Indonesia

L’Indonesia sposta la capitale: i problemi delle megalopoli nel Sud-Est asiatico

Pochi mesi dopo la sua rielezione, il Presidente indonesiano Joko Widodo ha annunciato lo spostamento della capitale da Giava a Kalimantan 

Jakarta, la capitale dell’Indonesia che sorge sulla costa nord-occidentale dell’isola di Giava, conta quasi 11 milioni di abitanti. Includendo la sua enorme area metropolitana, che prende il nome di Jabodetabek dall’unione delle cinque megacittà di cui è composta (Jakarta, Bogor, Depok, Tangerang e Bekasi), la popolazione totale raggiunge i 30 milioni di abitanti. 

Uno studio condotto da Euromonitor International rivela che Jakarta diventerà la città più popolata del mondo entro il 2030, con una popolazione totale di 35.6 milioni di abitanti, superando il primato attualmente detenuto dalla Grande Area di Tokyo. 

Con una densità abitativa di oltre 14 mila residenti per km², il sovrappopolamento è già uno dei problemi principali della capitale indonesiana, a cui si aggiungono le criticità causate dall’inquinamento idrico e atmosferico. 

Infatti, secondo il TomTom Traffic Index 2019, Jakarta rientra fra le prime 10 città più trafficate al mondo, con un livello di congestione del 53% che impatta notevolmente l’indice di qualità dell’aria. Si stima che gli abitanti di Jakarta trascorrono in media 22 giorni all’anno nel traffico, con danni sulle casse dello stato pari a 7 miliardi di dollari annui. 

A questo quadro si aggiungono il recente innalzamento del livello del mare causato dal riscaldamento globale, dalla massiccia presenza di asfalto e cemento che non permettono il deflusso dell’acqua nel suolo, ma soprattutto dall’eccessiva estrazione di acqua dalle falde acquifere sotterranee, in risposta all’insufficiente distribuzione idrica. Inoltre, tutta l’area urbana è soggetta a frequenti e pericolosi allagamenti. 

Calamità naturali e interventi antropici stanno causando uno sprofondamento del sottosuolo di circa 25 centimetri all’anno. Metà dell’abitato è oggi sotto il livello del mare e stime prevedono che il 95% della parte settentrionale della città sarà del tutto sommersa entro il 2050.

La somma di queste problematiche ha spinto il Presidente Jokowi a trasferire la capitale dall’isola di Giava, il cuore politico ed economico dell’intera nazione, al Kalimantan. Il 16 agosto 2019, solo pochi mesi dopo l’inizio del suo secondo mandato presidenziale, Jokowi ha affermato che «il trasferimento della capitale è necessario per raggiungere l’uguaglianza economica. Serve a realizzare il progresso dell’Indonesia».

Non si tratta di una tematica nuova in Indonesia, ma è un progetto di cui si parla da molto tempo e che adesso Jokowi intende portare finalmente a compimento. Infatti «Il progetto di spostare la capitale è stato considerato fin dall’era del primo Presidente della Repubblica di Indonesia, Sukarno. E come grande nazione, indipendente da 74 anni, l’Indonesia non ha mai scelto la sua capitale», afferma ancora il Presidente, motivando le ragioni di tale decisione nell’intento di alleggerire il peso delle funzioni svolte da Jakarta e dall’isola di Giava. 

«Il carico che grava su Jakarta è attualmente troppo pesante, in quanto essa rappresenta il centro governativo, economico, finanziario, commerciale e dei servizi, nonché sede del più grande aeroporto e porto marittimo in Indonesia. Anche il peso sull’isola di Giava sta diventando troppo oneroso, registrando una popolazione di 150 milioni, il 54% della popolazione totale dell’Indonesia; il 58% del PIL dell’intera nazione è concentrato a Giava, che costituisce anche la fonte di sicurezza alimentare», dichiara Jokowi, enfatizzando l’immediata urgenza del provvedimento affinché «tale peso, in termini di densità di popolazione, traffico e inquinamento atmosferico e idrico, non diventi ancor più dannoso». 

L’Indonesia non sarebbe il primo membro dell’ASEAN a spostare la propria capitale: la Malesia l’ha fatto nel 1999, il Myanmar nel 2006. Questo fenomeno ha coinvolto anche altri stati come Egitto, Pakistan, Kazakistan, Nigeria e Brasile, sottolineando un trend in rapida diffusione fra i paesi in via di sviluppo. 

