I malesi si preparano a votare in quelle che potrebbero essere elezioni decisive per far ripartire il Paese. Ma l’instabilità è dietro l’angolo
È tutto pronto per il voto del 19 novembre, quando oltre 21 milioni di malesi potranno scegliere i loro rappresentanti. Si tratta della quindicesima elezione generale nella storia dell’ex colonia britannica e forse una delle più tormentate di questi anni. Di certo, affermano gli analisti, quella dai risultati più difficili da prevedere. Perché nella politica malese sembrava andare tutto liscio, fino al 2018. La United Malays National Organisation (UMNO), il partito di maggioranza, dominava la scena politica con rarissimi cambi di leadership mentre non si risolvevano le annose questioni della rappresentanza interetnica (solo il 50% dei cittadini è malese, mentre la restante parte è costituita da sinodiscendenti, indiani e altri gruppi – di cui alcuni considerati come indigeni). Poi sono arrivati gli scandali finanziari (il più eclatante è stato quello legato al fondo statale 1MDB) e le crisi di governo.
Il nuovo panorama politico
Dopo quasi sessant’anni di stabilità la Malesia ha visto cambiare tre governi nel giro di quattro anni, e due primi ministri in meno di 20 mesi. Il vaso di pandora della politica malesiana si è aperto del tutto nel 2020, quando alcuni politici di spicco hanno cambiato coalizione, facendo crollare la maggioranza. L’instabilità è proseguita con nuove elezioni locali indette negli stati di Malacca, Sarawak and Johor, mentre in ottobre è stata annunciata la caduta del governo e indette le elezioni generali. A questo giro competono trenta partiti, di cui oltre la metà accorpati in quattro delle coalizioni esistenti. Per la prima volta la distribuzione delle preferenze potrebbe uscire dal binomio della coalizione che raccoglie alcuni storici partiti di maggioranza (Barisan Nasional, BN) contro l’opposizione che aveva vinto le elezioni del 2018 (Pakatan Harapan, PH).
Le elezioni del 2022 saranno significative per il nuovo contesto politico che si sta formando nel paese. La crisi ha fatto emergere i limiti del sistema elettorale malese, che vanno dal peso delle sue 222 circoscrizioni elettorali alla parità di genere. Le circoscrizioni, per esempio, sono cambiate nel tempo per diversi motivi, come favorire la maggioranza etnica o mantenere lo status quo. I cambiamenti avvenuti all’alba delle elezioni del 2018 hanno poi ridefinito i confini nel nome della “rappresentatività su base locale” e redistribuendo il numero di elettori registrati in gruppi numericamente simili. Dove non arriva il gerrymandering – la pratica di ridisegnare la distribuzione dei seggi per ottenere un vantaggio politico – permangono le accuse di brogli elettorali: capita che in liste diverse risultino iscritte persone con gli stessi dati anagrafici, o compaiano nomi di deceduti e persone senza cittadinanza.
Memori di quanto accaduto negli ultimi cinque anni, i parlamentari hanno approvato una legge contro il “party-hopping” che è entrata in vigore lo scorso 5 ottobre. La normativa vieta ai politici di cambiare partito una volta che questo è stato eletto dai cittadini – un tentativo di impedire che si ripeta una crisi di governo premeditata da fazioni intenzionate a smantellare la maggioranza.
Il voto dei giovani
In questo contesto si aggiunge una novità epocale: l’abbassamento dell’età degli aventi diritto al voto da 21 a 18 anni. Con questa manovra, entrata in vigore alla fine del 2021, si sono aggiunti circa 6,2 milioni nuovi elettori. Con questa manovra gli under 40 sono diventati il blocco elettorale più importante, quello che determinerà l’andamento delle elezioni. Un elemento che non è passato inosservato ai partiti, che hanno cercato di introdurre figure più giovani e hanno fatto grandi promesse sui temi del lavoro e della stabilità economica. Il tutto tra tentativi di comunicazione a cavallo tra i tradizionali comizi e l’utilizzo delle piattaforme social (soprattutto Facebook e TikTok).
Ciononostante, “c’è molta incertezza”, ha raccontato al The Guardian William Case, professore di storia e relazioni internazionali della Nottingham University a Kuala Lumpur. “Questo massiccio afflusso di giovani aumenterà le dimensioni dell’elettorato ma non cambierà in modo significativo i risultati”. Le basse aspettative dei più giovani sembrano coerenti con quella che viene percepita come una più generale disillusione dei cittadini malesi verso la politica. “[…] In assenza di politiche valide e sostenibili per tutti i problemi che dobbiamo affrontare collettivamente, sarà la mia generazione ad affrontare le conseguenze dell’inazione e della politica identitaria. Tuttavia, non sono certo che questi temi siano prioritari per le persone per cui dovrei votare”, commenta il ventenne Rifqi Faisal.
