Filippine

Le Filippine tra i Marcos e i Duterte

Le elezioni di metà mandato faranno da sfondo allo scontro tra le due famiglie più importanti del Paese, che esprimono rispettivamente il presidente e la vicepresidente

Di Francesco Mattogno

È in un contesto politico movimentato che le Filippine sono entrate nel 2025, un anno elettorale. Il 12 maggio il Paese sarà chiamato a rinnovare tutti i 317 seggi della Camera dei Rappresentanti nazionale, 12 dei 24 senatori e oltre 18 mila posizioni a livello locale per le elezioni di metà mandato, che cadono esattamente a tre anni dal voto delle presidenziali del 2022. All’epoca il Presidente Ferdinand “Bongbong” Marcos Jr. e la Vicepresidente Sara Duterte correvano insieme nel cosiddetto “Uniteam”, sostenendosi a vicenda nelle rispettive candidature alla presidenza e alla vicepresidenza (nelle Filippine l’elezione del presidente e del vice avviene con due voti separati, e il presidente può restare in carica per un solo mandato di 6 anni).

Si trattava di un’alleanza di comodo tra quelle che erano – e sono – le due famiglie più potenti del paese. Una aveva appena espresso il presidente, Rodrigo Duterte, in carica dal 2016 al 2022 e capostipite di un clan che governa la città di Davao, nel sud delle Filippine, dalla fine degli anni Ottanta. L’altra era composta dagli eredi del dittatore Ferdinand Marcos (padre di Bongbong, al potere dal 1965 al 1986), desiderosi di tornare alla ribalta in campo nazionale dopo decenni di dominio locale nella provincia di Ilocos Norte. Alla fine hanno avuto ragione entrambe, con Bongbong e Sara usciti nettamente vincitori dalle urne.

Nonostante i buoni propositi per una proficua collaborazione, però, l’Uniteam non ha retto alla prova di governo e si è sfaldato, un pezzo alla volta. Le recenti dichiarazioni di Sara Duterte rappresentano solo l’ultimo atto di una guerra dinastica cominciata a poche settimane di distanza dal voto e che ha poco a che fare con la politica, o il buon governo. Tra Marcos e il suo predecessore, Rodrigo Duterte, c’è piena continuità su buona parte delle questioni interne, dalla gestione dell’economia alle enormi lacune nel rispetto dei diritti umani. 

L’unica vera differenza sta nella politica estera. Le Filippine di Marcos hanno abbandonato l’approccio morbido e remissivo di Duterte con la Cina, che nel mar Cinese meridionale rivendica come propri parte dei territori internazionalmente riconosciuti all’interno della Zona Economica Esclusiva filippina, per spostarsi su una posizione più assertiva a difesa dei propri confini marittimi, allineata agli interessi degli Stati Uniti. Si è trattato di un cambio di atteggiamento radicale che da un lato ha incrinato i rapporti tra Manila e Pechino e dall’altro ha generato una serie di ripercussioni interne, tra cui lo smantellamento delle organizzazioni criminali cinesi legate in particolare alle truffe e al gioco d’azzardo (le cosiddette POGOs), considerate molto vicine alla famiglia Duterte.

In un Paese in cui le dinastie politiche dominano da sempre il panorama politico, locale e nazionale, lo scontro per il potere tra i Duterte e i Marcos si è spostato in parlamento. Diverse commissioni interne alle due camere hanno aperto un’indagine a carico di Rodrigo per definire la portata della sua “guerra alla droga” (si parla di almeno 30 mila uccisioni extragiudiziali di spacciatori e consumatori: rischia di essere formalmente accusato di crimini contro l’umanità) e contro Sara per fare chiarezza sull’uso dei fondi pubblici destinati ai suoi uffici, che si ritiene siano stati usati per scopi personali. 

Il potenziale abuso dei finanziamenti pubblici e le recenti minacce verso Marcos hanno portato il parlamento ad avviare tre procedure di impeachment contro Sara Duterte, che fa ampio uso di una retorica populista per mostrarsi all’opinione pubblica come la vittima di una persecuzione politica orchestrata dal presidente. Quello della disinformazione, delle fake news e dei contenuti fuorvianti sui social rappresenta un problema serio per molti degli osservatori delle Filippine, che temono il ripetersi di quanto già accaduto durante le elezioni del 2022, quando TikTok risultò molto importante per riabilitare l’immagine della famiglia Marcos e spianare la strada a Bongbong verso il palazzo presidenziale.

Intanto, mentre avanza lo scontro dinastico, fuori dalle sale del potere oltre la metà delle famiglie filippine si descrive come “povera” e milioni di persone faticano ad arrivare a fine mese. Marcos ha finora disatteso gran parte delle sue promesse economiche, in particolare riguardo il contrasto alla povertà, e le principali preoccupazioni dei cittadini restano legate all’inflazione, al basso livello dei salari e alle difficoltà nel trovare lavoro. Sotto Marcos, ad esempio, il contributo della manifattura al PIL filippino è sceso al 18%, il livello più basso dalla seconda guerra mondiale.

