Vietnam

Partire col Phad Thai giusto

Il Sud-Est asiatico si afferma sempre più in Italia ed Europa anche grazie alla sua ricca offerta gastronomica

“Non mangiate niente che la vostra bisnonna non riconoscerebbe come cibo”, direbbe lo scrittore statunitense Michael Pollan. Una regola d’oro osservata con rigore specialmente dagli italiani, famosi per essere pronti a scrutare con occhio critico qualsiasi piatto proveniente dall’estero. Eppure, negli ultimi anni la cucina del Sud-Est asiatico sta riuscendo a superare i limiti imposti dalla geografia e ad aggiudicarsi anche il cuore dei più scettici. Ne sono una prova non solo i numerosissimi ristoranti di cucina thailandese e vietnamita che stanno facendo la loro comparsa in tutta Italia, ma anche la produzione di nuove serie tv che raccontano i profumi, il gusto e i colori della cucina asiatica. Ma quali sono i piatti più apprezzati in Europa e in Italia oggi, che conquisterebbero persino la vostra bisnonna? 

Libri interi non basterebbero a spiegare la ricchezza e la varietà di ingredienti della cucina del Vietnam. Ancor prima della colonizzazione francese, che avrebbe dato via all’Unione Indocinese nel 1887 e influenzato in maniera importante le abitudini alimentari di questa regione, è la vicina Cina a dare un contributo fondamentale allo sviluppo di piatti popolari vietnamiti: non solo wonton e noodles di grano, ma anche ingredienti come peperoncini piccanti e granoturco si ritrovano, infatti, in entrambe le cucine. Con l’arrivo dei francesi, la lista degli ingredienti disponibili si è ampliata fino a comprendere patate, cipolle, asparagi, caffè. E sorprendentemente oggi due dei piatti più amati della cucina tipica vietnamita, sia dai locali che dagli europei, vengono proprio dall’influenza dei nostri cugini d’oltralpe! 

Il primo è il Bánh mì, un gustoso panino farcito nei modi più fantasiosi, come per esempio carne arrostita, coriandolo, verdure e salse. Il pane utilizzato è simile nella forma ad una baguette, ma al posto della farina di grano viene utilizzata quella di riso. Il secondo invece è il celeberrimo Pho, una zuppa di brodo di carne e spaghetti di riso. Si pensa che il nome Pho (pronuncia: fuh) venga dal francese pot au feu (stufato di carne), e proprio la presenza della carne di manzo, raramente presente in altri piatti tipici della cucina asiatica, è un altro indice del lascito coloniale. 

E che dire della cucina thailandese? Amata sempre di più in terra nostrana, come sottolineano i numerosi ristoranti che stanno nascendo dappertutto, non solo a Roma o a Milano, ma anche in altre città italiane. Oltre al classico Phad Thai (noodles di riso saltati in padella con verdure fresche, uova, arachidi tostati, salsa di pesce, salsa al tamarindo, aglio, peperoncino, zucchero di palma e lime), la grande varietà di sapori e ingredienti combinati con estro e creatività della cucina thailandese conquista l’occidente giorno dopo giorno: tanto che il thailandese Massaman curry, il “re dei curry”, si è aggiudicato il primo posto nella classifica “The world’s 50 best foods” rilasciata da CNN appena due settimane fa per l’anno 2020. Il motivo? “Persino la sua versione da supermercato sarebbe in grado di trasformare il più incapace dei cuochi in un potenziale Michelin”.

Sebbene sia più difficile trovare in Italia ristoranti di cucina indonesiana, singaporiana, o di altri Paesi del Sud-Est asiatico, l’interesse verso di essi in occidente rappresenta un trend in costante crescita. Basti pensare che molti altri piatti che si sono aggiudicati un posto nella classifica citata poco fa provengono da Paesi ASEAN. O che ben due serie tv (Street Food Asia e Chef’s Table) Netflix, il gigante mediatico sempre attento alle esigenze di mercato specialmente dei giovanissimi, dedicano molti episodi alla cucina di Bali, Yogyakarta, Cebu, e altre sue città. 