Il 26 agosto 2019 è arrivato l’annuncio ufficiale dello spostamento della capitale nel Kalimantan, la parte indonesiana dell’isola del Borneo e la seconda provincia più grande della nazione: questa regione vanta un’eccezionale ricchezza naturale e, con una popolazione di 13 milioni di abitanti, è molto meno congestionata rispetto a Giava. La scelta specifica riguarda un’area di 180.000 ettari compresa tra le città di Balikapan e Samarinda, nella provincia orientale del Kalimantan, che annovera «un minimo rischio di disastri naturali inclusi inondazioni, terremoti, tsunami, incendi boschivi, eruzioni vulcaniche e smottamenti; e una posizione strategica al centro dell’Indonesia, adiacente ad aree urbane sviluppate e dotata di infrastrutture adeguate», spiega Jokowi. 

Il progetto di spostamento della capitale, che costerà 466 trilioni di rupie (33 miliardi di dollari), è stato incluso nel Piano Nazionale di Sviluppo a Medio Termine 2020-2025. L’inizio della prima fase di adeguamento delle infrastrutture era stato fissato nella seconda metà del 2020 con termine nel 2024. Tuttavia, il Ministro della Pianificazione dello Sviluppo Nazionale ha recentemente annunciato che il piano di costruzione della nuova capitale sarà rinviato al 2021 per dare priorità all’emergenza causata dalla pandemia Covid-19. 

L’Indonesia prova dunque ad affrontare e risolvere i problemi della sua capitale, comuni a tante altre metropoli del Sud-Est asiatico, ponendosi degli obiettivi molto ambiziosi. Un nuovo, grande inizio che aspetta solo di essere avviato. 

A cura di Annalisa Manzo 

Trade Expo Indonesia 2020: la fiera B2B per la prima volta in modalità virtuale

Una grande opportunità di rilancio per l’export Made in Indonesia

Il Covid-19 ha indotto persone e aziende a ripensare lo svolgimento delle proprie attività con le lenti del distanziamento sociale e il settore dell’organizzazione degli eventi ha comprensibilmente risentito di questa evoluzione. Tuttavia, nonostante l’impossibilità di attirare e gestire numeri imponenti di spettatori e visitatori in presenza (sono saltati eventi del calibro delle Olimpiadi di Tokyo 2020 e del Campionato europeo di calcio UEFA), il mondo degli eventi sta segnalando comunque la sua vitalità provando ad adattarsi alle contingenze. Del resto, non si tratta d’altro che dell’ancestrale bisogno umano di socialità.

E infatti il governo indonesiano sta organizzando online dal 10 al 16 novembre 2020 la 35° edizione di una delle più importanti fiere B2B per il Paese, la “Trade Expo Indonesia Virtual Exhibition (TEI-VE) 2020”. L’evento ospiterà in rete più di 400 aziende provenienti da tutto il mondo e il tema di quest’anno sarà quello del “Commercio Sostenibile nell’Era Digitale”. Attraverso l’impiego della tecnologia 3D, i buyers avranno accesso ad una piattaforma espositiva virtuale, tramite cui potranno sviluppare reti di business e coltivare opportunità di investimento.

L’evento sarà anche un’occasione per conoscere i prodotti Made in Indonesia e, parallelamente alla mostra, verranno presentati dei tavoli di lavoro su commercio e turismo coadiuvati da sessioni di business matching. Tra gli espositori, figureranno aziende leader della ristorazione, dell’artigianato e del mondo della moda, ma anche imprese provenienti dal settore manifatturiero e terziario. Per sopperire alla mancanza di momenti di aggregazione e networking, l’evento includerà delle cerimonie virtuali di apertura e di chiusura e strumenti di supporto dedicati a buyers e suppliers, con lo scopo di offrire un’esperienza virtuale completa sulle opportunità commerciali e di investimento. Durante l’evento, inoltre, si terrà l’assegnazione del premio Primaniyarta, il più alto riconoscimento conferito dal governo indonesiano agli esportatori di maggior successo.

La fiera è, dunque, un momento molto importante per l’Indonesia. In tal senso, il Ministero del Commercio ha segnalato il successo dell’edizione precedente che ha registrato un livello di transazioni pari a 10.96 miliardi di dollari. In aumento del 29,04% rispetto al risultato del 2018 di 8.49 miliardi di dollari. “Con il diffondersi della pandemia di Covid-19, non possiamo fermarci” sono state le parole del Ministro del Commercio Agus Suparmanto che ha poi aggiunto “questo evento rappresenta per noi un passo importante per combattere il virus”. Egli spera, infatti, che il TEI-VE 2020 possa segnare l’inizio di una nuova era per il mondo delle fiere B2B, mostrando agli operatori commerciali che è possibile mettere in moto il commercio internazionale anche attraverso strumenti virtuali.

