L’ASEAN punta sull’economia blu

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L’ASEAN ha recentemente adottato il Blue Economy Framework per coordinare lo sfruttamento sostenibile delle risorse marine. Il mare è una risorsa vitale, ma poggia su un equilibrio delicato. Ambientale… e politico.

Il mare ha un ruolo essenziale nella storia del Sud Est asiatico. La pesca e i commerci marittimi sono da secoli attività chiave dell’economia regionale. Tutti i Paesi ASEAN, eccetto il Laos, si affacciano sul mare. Persone, merci e idee, circolando per nave, hanno reso la regione molto più che una mera espressione geografica, creando legami culturali e politici tra questi Paesi. Negli ultimi decenni, oltre a una crescita senza precedenti del commercio marittimo, si sono anche affermate nuove forme di sfruttamento economico del mare – il turismo ma anche l’estrazione di risorse come il petrolio e il gas naturale. Allo stesso tempo, a causa del cambiamento climatico e dell’innalzamento del livello degli oceani, il mare è diventato anche una minaccia. Aree e città densamente abitate come Giacarta rischiano di essere sommerse nel corso dei prossimi decenni, con costi sociali ed economici immensi. Non a caso, il Governo indonesiano ha spinto per l’approvazione di un Blue Economy Framework durante la sua presidenza dell’ASEAN con l’obiettivo di rendere lo sfruttamento delle risorse marine più sostenibile ed efficace. 

Ma cos’è la blue economy? La Banca Mondiale la definisce come “l’uso sostenibile delle risorse dell’oceano per la crescita economica, un migliore tenore di vita, posti di lavoro e la salute dell’ecosistema oceanico”. Il concetto di “sostenibilità” si deve intendere in modo tripartito e unisce la sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Sul piano concreto, il modello dell’economia blu spinge i governi a progettare in modo integrato le loro politiche, agendo su settori economici diversi.  Ad esempio, il Framework ASEAN prevede interventi per raggiungere la neutralità carbonica delle attività marittime, migliorare la capacità di risposta ai disastri naturali, favorire lo sviluppo di nuove tecnologie per i settori coinvolti, facilitare la cooperazione e il coordinamento tra governi nazionali per monitorare il consumo delle risorse. Sono inoltre incluse iniziative per ridurre l’inquinamento da rifiuti e sviluppare il turismo sostenibile legato al patrimonio paesaggistico. 

Uno dei principali elementi di novità del Framework è l’inclusione delle risorse acquatiche terrestri, ossia fiumi, laghi e bacini artificiali. D’altronde la regione è attraversata da grandissimi fiumi – come il Mekong, l’Irrawaddy e il Chao Phraya – che ne hanno plasmato la storia e che continuano a sostenere la vita di milioni di persone. Alla luce di questa innovazione, la blue economy torna utile anche per uno Stato senza sbocchi sul mare come il Laos. Altro elemento d’interesse è che l’ASEAN è il secondo blocco di Paesi, dopo l’Unione Europea, a iniziare coordinare le proprie politiche verso le risorse acquatiche al di sopra del livello nazionale. La cooperazione in questo campo è necessaria, visto che le scelte dei singoli Stati hanno un impatto limitato sulla salute degli oceani. Negoziare a livello multilaterale è più complicato, come dimostra l’accordo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) sui sussidi alla pesca che favoriscono l’esaurimento delle risorse alieutiche. Raggiungere un accordo tra così tanti Paesi, con interessi molto diversi, ha richiesto negoziati difficili e 21 anni di trattative – il tempo trascorso tra la quarta Conferenza Ministeriale OMC di Doha del 2001 e la dodicesima tenutasi a Ginevra nel 2022, dove è stato concluso l’accordo. 

Trovare un accordo tra membri ASEAN può essere più facile, ma può essere comunque difficile da mettere in pratica. Innanzitutto, il Framework non è vincolante e stabilisce strategie di ampio respiro che dovranno poi essere concretizzate in numerose politiche a livello regionale e nazionale. Queste politiche richiedono know-how, risorse amministrative e condivisione d’intenti tra i diversi gruppi di interesse. Gli Stati ASEAN dispongono già di una buona rete di cooperazione internazionale da cui possono ricevere supporto nella definizione di tali politiche: l’UE potrebbe essere un partner essenziale, dato che è l’attore internazionale più simile all’ASEAN e ha già sviluppato un suo approccio all’economia blu. Inoltre, gli Stati che si affacciano sullo stesso mare devono rispettare gli interessi e la sovranità dei vicini. Un tema delicato per i membri ASEAN rivolti verso il Mar Cinese Meridionale, le cui acque sono rivendicate anche da Cina e Taiwan. Non a caso, il Framework ripete con una certa insistenza che la UNCLOS, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare che stabilisce i confini delle acque territoriali, costituisce una delle sue basi legali essenziali. Per poter cooperare nella protezione dei mari, gli Stati ASEAN devono prima mettere da parte eventuali rivalità residue sul loro controllo.

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