Tutti segnali incoraggianti che dimostrano, ancora una volta, come il Sud-Est asiatico, la sua storia, la sua tradizione, e (ovviamente) la sua ricca cucina, suscitino l’interesse sempre più vivo in Europa e nel mondo.

A cura di Valentina Beomonte Zobel

Nuove prospettive e future opportunità per il commercio in Vietnam

L’EVFTA apre a nuove possibilità di sviluppo degli investimenti europei nel Paese.

Ancora una volta la pandemia di COVID-19 non ostacola momenti di dialogo e condivisione circa i nuovi accordi con i Paesi ASEAN. L’8 ottobre si è tenuto il webinar “Vietnam: il nuovo accordo commerciale con l’UE e le opportunità per le imprese italiane”, organizzato da Assolombarda in collaborazione con l’Associazione Italia-ASEAN, alla luce dell’entrata in vigore dell’Accordo di libero scambio tra Unione Europea e Vietnam. 

Successivamente all’esperienza della pandemia, infatti, risulta sempre più evidente come la cooperazione internazionale sia ormai una valida ed efficace soluzione per la ripresa economica degli Stati. È il caso dell’EVFTA, che testimonia i risultati del miglioramento del dialogo tra le Istituzioni europee e quelle vietnamite. L’accordo garantisce una serie di facilitazioni e opportunità alle imprese che dall’Europa decidono di guardare verso il Vietnam e inserirsi in nuovi segmenti di mercato all’interno di un’area dalla crescente vivacità economica. Il Paese, infatti, prevede di crescere del 2.7% nel 2020, scongiurando la possibilità di una recessione, a differenza di molti altri Paesi in via di sviluppo che, invece, registreranno un segno negativo quest’anno, dopo anni di crescita continuata. Nel panorama delle tensioni geopolitiche e commerciali tra Cina e Stati Uniti, il Vietnam è divenuto la destinazione privilegiata di molte aziende, anche cinesi, che cosi facendo possono aggirare i dazi imposti da Washington. 

Nello specifico, la nuova normativa doganale offre al Vietnam delle agevolazioni tariffarie significative rispetto ad altri accordi. A tal proposito, la direttrice della Camera di Commercio e dell’Industria del Vietnam (VCCI), Thu Trang Nguyen, ha evidenziato i vantaggi dell’intesa commerciale rispetto al Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTTP). L’Unione Europea ha, infatti, addirittura eliminato l’85.5% delle linee tariffarie nei confronti del Vietnam a fronte del 78%-95% garantito dal CPTPP. Di questo passo, entro il 2027, quasi tutti i prodotti di origine vietnamita esportati in UE godranno di una tassazione pari allo 0%, ad eccezione dei cosiddetti “beni sensibili” quali, ad esempio, i prodotti alimentari e il tabacco. Si tratta di obiettivi commerciali ambiziosi per UE e Vietnam, differentemente dal CPTTP, che impiega circa 10 anni per generare gli stessi effetti. L’accordo include regole tecniche riguardo la nuova normativa doganale e introduce strumenti che garantiscono la fluidità dei traffici attraverso la valorizzazione delle scelte di integrazione economica e la promozione della sostenibilità e dell’economia circolare. 

In tal senso, il Paese sta facendo passi da gigante nel settore energetico, potenziando e incentivando l’uso delle fonti di energia rinnovabile, come ad esempio le cosiddette “solar farms” che provvedono a soddisfare le esigenze energetiche garantendo un impatto minimo sull’ambiente. Il Vietnam intende, infatti, rilanciarsi da subito su questo fronte mirando ad un aumento della percentuale di energia solare ed eolica dal 10% attuale al 15%-20% entro il 2030 e al 25%-30% entro il 2045.