Si tratta di un’occasione che rappresenta appieno la capacità di reazione e lo spirito di resilienza che tanto hanno caratterizzato i Paesi ASEAN in questi ultimi mesi. L’Indonesia ha saputo reagire alla nuova sfida e ripensare uno dei momenti più importanti per la politica commerciale del Paese, nel nuovo contesto imposta dall’attuale emergenza sanitaria. Sarà, dunque, un evento ricco di novità e di contenuti, che potrebbe dare segnali interessanti sul settore dell’organizzazione degli eventi e sullo stato di salute del commercio internazionale.

Un’economia aperta: l’ultimo obiettivo dell’Indonesia

Dopo aver conquistato con successo l’unità nazionale e la democrazia, ora il Paese sta spingendo per una maggiore apertura economica 

L’Indonesia è un insieme di circa 14.000 isole, 700 lingue e 1.300 gruppi etnici. Eppure, nonostante le dimensioni e l’eterogeneità, l’Indonesia è riuscita a trovare nel suo motto nazionale “Bhineka Tunggal Ika“, ovvero “Unità nella diversità”, la chiave per rafforzare la coesione sociale e potenziare lo sviluppo economico. Oggi, il Paese è la sedicesima economia del mondo e secondo un report di McKinsey, si prevede che conquisterà il settimo posto entro il 2030. Tuttavia, questo successo non è arrivato dalla sera alla mattina. 

Secondo Kishore Mahbubani, un illustre membro dell’Asia Research Institute ed ex diplomatico di Singapore, una delle ragioni del successo dell’Indonesia è che il Paese ha avuto il giusto leader in ogni momento chiave della sua storia nazionale. Sukarno, il primo Presidente dell’Indonesia, ha contribuito a creare l’unità del popolo indonesiano attraverso la politica della Pancasila – la filosofia dello Stato unitario indonesiano – e la scelta di stabilire un’unica lingua nazionale per il Paese, bahasa Indonesia. Successivamente, nonostante l’approccio autoritario, il Presidente Suharto ha gettato le fondamenta per l’importante crescita economica che ha caratterizzato l’Indonesia nell’ultimo trentennio del novecento (6,6% di crescita media durante il suo regime). Infine, dal 2014, l’amministrazione del Presidente Susilo Bambang Yudhoyono ha registrato notevoli progressi in tema di democrazia e cooperazione internazionale. Anche grazie alla leadership dell’Indonesia nell’ASEAN, il Paese è stato ammesso al G20, ottenendo un ruolo permanente e visibile nello scenario geopolitico globale. 

Oggi l’attuale amministrazione, guidata dal Presidente Jokowi, si trova ad affrontare una grande sfida: l’apertura economica del Paese. L’Indonesia risulta infatti ancora restia ad aprire il mercato alla concorrenza, e la ragione di questa posizione è radicata nella storia stessa del Paese. L’Indonesia ha una tradizione di nazionalismo economico che ha avuto inizio all’epoca di Sukarno, quando la lotta per la libertà nazionale significava anche lotta per l’emancipazione economica. Venivano adottate infatti misure protezionistiche e politiche ostili nei confronti degli investitori stranieri, nel tentativo di rendere autosufficiente la nazione. Questo approccio iniziò a cambiare sotto la guida di Suharto, dal momento che vennero approvate diverse riforme orientate all’integrazione dell’Indonesia nel sistema economico globale. 

Attualmente l’obiettivo è quello di promuovere e rafforzare l’apertura economica dell’Indonesia. Il governo sta concentrando la sua attenzione sul completamento di vari accordi di libero scambio, tra i quali il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) e l’Indonesia-EU Comprehensive Economic Partnership Agreement. Quest’ultimo in particolare, secondo il programma del prossimo trio di Presidenze del Consiglio dell’Unione Europea, sarà probabilmente concluso nel 2021. Quest’autunno, le due parti entreranno nel decimo round di negoziati e, considerando l’andamento dei precedenti, sono stati fatti considerevoli passi in avanti in diversi settori, tra cui la rimozione degli ostacoli tecnici al commercio, i sussidi e gli investimenti. D’altra parte, per trovare un accordo sul commercio di beni, sui diritti di proprietà intellettuale e sullo sviluppo sostenibile potrebbe essere necessario più tempo.  