A giustificare questa narrazione, l’idea che l’inespugnabile posizione dell’UMNO ai vertici del governo abbia sempre reso le elezioni, di fatto, un vuoto esercizio del diritto di voto. Ciononostante, dalle tredicesime elezioni generali (convenzionalmente General Elections 13, GE13) l’affluenza alle urne è aumentata significativamente, raggiungendo l’82,32% nel 2018. Ma la bassa affluenza alle elezioni a Johor (54%), per esempio, sta smorzando le aspettative.
Non meno importanti – al punto da aver spesso polarizzato e monopolizzato l’opinione pubblica, le questioni etniche e religiose. In un sondaggio effettuato tra i cittadini sinodiscendenti emerge una forte attenzione verso i candidati che, 9 su 10, sostengono la necessità di votare la coalizione più vicine all’ideale di una Malesia multietnica.
I temi
Lo sfasamento tra la politica e la cittadinanza non è solo una percezione dei giovani elettori. Anche i politici quest’anno devono fare i conti con una pletora di problematiche a cui dare priorità. Per diversi anni il tema della corruzione sembrava permeare il discorso politico, con i diversi partiti pronti ad accusarsi a vicenda su veri o presunti coinvolgimenti negli scandali finanziari emersi negli ultimi anni (come quello sopracitato dello 1MDB). Ma anche questa narrazione sembra vacillare, come riporta il sito di informazione SAYS citando i progressi fatti dalla Malesia nel Corruption Perception Index: il fatto che gli ultimi scandali siano emersi, e i presunti colpevoli individuati e sanzionati avrebbe ridotto la presenza di questo tema nell’opinione pubblica.
La maggior parte degli analisti sembra convergere verso una macro-tematica comune ai paesi della regione in questo periodo storico: l’economia. Il crescente costo della vita, i prezzi dell’immobiliare, il rafforzamento del welfare sono solo alcuni dei problemi che stanno emergendo nella Malesia post-pandemica. Anche i giovani malesi devono fare i conti con un mercato del lavoro sempre meno allineato alle loro competenze e dove i salari non sono più sostenibili.
Tuttavia i dati economici del 2022, come evidenzia Bloomberg, appaiono quasi contraddittori: la Malesia ha registrato una crescita del PIL tra le più importanti della regione (+14,2% nel terzo trimestre). Anche i tassi di disoccupazione sembrano tornati ai livelli pre-pandemici, ma con interessanti differenze tra etnie (ci sono più disoccupati tra i malesi, 4,2%, che tra i sinodiscendenti, 2,7%) e stati (nel Sabah, a nord, il tasso di disoccupazione è dell’8,2%, mentre nel confinante Sarawak del 3%). L’inflazione è raddoppiata rispetto all’inizio del 2022, mentre durante l’estate si è registrato un picco record dei prezzi di carburante e beni alimentari. A determinare questo trend, tra i tanti fattori, anche un calo del tasso di cambio del ringgit che ha favorito le esportazioni ma alzato i costi delle importazioni. Ancora da vedere i risultati dell’ultima manovra del governo uscente, che a giugno avrebbe destinato almeno 17 miliardi di dollari a un piano di aiuti per cittadini e imprese – cifra record nella storia del paese.
Il fattore clima
Le dimissioni del governo a ottobre hanno sollevato una serie di polemiche, prima tra tutti la questione climatica. Decidere di indire le elezioni in autunno in Malesia significa fare i conti con la stagione dei monsoni, un fenomeno che sta diventando sempre meno controllabile a causa dei cambiamenti climatici. Molti comizi sono stati annullati a causa delle forti piogge e raffiche di vento, mentre si teme un crollo dell’affluenza alle urne causato da eventuali alluvioni. Per affrontare il problema è nata una rete tra le associazioni della società civile, Undibanjir (da undi, voto e banjir, inondazioni) con lo scopo di organizzare le squadre di soccorso e facilitare i trasferimenti degli elettori che dovranno raggiungere le proprie circoscrizioni.
Sul tema climatico anche i giovani malesi sembrano più attenti delle generazioni passate. Il 92% di loro afferma che il cambiamento climatico sia una crisi che li riguarda da vicino, come raccontano i risultati della National Youth Climate Change Survey di UNICEF e UNDP. Il cambiamento climatico è entrato anche nel dibattito politico di queste elezioni, e potrebbe attirare una percentuale dei voti verso i nomi più schierati a favore della causa ambientale, come sottolinea un approfondimento del Malaymail.