Quasi un terzo della produzione mondiale di caffè proviene dal continente asiatico
C’è una nuova moda che ha contagiato tutta l’Asia. Una bevanda simbolo di gusto e raffinatezza, ma anche dell’influenza occidentale nella regione. Stiamo parlando del caffè. Negli ultimi cinque anni il consumo di caffè nei paesi asiatici è cresciuto dell’1,5%; una tendenza che segue l’aumento della classe media, desiderosa di provare sempre prodotti nuovi. Ma si tratta anche di un fenomeno culturale molto esteso, che deriva dal colonialismo e si intreccia con i trend di oggi che arrivano da ovest. In Cina, per esempio, il gusto per questa bevanda viene tramandato soprattutto da persone che hanno studiato o lavorato all’estero. La pandemia ha tuttavia ridotto notevolmente gli spostamenti e i cultori del caffè non hanno potuto che rimanere affascinati dalle varietà locali della bevanda. Non a caso negli ultimi due anni, i produttori di caffè asiatici stanno iniziando a rivaleggiare con le grandi industrie occidentali, come Starbucks e Costa. Ed oggi il 29% dei chicchi di caffè nel mondo proviene proprio dal continente asiatico.
Tra i principali produttori di caffè c’è il Vietnam, un vero e proprio colosso dell’industria. Fin da quando i colonizzatori francesi hanno raccolto per la prima volta le “ciliegie cremisi” – come venivano soprannominati i chicchi di caffè – questa bevanda è rimasta parte della tradizione vietnamita. Come da noi in Italia, anche in Vietnam si usa “andare a prendere un caffè” come metodo per socializzare. E sono soprattutto i social come TikTok a trainare l’interesse delle masse per il caffè, coinvolgendo un pubblico sempre più ampio: dai giovani che vogliono frappuccini sul modello di Starbucks ai consumatori “esperti”, intrigati dai procedimenti di preparazione e tostatura dei chicchi. Se prima della pandemia l’obiettivo principale era l’esportazione, oggi ci si è resi conto che il consumo domestico è altrettanto importante.
Anche l’Indonesia, seconda produttrice di caffè nella regione, ha osservato un incremento delle vendite locali negli ultimi anni. Spopolano anche le varianti locali, come il Kopi Susu, un caffè freddo con latte e zucchero di palma. Il caffè, efficacemente distribuito anche durante la pandemia con i servizi di delivery non ha mai smesso di circolare, attirando sempre più estimatori e curiosi, desiderosi di supportare i prodotti locali anziché consumare marchi stranieri. Senza contare che il 90% degli indonesiani è di religione musulmana, e quindi alla ricerca di una bevanda sociale che non contenga alcol.
La Cina sta vivendo un’esperienza simile. L’arrivo di catene straniere come Starbucks e Costa Coffee alla fine degli anni 90’ hanno innescato la cultura del caffè nelle metropoli, attirando i giovani consumatori. Ma con l’emergere di catene locali e chioschi lungo le strade negli ultimi anni, l’interesse del pubblico si è spostato verso il consumo di prodotti locali. Una scelta derivata, oltre che dalla pandemia, anche dalle tensioni commerciali con gli Stati Uniti. Secondo un rapporto del marzo 2021 del quotidiano finanziario Yicai, Shanghai ha ora il maggior numero di caffetterie indipendenti al mondo, con 6.913 punti vendita. Più dei 3.826 a Tokyo, 3.233 a Londra e 1.591 a New York. Anche in questo caso sono stati i giovani, in particolare quelli che hanno studiato all’estero, ad aver importato la moda del caffè.
In Giappone il tè non regna più sovrano. Il mercato del caffè giapponese è il più grande del continente asiatico, con vendite che hanno superato i 24 miliardi di dollari nel 2020. Al contrario, il consumo di tè è in diminuzione. Secondo l’Associazione giapponese per la produzione di tè, infatti, il consumo della bevanda è sceso a 108.454 tonnellate nel 2019. Un calo del 30% rispetto al 2004. Sono soprattutto le donne ad essersi avvicinate al caffè. L’arrivo di caffetterie “all’occidentale”, in cui è vietato fumare, ha infatti attirato molte giovani clienti, in precedenza scoraggiate dalle tradizionali e fumose caffetterie giapponesi. Con l’arrivo della pandemia, poi, è partito il boom per la richiesta di macchinette e attrezzature per preparare il caffè in casa.
In Corea del Sud il caffè è diventato parte integrante dell’ecosistema sociale. Il mercato è indirizzato a consumatori di ogni età e provenienza e si rivolge soprattutto a coloro che hanno fatto delle caffetterie le loro seconde case: persone che oltre che per sorseggiare un caffè si siedono ai tavolini per studiare, lavorare e parlare con gli amici. E si prevede che la cultura del caffè diventerà ancora più radicata in Corea del Sud come del resto in tutta l’Asia. Con l’espandersi della classe media, le persone esposte a uno stile di vita occidentale aumenteranno, importando la tradizione del caffè anche a casa propria.