Il figlio dell’ex dittatore conquista una maggioranza schiacciante. Che cosa significa la sua ascesa al potere per il Paese del Sud-Est asiatico?
Il 9 maggio 2022 le Filippine hanno rimesso un Marcos alla guida del Paese. E con risultati inequivocabili: poche ore dopo la chiusura dei seggi, Ferdinand Marcos Jr. aveva già ottenuto un distacco netto nei confronti dell’altra candidata di punta, Leni Robredo. A dettare il successo di “Bongbong” anche la scelta di Sara Duterte come sua candidata alla vicepresidenza. Si tratta del successo elettorale più ampio mai registrato da un candidato dal 1989, quando Corazon Aquino ha ottenuto la carica sulla spinta delle rivolte contro Marcos padre.
Ferdinand “Bongbong” Marcos Jr.: chi è
Classe 1957, Ferdinand Marcos Jr. è l’unico figlio maschio dell’ex dittatore filippino. Esiliato con la famiglia a Honolulu dopo il crollo del regime, è rientrato nelle Filippine nel 1991, due anni dopo la morte del padre. Dal rientro in patria all’entrata in politica sono passati solo pochi mesi: la Presidente Aquino aveva infatti concesso sia il ritorno nelle Filippine che la possibilità di rientrare in politica. Ferdinand “Bongbong” Marcos Jr. è stato prima deputato, poi governatore di Ilocos Norte (storico feudo della dinastia Marcos), e infine membro del Congresso e senatore tra il 2010 e i 2016. A Ilocos Norte, ciononostante, alcuni lo ricordano come un governatore assente: si era iscritto a Oxford ed era spesso negli States, ma non ha mai concluso la sua carriera accademica oltre il diploma.
Nel 2016 si è candidato alla vicepresidenza, ma ha perso contro la candidata Leni Robredo – nota successivamente per la sua opposizione alle politiche di Duterte. Non è quindi un caso che Marcos Jr. abbia presto ereditato il bacino elettorale di Duterte (nonostante alcuni screzi tra i due). La sua vittoria era prevista dai sondaggi, dove superava il 55% delle preferenze. Le promesse in campagna elettorale sono state definite dagli osservatori come “vaghe”, ma ciò non ha impedito a Bongbong di portare a casa un successo inaspettato, il più eclatante dai tempi dell’elezione di Aquino.
Disillusione e social media
La disillusione nei confronti della classe politica ha contribuito in buona parte all’ascesa incontrastata di Marcos Jr. Nonostante le promesse vaghe, il neoeletto Presidente ha sempre giocato sulla necessità di ricreare un Paese più giusto, dove non dilaghino la corruzione e il separatismo (che non ha mancato di farsi sentire anche in occasione delle elezioni 2022). Inoltre, l’immagine “ripulita” dei Marcos sui social media ha contribuito a creare la narrazione di “un’epoca d’oro” che si era realizzata sotto il dominio di Marcos padre. Secondo i sostenitori del nuovo Presidente, infatti, sotto il regime di Marcos non sarebbe esistita una corruzione così dilagante, né i clan familiari avrebbero avuto tanto potere nei confronti della politica.
L’elezione di Marcos Jr. attira, come accaduto anche con Duterte, profonde riflessioni intorno al ruolo dei social. Le Filippine sono considerate uno dei Paesi più “social” in Asia, con ben 80 milioni di utenti online. Secondo un’indagine di Rappler, il punto di svolta di questo trend è stato il 2016, quando l’elezione di Duterte ha ricordato a molti il populismo dello statunitense Donald Trump. Almeno un milione di persone sono state esposte a notizie false o fuorvianti grazie alla diffusione di contenuti virali. Le Filippine hanno approvato una legge contro le fake news nel 2017 ma, come afferma lo stesso Marcos Jr., “è molto difficile per i governi gestire queste dinamiche”.
L’impatto delle presidenziali sull’ASEAN
Dal punto di vista dell’ASEAN un governo filippino potenzialmente debole potrebbe rappresentare un’altra questione con riflessi interni ed esterni. Il dossier sui territori contesi nel Mar cinese meridionale non è ancora risolto e il Codice di condotta promesso per gestire l’assertività cinese ancora irrealizzato. Se con Duterte la decisione di allontanarsi dagli Stati Uniti aveva l’apparenza di una strategia, con Marcos Jr. potrebbe trattarsi di una scelta obbligata dagli eventi. Sulla bilancia delle sfide per l’ASEAN Manila gioca un ruolo cruciale. A metà strada tra Washington e Pechino, le Filippine di Marcos Jr. potrebbero rimettere in primo piano le priorità del gruppo. Ma l’atteggiamento schivo di Bongbong, che ha evitato molte occasioni di dibattito pubblico, non aiuta a comprenderne la strategia diplomatica.
Secondo gli analisti, la presenza di un Marcos alla presidenza non favorisce il riallacciamento delle relazioni con Washington: un tribunale delle Hawaii nel 2011 ha condannato i Marcos a pagare una multa da 353,6 milioni di dollari per non aver dichiarato il proprio patrimonio. La somma non è stata mai pagata, e per questo motivo Marcos è teoricamente un ricercato che potrebbe andare incontro a una causa penale qualora mettesse piede negli Usa. Un problema non indifferente sia nel contesto delle visite presidenziali, che in occasione di summit multilaterali con l’ASEAN. Spinto dagli eventi, Bongbong potrebbe trovarsi sulla strada aperta da Rodrigo Duterte alla Cina (e ai suoi capitali): un percorso che, a seconda di come si muoverà il nuovo presidente, potrebbe trovare spazio grazie alla spinta della Vicepresidente Sara Duterte.