Il Paese del Sud-Est asiatico è uno di quelli posizionati meglio per aumentare il suo benesse
Di Tommaso Magrini
La crescente rilevanza geopolitica del Vietnam si basa sulla sua forte performance economica, oltre che sulla geografia. Quando il Vietnam iniziò ad aprirsi, a metà degli anni ’80, il reddito annuo pro capite era la metà di quello del Kenya. Grazie a politiche pragmatiche e sempre più favorevoli alle imprese, da allora è cresciuto di sei volte fino a raggiungere i 3.700 dollari. Oggi, l’ambizione del governo di trasformare il Vietnam in un paese ricco entro il 2045 è plausibile, sostiene l’Economist. Dal punto di vista economico, il Vietnam probabilmente non ha mai dovuto affrontare un contesto globale più favorevole. La geopolitica sta spingendo gli investimenti verso questo obiettivo, mentre l’America cerca di sganciarsi dalla Cina e le aziende private di tutte le nazionalità intuiscono la direzione in cui soffia il vento. La maggior parte dei produttori non può semplicemente ritirarsi dalla Cina. Ma per mitigare il costo delle barriere commerciali attuali e future, possono coprire le loro scommesse facendo cose anche altrove (una strategia nota come “Cina + 1”). Le aziende che esportano in Occidente stanno spostando la produzione in Vietnam. Marchi come Samsung e Apple stanno realizzando gadget lì. Intorno a loro si stringono i fornitori, compresi quelli cinesi. Nei primi tre trimestri del 2023 gli afflussi di investimenti diretti esteri in Vietnam in percentuale del Pil sono stati due volte più grandi che in Indonesia, Filippine o Thailandia. Secondo l’Economist, i numerosi e giovani lavoratori del settore manifatturiero del Vietnam sono diligenti, ragionevolmente istruiti e costano la metà di quelli delle zone costiere cinesi. Bene anche sul fronte della sicurezza. Il Vietnam, a differenza dell’Indonesia e delle Filippine, non ha problemi con il terrorismo islamico. Offre peraltro grossi incentivi agli investitori stranieri, a partire da agevolazioni fiscali, terreni a buon mercato.