La transizione energetica spinge il nichel indonesiano

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Il nichel è uno dei prodotti di punta dell’Indonesia, che ha promosso una politica di “nazionalismo delle risorse” per trattenere la ricchezza della lavorazione mineraria nel Paese e promuovere la crescita interna. Gli investitori cinesi dominano il mercato, ma Giacarta deve fare i conti con i costi sociali e ambientali legati allo sviluppo del settore.

A inizio marzo il prezzo del nichel ha subito un incremento del 90% al London Metal Exchange, arrivando a toccare i 100 mila dollari per tonnellata metrica. Anche se l’estrema volatilità di questo metallo non colpisce direttamente le tasche dei consumatori, come fa invece l’apprezzamento di altre materie prime come il petrolio, si tratta un fenomeno da tenere d’occhio – soprattutto per gli investitori interessati ai mercati emergenti del Sud-Est asiatico.

Il nichel è uno dei metalli più volatili, perché il suo processo di estrazione e lavorazione non è standardizzato come quello di altri minerali. Le tecnologie impiegate per la produzione sono diverse, anche perché spesso viene commerciato in forma di sottoprodotti come il ferro nichel o il pig iron – metalli meno raffinati di quello di classe 1 (puro al 99,8%) scambiati al London Metal Exchange. Buona parte del nichel viene estratto dalla laterite, di cui sono ricche alcune zone del Sud-Est asiatico, e dai depositi di solfuro. Al contrario di quest’ultimo la laterite non è un minerale scarso, ed è una risorsa fondamentale per la produzione delle batterie dei veicoli elettrici. Per questa ragione buona parte degli investitori impiegati nel settore automotive guardano con interesse le oscillazioni del nichel per capitalizzare sulle opportunità fornite da alcune economie del Sud-Est asiatico.

Una delle principali produttrici di nichel al mondo è l’Indonesia. Secondo l’agenzia di consulenza McKinsey&Company, Giacarta si aggiudica in media il 27% dell’offerta globale di nichel, e alcuni analisti ritengono che il Paese potrebbe aumentare la sua quota di produzione mondiale fino al 60% entro i prossimi otto anni. “Entro il 2028, prevediamo che la produzione indonesiana (di nichel) supererà la produzione mondiale totale del 2020 di 2,5 milioni di tonnellate”, hanno dichiarato i rappresentanti di Macquerie, un istituto di servizi finanziari con base in Australia. L’aumento dell’offerta di nichel lavorato sarà una vittoria per il governo indonesiano, da anni impegnato a delineare misure normative che svincolino la crescita economica nazionale dal ruolo dominante delle esportazioni di materie prime. Il primo giro di vite è stato introdotto nel 2014, poi allentato nel 2017 e istituito nuovamente l’anno scorso. Il cosiddetto “nazionalismo delle risorse” promosso dal governo di Joko Widodo punta a incoraggiare le compagnie minerarie a investire a valle del processo produttivo, limitando l’esportazione del minerale grezzo e valorizzando invece lo stadio della lavorazione a valore aggiunto. Anche se l’obiettivo era quello di impedire che la ricchezza veicolata dalle esportazioni di metalli grezzi andasse a finire nelle raffinerie d’oltremare, molti investitori stranieri sono stati coinvolti in questa transizione.

La Cina domina il settore del nichel in Indonesia. Pechino vanta infatti il più grande mercato automobilistico al mondo, e ha visto una crescita impressionante nella vendita di veicoli elettrici negli ultimi anni – altro fattore che ha contribuito all’innalzamento del prezzo del nichel. Non ha però una grande disponibilità di deposit minerari: le riserve di laterite del Paese costituiscono solo il 3% del totale mondiale. Per questo deve attingere alle risorse dei suoi vicini regionali per supportare lo sviluppo interno del settore. Gran parte delle attività di lavorazione del nichel in Indonesia è concentrata a Sulawesi, dove la compagnia cinese Tsingshan gestisce l’Indonesia Morowali Industrial Park. Morowali è una contea indonesiana con meno di 200 mila residenti, che però ha attirato miliardi di dollari di investimenti cinesi negli ultimi anni. Le aziende produttrici di materiali per batterie Zhejiang Huayou Cobalt, Eve Energy e Guangdong Brunp Recycling Technology hanno iniettato nella contea fino a 4 miliardi di dollari solo nel 2021. Tsingshan ha fondato il Morowali Industrial Park nel 2013. Oggi l’impianto appartiene per il 49,69% alla società cinese Shanghai Decent Investment Group, per il 25,31% all’indonesiana Bintang Delapan Group e per il restante 25% alla loro joint venture, Sulawesi Mining Investment PT. Il progetto è stato inserito nell’alveo della strategia di sviluppo globale Belt and Road Initiative lanciata dal governo di Pechino nel 2013. 

Nonostante gli interessi di Pechino e Giacarta si intersechino nel settore della lavorazione del nichel, e molti fautori degli accordi di Parigi sul clima considerino questa intesa come un passo importante verso forme di trasporto più sostenibili, l’Indonesia deve fare i conti con alcune contraddizioni. La recente legge Omnibus promulgata dal governo indonesiano per la creazione di posti di lavoro incide sulle prestazioni di Giacarta rispetto agli standard ESG (Environmental, Social and Governance criteria), specie per quello che riguarda la partecipazione pubblica. Secondo Angela Tritto, una ricercatrice dell’Università di Scienza e Tecnologia di Hong Kong, le valutazioni di impatto ambientale possono essere contestate solo dalle persone “direttamente interessate” dalle esternalità negative dei progetti. Spesso però queste persone non hanno sufficienti disponibilità finanziarie per ingaggiare delle cause legali. Inoltre, due rapporti pubblicati l’anno scorso da AEER e la Fondazione Rosa Luxemburg, hanno messo in guardia dai pericoli della deforestazione e delle inondazioni che spesso accompagnano le iniziative di estrazione mineraria in Indonesia, così come gli onerosi turni di lavoro che il personale è costretto a sopportare senza ricevere un’adeguata compensazione. Il primato indonesiano della fornitura di nichel comporta diversi costi sociali e ambientali, per questo gli investimenti nel settore dovrebbero tenere conto che la transizione verso veicoli elettrici non basta da sola a garantire sostenibilità.

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