Si tratta di elementi che fanno ben sperare circa il futuro del Vietnam. Il Paese presenta ad oggi grandi potenzialità sulla scena economica internazionale e l’accordo pone finalmente le basi per una sempre migliore cooperazione bilaterale. L’EVFTA procede quindi in linea con gli altri accordi conclusi dalla UE negli ultimi anni e dovrebbe favorire la rapida ripresa economica del Vietnam, rendendolo una delle mete favorite per gli investimenti esteri e per il commercio di beni e servizi. Ad oggi, la crisi innestata dalla pandemia continua a porci di fronte ad un futuro incerto ed offuscato ma, attraverso accordi commerciali di questo calibro e migliorando la cooperazione internazionale, la ripresa potrà essere rapida e sostenibile.

A cura di Hania Hashim

Accordo commerciale UE-Vietnam: benefici e opportunità

L’accordo di libero scambio è stato ufficialmente ratificato da Ue e Vietnam. Quali conseguenze avrà per l’Italia?

Il 30 Marzo 2020 è stata approvata dal Consiglio dell’Unione europea la sottoscrizione degli accordi commerciali e di investimento tra Ue e Vietnam. Oggi invece, è arrivata l’approvazione della controparte vietnamita, che ha dato il via all’accordo commerciale più ambizioso che l’Ue abbia mai concluso con un Paese in via di sviluppo. L’accordo non solo rilancia il commercio internazionale in un momento delicato, ma offre anche concrete opportunità e vantaggi alle aziende disposte a investire nel commercio con il Sud-est asiatico. L’EU-Vietnam Free Trade Agreement è il secondo accordo dell’Unione con un Paese ASEAN, dopo quello con Singapore del novembre 2019.

Secondo uno studio della Commissione Europea infatti, entro il 2035 l’accordo farà crescere le esportazioni dall’Ue verso il Vietnam del 29%, per un valore superiore a 8 miliardi di euro. Inoltre, potrebbe contribuire alla creazione di 116.200 posti di lavoro in Europa. Numeri considerevoli, che saranno raggiunti attraverso una prima eliminazione del 65% dei dazi vietnamiti sui prodotti provenienti dall’Ue, fino ad arrivare ad una eliminazione complessiva del 99% entro 10 anni. Oltre all’eliminazione dei dazi, l’accordo ruota attorno ad alcuni altri punti fondamentali per i paesi UE: la riduzione delle barriere non tariffarie, attraverso l’adozione di standard europei e internazionali; l’accesso senza precedenti per le imprese europee al mercato vietnamita degli appalti pubblici e dei servizi; la ratificazione di convenzioni internazionali sul rispetto dei diritti dei lavoratori e sulla salvaguardia dell’ambiente.

Per quanto riguarda l’Italia, l’accordo potrebbe rivelarsi particolarmente vantaggioso. Dati ISTAT e Confindustria confermano che finora il nostro Paese ha un deficit commerciale con il Vietnam, importando beni, nel 2018, per 2,5 miliardi di euro, a fronte di 1,3 miliardi di esportazioni. Tra le ragioni del deficit vi è sicuramente l’alta percentuale di dazi applicata ai prodotti europei, che rappresenta un freno anche per le 4.400 imprese italiane che esportano in Vietnam (principalmente PMI). L’abbattimento dei dazi e l’apertura del mercato vietnamita porteranno grandi benefici a diversi settori dell’export italiano, come la meccanica, l’automotive, il tessile, il comparto farmaceutico, e la filiera vinicola e agroalimentare.

L’ Accordo, infatti, riconosce la tutela di 169 Indicazioni Geografiche europee. Le IG italiane sono 38 e tra queste spiccano: Aceto Balsamico di Modena, Asiago, Bresaola della Valtellina, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Prosciutto di Parma e di San Daniele, Prosecco, Franciacorta. La lista è soggetta a revisione continua e a un possibile ampliamento.

L’accordo rappresenta una ventata di aria fresca, in un contesto nel quale il commercio internazionale ha subito più duramente il colpo dell’emergenza Covid-19. L’augurio è che l’Accordo possa non solo costituire un’opportunità per le imprese, ma anche che costituisca una nuova tappa nel raggiungimento di una intesa vasta e ambiziosa tra Unione Europea e ASEAN.

