La Corea è uno dei partner strategici dell’Unione. Gli intensi scambi commerciali hanno aperto la strada per una cooperazione intensa in campo regolamentare e politico. Esaminare questo rapporto permette di capire in che direzione potrebbero evolversi i legami di Bruxelles con i suoi altri partner asiatici.
La storia dei rapporti tra Corea ed Europa è molto recente. A differenza di Cina e Giappone, che sono sempre stati al centro dell’immaginario europeo quando si pensava all’Estremo Oriente, la Corea è stata per secoli meno nota (e accessibile) agli europei, proprio a causa dell’influenza dei primi due Paesi su quest’ultima. Fino al XVII secolo, gli studiosi europei parlavano della Corea quasi solo all’interno di opere dedicate alla Cina: la prima descrizione significativa della Corea è forse contenuta nel Novus Atlas Sinensis (1655) del gesuita trentino Martino Martini. Il primo europeo a visitare il Paese è stato l’olandese Hendrick Hamel: il suo resoconto dei 13 anni trascorsi tra l’isola di Jeju e Seoul (1653-1666) costituiscono la prima fonte diretta sulla Corea a disposizione dei lettori europei. La figura di Hamel è poco nota nei Paesi Bassi, mentre è famosa in Corea, tanto da essere onorata con monumenti e musei. Negli ultimi decenni dell’Ottocento, gli occidentali avevano iniziato a definire la Corea un “regno eremita” per via dei suoi pochi contatti con l’esterno – un’espressione tornata recentemente in voga per riferirsi alla Corea del Nord. Le relazioni tra Seoul e i Paesi europei iniziano a svilupparsi con la fine della Seconda Guerra Mondiale e la fine della dominazione giapponese. Molti Paesi europei supportano la Corea del Sud nella Guerra 1950-1953. Eppure, l’impulso maggiore a questo rapporto arriva forse nei decenni successivi, come conseguenza degli intensi scambi commerciali tra l’Europa e l’emergente tigre asiatica.
Tra la fine della Guerra di Corea e i primi anni Duemila, il “Miracolo sul fiume Han” rende Seoul una delle economie più competitive al mondo. Il successo economico le garantisce un ruolo importante sulla scena globale, che non si riduce però alla sola economia. Il Paese ospita le Olimpiadi estive nel 1988 e i Mondiali di calcio nel 2002. Alla fine degli anni Novanta parte” l’onda coreana”, nota globalmente come Hallyu (한류), l’esplosione di popolarità dei media coreani prima negli altri Paesi asiatici e poi nel resto del mondo. Tutte queste forme di soft power, innestandosi sul suo dinamismo commerciale, hanno accompagnato l’emergere della Corea come attore globale. Nel maggio 2004, l’allora Ministro degli Affari esteri e del Commercio sudcoreano Ban Ki-moon lancia un’ambiziosa politica di liberalizzazione degli scambi internazionali attraverso la conclusione di nuovi accordi con Unione Europea, Stati Uniti e India. Un indizio del prestigio internazionale del Paese è l’elezione dello stesso Ban Ki-moon a Segretario Generale delle Nazioni Unite (2007-2016). Tra gli accordi commerciali progettati nel 2004, la Corea conclude per primo quello con l’UE (2011). L’accordo rappresenta una novità per entrambe le parti: per Seoul, è il primo trattato commerciale con un’economia avanzata ad entrare in vigore, per Bruxelles è il primo accordo di libero scambio “di seconda generazione”. Questa nuova generazione di Free Trade Agreement (FTA) europei si distingue dalla precedente per l’inclusione di materie mai coperte in passato: lo scambio dei servizi, la protezione della proprietà intellettuale e la promozione dello sviluppo sostenibile attraverso i rapporti commerciali (Trade and Sustainable Development, TSD). Il FTA UE-Corea ha quindi costituito il modello per gli accordi commerciali tra l’Europa e gli altri Paesi asiatici.
La solida posizione internazionale coreana ha portato l’UE a individuare in Seoul uno dei suoi dieci “partner strategici” sullo scenario globale. Anche in questo caso, i rapporti commerciali hanno costituito il primo impulso ad approfondire questa collaborazione. Per la Corea, l’UE è attualmente il terzo mercato di esportazione e il primo investitore straniero diretto. Se esaminiamo il periodo 2010-2018, il FTA del 2011 ha avuto effetti notevoli sui flussi dall’UE verso la Corea di merci (+77%), servizi (+82%) e investimenti (+39%). Le automobili costituiscono una fetta consistente per l’export dall’UE verso la Corea e viceversa. Il settore dei semiconduttori – un mercato strategico e dominato dai Paesi asiatici – è molto rilevante e caratterizzato da uno scambio “circolare”: la Corea esporta i chip, ma importa dall’UE l’attrezzattura per produrli. La sinergia in questo campo diventerà probabilmente ancora più importante in futuro, dato che gli Stati Uniti stanno incoraggiando i loro alleati – anche europei – a privilegiare le catene di approvvigionamento “democratiche” per i beni di importanza strategica come i semiconduttori. Tale dottrina potrebbe portare Bruxelles a comprare più semiconduttori in Corea, Giappone e Taiwan, a discapito dei fornitori cinesi, ma anche a rendersi più autonoma dalle importazioni dall’estero, seguendo il principio della “sovranità digitale”. Altro settore rilevante dell’export europeo verso la Corea è quello farmaceutico.
I negoziati sul FTA erano collegati alla revisione di un altro accordo, il Framework Agreement, che predispone le forme di cooperazione politica tra i due partner. A questi accordi se ne aggiunge un’ulteriore, il Crisis Management Participation Agreement. La Corea è l’unico partner ad avere ben tre accordi in vigore con l’UE, un indizio dell’importanza che Bruxelles riconosce a tale rapporto. Tali accordi hanno permesso una sempre maggiore cooperazione nel campo della sicurezza, sia regionale sia globale. A livello regionale, durante l’amministrazione Trump, Seoul ha iniziato a fare più affidamento su Bruxelles per mantenere la stabilità della penisola coreana ed evitare la proliferazione di armi nucleari. A livello globale, la marina coreana partecipa all’operazione Atalanta, a guida UE, per contrastare la pirateria al largo del Corno d’Africa. La partnership UE-Corea produce un ulteriore risultato: dove la cooperazione economica si interseca con quella politica, nasce la cooperazione regolamentare. I due partner riescono ad essere standard setter globali e, grazie alla robusta architettura istituzionale degli Accordi di cooperazione, sono in costante contatto per mantenere “al passo” la disciplina di molti settori economici. In primis quello digitale: lo scorso dicembre la Commissione ha dato il via con una adequacy decision alla libera circolazione dei dati tra UE e Corea. Questa forma di governance “attraverso network regolamentari transnazionali”, di cui la collaborazione UE-Corea è uno degli esempi più avanzati, potrebbe essere lo strumento più efficace per governare l’economia globalizzata, in assenza di un unico regolatore globale.