Green e strategia: l’interesse di Londra per il Sud-Est asiatico

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L’ambizione massima britannica è quella di tornare ad avere un ruolo rilevante nel contesto internazionale. Consolidare il rapporto con i Paesi dell’ASEAN è reputato un tassello fondamentale in questa strategia.

Articolo a cura di Luca Sebastiani

L’annuncio è arrivato durante la Cop26 di Glasgow. Il Regno Unito finanzierà con 110 milioni di sterline i progetti infrastrutturali sostenibili nel Sud-Est asiatico. Un sostegno economico al “Catalytic Green Finance Facility” dell’ASEAN (l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico), gestito dalla Banca Asiatica di sviluppo (Adb). I Paesi in via di sviluppo della regione potranno quindi beneficiare dei fondi per avviare dei programmi legati alle energie rinnovabili, a trasporti puliti e alle tecnologie “green”.

È una dichiarazione che si mescola con altre di simile impatto rilasciate nelle ultime ore dal governo britannico, come per esempio quello dei nuovi investimenti nel continente africano, e che è accompagnata da comunicati simili di altri paesi e organizzazioni – tra cui l’Unione europea. Nonostante questo, è una notizia degna di particolare attenzione.

La linea dettata dal premier Boris Johnson, in particolar modo dopo la Brexit, è chiara: “Riappropriarsi dei vecchi amici e abbracciarne di nuovi”. E la regione del sud-est asiatico è una delle aree preferite da Londra in cui stringere amicizie economiche e diplomatiche. Le 110 milioni di sterline, infatti, sono solo l’ultimo segnale e l’ultimo esborso di soldi che procede in questa direzione. Oltre a evidenziare l’incremento di occupazione e lavoro nel Regno Unito derivante dall’investimento, Liz Truss, Foreign Secretary britannica, ha definito l’ASEAN “un partner importante per la Global Britain”, esplicitando la volontà di approfondire i legami reciproci e portare il rapporto in una nuova era. Un ulteriore passo avanti dopo che nell’agosto del 2021 l’associazione del Sud-est asiatico ha conferito alla Gran Bretagna lo status di “dialogue partner”, un riconoscimento che non veniva rilasciato da più di 25 anni. Un segnale inequivocabile che anche da parte dell’ASEAN c’è la volontà di intessere rapporti ancora più stretti.

La ricerca obbligata di appoggi e di accordi commerciali in giro per il mondo, portata avanti da Londra dopo l’uscita dall’Unione europea, ha trovato particolare sfogo nell’area Indo-pacifica. Non una scelta casuale visto che oggi questa regione è sotto i riflettori dell’attenzione mondiale ed è considerata la zona strategica per eccellenza. Tra il 2020 e il 2021, i Paesi dell’ASEAN (Indonesia, Thailandia, Malesia, Singapore, Filippine, Vietnam, Myanmar, Cambogia, Laos e Brunei) con cui il 10 di Downing Street ha siglato trattati di libero scambio sono stati Singapore e Vietnam, sulla scia degli accordi simili già in vigore tra le due nazioni con l’Ue. Ma, per rafforzare le relazioni economiche, il Regno Unito ha firmato patti bilaterali con quasi tutti gli altri Stati.

D’altronde questi Paesi sono in una fase di espansione economica imponente. Attualmente l’ASEAN ricopre la sesta posizione tra le più grandi economie del mondo, ma la previsione è che entro il 2030 possa essere il quarto mercato del mondo, dietro a Stati Uniti, Cina e Ue (non per forza in questo ordine). Già solo questi dati spiegano il motivo delle particolari attenzioni britanniche. In questo momento il valore degli scambi di beni e servizi tra le due parti è importante. Nel 2020 le esportazioni britanniche verso i paesi dell’Asean erano pari a 21,5 miliardi di dollari, mentre le importazioni a 24 miliardi, per un totale di circa 46 miliardi. Una cifra in ribasso a causa della pandemia del Covid-19, visto che nel 2019 raggiungeva i 52 miliardi. E nello stesso anno gli investimenti provenienti dal Regno Unito, e diretti nel blocco regionale, raggiungevano i 36,5 miliardi di dollari.

Ma se la Global Britain si dirama da una parte con gli accordi commerciali, dall’altra emergono in maniera plastica i fattori diplomatici, strategici e militari. Nel novembre del 2019 Londra ha stabilito la sua missione in ASEAN e ha nominato un ambasciatore specifico per l’area. Lo scorso marzo, più di recente, è stata rilasciata dal governo britannico la “Integrated Review of Security, Defence, Development and Foreign Policy” dal titolo emblematico “Global Britain in a Competitive Age”. Nel documento viene evidenziato l’interesse verso l’Indo-Pacifico e i paesi dell’Asean. Tra gli obiettivi posti dal Regno Unito c’è quello di supportare il ruolo centrale dei paesi del sud-est asiatico per la stabilità e prosperità regionale.

In ultimo il carattere militare. In questi mesi, il Carrier Strike Group – con in testa la portaerei britannica HMS Queen Elizabeth – ha percorso e sta percorrendo le acque più scottanti del globo, attraversando quei celebri colli di bottiglia fondamentali per il commercio ed il controllo dei mari. Le più significative tappe del suo viaggio sono state effettuate proprio nei porti e nelle basi dell’area indo-pacifica e in alcuni paesi sud-est asiatici. Durante il dispiegamento, il gruppo ha svolto esercitazioni con diversi eserciti alleati, ma soprattutto ha avuto il compito di dimostrare la forza del Regno Unito – o quantomeno la sua volontà – di poter essere un valido strumento di contenimento in chiave anti-cinese utile agli Stati Uniti in un futuro.

L’ambizione massima britannica è quella di tornare ad avere un ruolo rilevante nel contesto internazionale. Consolidare il rapporto con i paesi dell’ASEAN è reputato un tassello fondamentale in questa strategia.

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