 

Articolo a cura di Valentina Beomonte Zobel.

Il momento del Vietnam

Nonostante la guerra commerciale tra USA e Cina e l’impatto della pandemia, il Vietnam si candida ad assumere un ruolo di spicco in questa nuova fase

Con una popolazione giovane e dinamica e attraverso una serie di riforme strutturali significative, negli ultimi decenni il Vietnam ha vissuto una crescita rapida e costante. A dispetto di crisi domestiche e internazionali, l’economia vietnamita si è mostrata forte e solida, sostenuta da una robusta domanda interna e da un’industria manifatturiera orientata all’esportazione. L’adesione all’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico ha poi contribuito nel tempo a rafforzare la posizione del Paese, sia sul piano regionale che su quello internazionale.

Negli ultimi anni, lo scontro commerciale tra Cina e Stati Uniti ha generato effetti collaterali che hanno interessato gran parte delle catene di valore regionali e globali. Per aggirare le tariffe e contenere i costi di produzione, diverse aziende hanno cominciato a trasferire le attività produttive dalla Cina ad altri Paesi della regione e in particolare del Sud-Est asiatico. Tra questi, si è distinto il Vietnam che, grazie alla competitività della sua economia, è stato in grado di attirare flussi di investimenti consistenti. Secondo diversi esperti e analisti, sembra proprio che in termini commerciali il Paese sia uno dei maggiori beneficiari dello scontro gli Stati Uniti e Cina.

Il 14 maggio l’Associazione Italia-ASEAN ha organizzato un webinar sul tema del Vietnam e della sua risposta all’emergenza sanitaria con l’Ambasciatore d’Italia in Vietnam, Antonio Alessandro, e il Direttore Generale per le Relazioni Internazionali delle Province del Vietnam, l’Ambasciatore Nguyen Hoang Long. L’obiettivo era quello di fare un punto della situazione in Vietnam alla luce della recente crisi economica e sanitaria.

Oggi infatti, data la profonda integrazione con l’economia globale, il Vietnam è  stato duramente colpito dalla pandemia di Covid-19. In termini di danni subiti dall’economia, il crollo del turismo, il calo della Borsa e la parziale interruzione delle catene di valore hanno fortemente danneggiato le attività economiche nel Paese. Tuttavia, l’impatto sanitario della pandemia non è stato così grave in Vietnam come in altri Paesi, grazie a diverse misure proattive che le autorità hanno messo in campo per affrontare l’emergenza. Sul piano sanitario, la capacità del governo di agire con prontezza per isolare i casi positivi, tracciare i contatti e attuare quarantene selettive, ha dato i suoi frutti. Nel Paese i casi di Covid-19 sono meno di trecento, con una mortalità pari a zero, e solo pochi casi gravi. Le autorità vietnamite, che hanno anche ricevuto gli apprezzamenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono state in grado di fornire una risposta repentina e completa, che ha messo il Paese nelle condizioni di contenere l’impatto sanitario del virus e limitare gli effetti sul piano economico. Nonostante il Fondo Monetario Internazionale stimi per il Vietnam una crescita del 2,7% nel 2020, il governo vietnamita punta ancora a raggiungere l’obiettivo di crescita del 5% con un’ambiziosa strategia di rilancio, mirata a stimolare il consumo interno, attirare investimenti esteri diretti e sostenere l’esportazione di beni ad alto valore aggiunto.

Nonostante l’impatto della pandemia dunque, Il Vietnam si candida a svolgere un ruolo di primo piano nel contesto regionale e internazionale in questa fase incerta. La Presidenza temporanea dell’ASEAN, il seggio non permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e l’entrata in vigore degli accordi di libero scambio con l’Unione Europea ad agosto mettono il Vietnam nelle condizioni ideali per continuare a sostenere lo sviluppo economico, politico e sociale del Paese nel breve e nel lungo periodo.

 

Articolo a cura di Tullio Ambrosone.