che commerciale. Giacarta ha lanciato segnali incoraggianti in questo senso: dopo il colloquio con Borrell di inizio giugno, la Ministra degli Affari esteri Retno Marsudi ha ribadito l’impegno del suo Governo a ottenere la nomina di un inviato ASEAN per il Myanmar, la cessazione delle violenze e la liberazione dei prigionieri politici da parte delle forze golpiste birmane.La cooperazione politica potrebbe diventare presto anche strategica. L’UE ha espresso l’intenzione di essere presente nel Sud-Est asiatico anche con le proprie marine militari. Si tratta di un cambiamento non da poco per Bruxelles, alla ricerca di un approccio pragmatico in equilibrio tra cooperazione – economica e politica – e proiezione strategica nell’Indo-pacifico, anche per bilanciare il protagonismo cinese. L’Indonesia – che, tra l’altro, ricoprirà la presidenza del G20 il prossimo anno, subito dopo l’Italia – è sicuramente un partner fondamentale, probabilmente necessario, per concretizzare questa nuova visione.

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