Cosa possiamo aspettarci dal futuro dell’Associazione dei Paesi del Sud-Est Asiatico
Il futuro aspetto dell’ Associazione per i Paesi del Sudest Asiatico (ASEAN) è stato discusso durante gli ultimi due summit del gruppo, tenutisi a Belitung e Labuan Bajo. Infatti, la visione della comunità per gli anni a venire non si limiterà al 2035, ma sarà estesa di dieci anni, fino al 2045. Ma di cosa si tratta di preciso?
Una task force lavorerà per elaborare e mettere a punto i dettagli di questa visione nei prossimi tre anni, ma ciò che è sicuro, hanno annunciato i leader, è che la strategia sarà composta da un equilibrio tra pragmatismo e ambizione. L’obiettivo primario è quello di raggiungere la stabilità e il progresso dell’ASEAN, pur rimanendo fedele alla sua identità. Inoltre, si intende porre una maggiore attenzione al benessere dei popoli dei Paesi membri, sottolineando il rafforzamento degli organi dell’Associazione e del segretariato con sede a Giacarta, garantendo le libertà fondamentali e i diritti umani e migliorando la vita di tutti i cittadini degli stati membri. Tra gli altri obiettivi, inoltre, viene sottolineato l’impegno a migliorare la capacità di affrontare le sfide esistenti ed emergenti, mantenendo la centralità dell’ASEAN. Ciò sarà ottenuto anche grazie alla partecipazione attiva dei cittadini, e saranno incoraggiati processi di consultazione “dal basso” (voluti in particolar modo dall’Indonesia e dalle Filippine), che prevedono il coinvolgimento di organizzazioni della società civile nel processo decisionale.
Per quanto riguarda i Paesi membri, invece, si prevede un allargamento: entro il 2045 si prevede che l’ASEAN possa includere, potenzialmente, anche Timor Est e Papua Nuova Guinea. Il primo, diventato indipendente nel 2002, nonostante sia ampiamente considerato uno Stato del Sud-Est asiatico e geograficamente ne fece parte anche quando venne incorporato nell`Indonesia, non è ancora un membro a tutti gli effetti. A conferma di questa volontà, gli stati dell`ASEAN lo scorso novembre hanno votato a favore dell’adesione “in linea di principio” di Timor Est nell’Associazione. Per quanto riguarda Papua Nuova Guinea, l’isola è un osservatore del blocco regionale dal 1976, prima di qualsiasi altro membro non originario dell’ASEAN. I suoi leader hanno spinto per l’adesione a pieno titolo almeno dagli anni ’80, e il Paese sta lavorando intensamente per prepararsi all`integrazione.
E non si esclude che, se le dinamiche politiche più ampie lo giustificassero, potrebbero aggiungersi all` ASEAN anche membri della regione indo-pacifica. Ciò, tuttavia, richiederebbe un sostanziale aumento del budget. Attualmente ogni membro versa un contributo di pari importo, a differenza del modello dell’UE dove ogni stato contribuisce in base al proprio PIL. I membri dell’ASEAN intendono infatti mantenere il sistema corrente di contributi uguali e diritti di voto uguali.
Gli organi e le strutture chiave dell’ASEAN dovrebbero rimanere invariati nei prossimi decenni, preservando i principi consolidati nel tempo e sanciti dalla Dichiarazione di Bangkok del 1967. Questi principi includono la ricerca del consenso, la non interferenza negli affari interni e il rifiuto dell’uso della forza.
Sarà interessante osservare come l`Associazione riuscirà a gestire le sfide e le opportunità degli anni a venire. Sicuramente, dinamiche demografiche e geopolitiche modificheranno il panorama in cui questi Paesi si inseriscono, ma l’organizzazione sembra determinata a mantenere la stabilità e la centralità regionale, impegnandosi al contempo nel dialogo e nella cooperazione con le principali potenze mondiali.