I risultati positivi ottenuti dal governo negli ultimi anni si riflettono sul posizionamento dell’Indonesia nel Global Index of Economic Openness 2019 del Legatum Institute. In questo speciale indice che classifica i diversi Paesi in base alla loro apertura economica, l’Indonesia si è posizionata 68° su 157 Paesi, balzando sei posti in avanti nell’ultimo decennio. Nel complesso, l’Indonesia è riuscita concludere numerosi accordi commerciali, soprattutto con le controparti ASEAN e altri Paesi del continente asiatico. Tuttavia, permangono alcuni elementi di criticità. Le tariffe e le quote d’importazione sono applicate tuttora per proteggere il mercato interno. Inoltre, un rapporto della Banca Mondiale indica che gli investimenti esteri diretti in Indonesia sono meno della metà rispetto alla media globale – il 2% del suo PIL. Secondo gli esperti, questa carenza di investimenti potrebbe rallentare lo sviluppo in diversi settori, specialmente nelle infrastrutture.

Tuttavia, nonostante alcune limitazioni strutturali e la persistente questione del nazionalismo economico che potrebbero ostacolare lo sviluppo del Paese, l’Indonesia è sulla buona strada per diventare un attore importante nello scenario internazionale. Le azioni intraprese dal governo dimostrano che l’amministrazione del Presidente Jokowi sta dando priorità all’apertura del mercato indonesiano, per cogliere i benefici del commercio internazionale e del libero scambio. In questo momento, la vera sfida per l’Indonesia è quella di bilanciare i flussi di capitale nazionale con quelli esteri, così che il sistema economico possa effettivamente trarne giovamento. Una volta raggiunto il punto di equilibrio, senza dubbio l’Indonesia mostrerà tutto il suo vero potenziale. 

A cura di Rizka Diandra e Tullio Ambrosone 

Indonesia e Italia: un grande potenziale

L’esperienza della pandemia ha rafforzato il dialogo politico e commerciale tra Italia e Indonesia 

L’Associazione Italia-ASEAN ha organizzato un incontro sull’Indonesia e la sua risposta alla crisi causata dalla pandemia con l’Ambasciatore italiano in Indonesia, Benedetto Latteri, l’Ambasciatrice indonesiana in Italia, Esti Andayani, la Vicepresidente di Confindustria con delega all’internazionalizzazione, Barbara Beltrame, il Viceministro indonesiano per gli Affari Esteri con delega agli Affari europei e America, Ngurah Swajaya, e infine la Vicepresidente di KADIN, Shinta Kamdani.

L’esperienza della pandemia ha notevolmente colpito l’economia dell’Indonesia, indebolendo settori chiave come il commercio e il turismo. Ad oggi il virus si è diffuso in tutte le province del Paese e le aree più colpite sono quelle di Giacarta, Sumatra Settentrionale e Giava Orientale. Questo fenomeno ha generato una contrazione del PIL del 5.3% e una riduzione del valore degli scambi del 30% solo nel primo semestre del 2020. Tuttavia, questa esperienza ha evidenziato l’alto grado di resilienza dell’Indonesia nell’affrontare la crisi, ponendo le basi per un rinnovato spirito di cooperazione tra Indonesia e Italia.

L’Indonesia esporta una varietà di prodotti in Italia che vanno dalla frutta tropicale e gli oli vegetali ai prodotti di cosmetica, macchinari elettrici e componentistica. L’UE è infatti il terzo maggiore partner commerciale dell’Indonesia, con un valore totale degli scambi pari a 23,8 miliardi di euro nel 2019. I due Paesi sembrano avere esigenze complementari in termini di importazioni ed esportazioni e hanno intenzione di cogliere le opportunità del nuovo contesto internazionale per formulare strategie commerciali vincenti.

Per garantire un flusso di investimenti più intenso tra i due Paesi, anche l’UE si sta mostrando più flessibile nei confronti delle proprie aziende, sostenendole nella ripresa economica e rilanciando l’importanza del commercio estero e dell’internazionalizzazione. Le istituzioni europee riconoscono l’importanza strategica dell’ASEAN e stanno implementando negoziati internazionali per la realizzazione di una cooperazione più intensa che possa far fronte all’emergere di misure protezioniste da parte di altri partner. Il libero scambio è, infatti, la chiave per uscire dalla crisi e sarà lo strumento più efficace per promuovere la crescita economica dei due Paesi.

Due accordi internazionali in fase di negoziazione rappresentano un’opportunità interessante per Indonesia e UE: il Regional Comprehensive Economic Partnership, un accordo commerciale tra ben 15 Paesi asiatici, e l’Indonesia-EU Comprehensive Economic Partnership Agreement.  Quest’ultimo si concentra maggiormente sulle relazioni commerciali tra Indonesia e UE, e si pone l’obiettivo di garantire un rapporto più solido e produttivo tra l’Indonesia e i Paesi europei. I temi trattati spaziano dalla rimozione dei dazi alla promozione del flusso di investimenti, dalla protezione della proprietà intellettuale al rafforzamento della cooperazione internazionale. Con la conclusione di questi accordi, il valore degli scambi tra le due regioni aumenterebbe significativamente e garantirebbe vantaggi reciproci.

Si può concludere, dunque, che nonostante la pandemia abbia generato delle conseguenze notevoli per l’economia italiana e indonesiana, questa esperienza ha anche spalancato le porte a nuove opportunità di incontro tra i due Paesi. Essa ha, infatti, messo in risalto la volontà reciproca di esplorare i rispettivi mercati, adottando un rinnovato approccio che, riprendendo le parole dell’Ambasciatrice indonesiana in Italia Esti Andayani, miri a “trasformare il pessimismo in ottimismo”.

Articolo a cura di Hania Hashim 

Covid-19: la risposta dell’Indonesia

Tra i Paesi più colpiti del Sud-Est asiatico, l’Indonesia inizia a pianificare la ripresa.

L’Indonesia, con oltre 55,000 casi confermati al 1 di luglio, è il Paese che registra il più alto numero di infezioni da Covid-19 in ASEAN. La città più colpita è Jakarta, la capitale, nonché una delle città più densamente popolate del Sud-Est Asiatico. Diversamente da molti  Paesi, l’Indonesia ha optato per un approccio diverso nell’ affrontare la pandemia. Con lo scopo di tenere a galla l’economia del Paese, il governo centrale ha deciso di non imporre il lockdown nazionale, scegliendo invece di applicare un piano di distanziamento sociale su vasta scala orientato alle regioni più colpite dal virus, come negli Stati Uniiti. 

Oggi, tre mesi dopo aver implementato tale approccio, numerose provincie indonesiane, inclusa Jakarta, stanno allentando alcune restrizioni. D’ora in avanti riapriranno gradualmente gli uffici, le scuole, i luoghi di culto e i mezzi di trasporto pubblici, sebbene ancora sotto un rigido controllo sanitario. In caso di una nuova ondata di infezioni, verrà messa in pratica una strategia d’emergenza per interrompere immediatamente la riapertura.

Nonostante il governo non abbia applicato un lockdown su scala nazionale, il Paese ha comunque risentito delle ripercussioni economiche e finanziarie della pandemia. Secondo Statistics Indonesia (BPS), nel primo quadrimestre del 2020 il PIL dell’Indonesia è cresciuto solo del 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, il risultato più basso dal 2001. Ciononostante, secondo le previsioni dell’Economist Intelligence Unit, l’Indonesia potrebbe essere uno dei tre Paesi del G20 (insieme a Cina e India) che non subirà una recessione economica quest’anno, con una crescita del 0,2% del PIL. 

Attualmente, il governo ha stanziato un totale di oltre 45 miiardi di euro come parte di un programma nazionale di ripresa economica. Tale piano sarà essenziale per sostenere il settore sanitario, aumentare la copertura degli schemi di protezione sociale, espandere i sussidi di disoccupazione, e fornire agevolazioni fiscali e crediti alle imprese. Inoltre, l’Indonesia prevede di mantenere forti relazioni bilaterali e multilaterali per combattere la crisi, non solo con altri Paesi ASEAN, ma anche con altri attori quali Cina, Giappone e Corea del Sud. Se il mercato globale dovesse riguadagnare slancio nei prossimi mesi, c’è ancora speranza per l’Indonesia di ritornare sulla traiettoria di crescita degli ultimi anni, con un aumento del 5% del PI nel 2021 secondo un report dell’Asian Development Bank.

Nonostante i tempi incerti per l’Indonesia e il mondo intero, il Paese sta facendo del suo meglio per far ripartire l’economia. Le sfide che si trova ad affrontare sono impegnative ma il dinamismo dell’economia indonesiana potrebbe aiutare a superare il momento di difficoltà. Sarà fondamentale per il Paese investire nei giovani e nel crescente settore digitale per trasformare la crisi in un nuovo periodo di sviluppo.

 

Articolo a cura di Rizka Diandra 

Enrico Letta in visita a Jakarta

Enrico Letta, che ha accompagnato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha annunciato la creazione dell’associazione Italia-ASEAN che ha come obiettivo quello rafforzare il dialogo, la conoscenza e gli scambi tra il settore privato del nostro Paese e le opportunità commerciali e di investimento nei paesi dell’Asean.