Al governo si contestano anche l’inadeguata risposta alle emergenze provocate dai tifoni (e in generale i carenti sforzi nel contrasto al cambiamento climatico), la continua repressione di attivisti e giornalisti e il prosieguo, seppur in modi molto più contenuti, della guerra alla droga di Duterte. La coalizione di sinistra Makabayan proverà a capitalizzare la frustrazione contro le élite al potere, cercando soprattutto di sfondare al senato, ma nonostante tutto sia i Marcos che i Duterte mantengono una buona base di sostenitori e saranno difficili da scalfire, per quanto il loro indice di gradimento sembri essere entrato in una fase calante. Entrambi i clan nel 2025 candideranno cinque componenti della famiglia, tra elezioni locali e nazionali, e Rodrigo Duterte correrà nuovamente a sindaco di Davao, città che ha già governato per vent’anni. 

Lo scenario più probabile è che le elezioni di metà mandato faranno nuovamente da sfondo a uno scontro tra dinastie politiche, durante il quale sia i Marcos che i Duterte proveranno a consolidare il proprio potere in vista del 2028, senza reali contendenti fuori dal cerchio dei grandi clan delle Filippine. E dunque senza una vera alternativa.

La Nave Amerigo Vespucci a Manila

Prima storica visita di uno dei simboli della Marina Militare Italiana nelle Filippine, segnale di un legame sempre più solido

L’Amerigo Vespucci, storico veliero e nave scuola della Marina Militare Italiana, ha svolto una visita al porto di Manila dal 14 al 18 settembre. La capitale filippina è stata la 23esima tappa della sua crociera mondiale dopo quella di Tokyo e prima di quella di Darwin in Australia. Si è trattato della prima visita della Nave nelle Filippine dove è stata accolta dall’Ambasciatore d’Italia Davide Giglio e dalle autorità della Marina Militare filippina.

Come anche in altri porti Nave Vespucci si è aperta al pubblico e diverse migliaia di visitatori sono saliti a bordo per ammirarla.

L’Amerigo Vespucci, custode delle più antiche tradizioni navali e marinare da oltre novant’anni – è uno dei simboli più conosciuti dell’Italia nel mondo. L’iniziativa del “Tour mondiale” Vespucci coniuga la tradizionale attività formativa degli allievi Ufficiali e la promozione delle eccellenze del Made in Italy. Il Vespucci e’ l’emblema della Marina Militare e dell’Italia stessa: nel solco delle tradizioni marinare, negli anni ha contribuito alla crescita del prestigio del Paese. La nave è partita il primo luglio 2023 dal porto di Genova per compiere il giro del mondo della durata di circa due anni e porta con sé la cultura, la storia, l’innovazione, la scienza, la ricerca, la tecnologia, che fanno dell’Italia un Paese apprezzato da tutto il mondo, Asia orientale e Sud-Est asiatico compresi.

La visita della Vespucci ha fatto seguito a quella (2-8 settembre) del Gruppo Navale composto dalla porta-aerei Cavour e dalla fregata Alpino in un dispiegamento che testimonia del crescente impegno italiano nell’Indo-Pacifico. Ciò al fine di riaffermare il principio della libertà di navigazione, consolidare un ordine internazionale basato sulle regole, contribuire alla pace e alla stabilità regionali, rafforzare le relazioni bilaterali con i partner nella regione, a cominciare dai Paesi, come appunto le Filippine, con cui si condividono valori di libertà e democrazia. Nei prossimi giorni, l’Amerigo Vespucci sarà anche a Singapore, realizzando dunque nella città-Stato una nuova tappa nel suo atteso tour nel Sud-Est asiatico.

Perché Filippine e Giappone rafforzano i legami di sicurezza

Manila e Tokyo incrementano la cooperazione militare con un accordo storico, puntando a maggiore autonomia e sicurezza regionale

Di Alessia Caruso

Le Filippine e il Giappone hanno recentemente finalizzato un importante accordo di sicurezza dopo anni di negoziazioni. Il nuovo Reciprocal Access Agreement (RAA) consente alle Forze Armate delle Filippine (AFP) e alle Forze di Autodifesa Giapponesi (JSDF) di ampliare significativamente le attività militari congiunte, comprese esercitazioni su larga scala focalizzate sull’interoperabilità e sulla risposta congiunta a emergenze, come disastri e conflitti armati. Inoltre, il RAA facilita il trasferimento e lo scambio di sistemi d’arma sofisticati, permettendo alle Filippine di modernizzare le loro forze marittime in risposta alle dispute nel Mar Cinese Meridionale.

Dopo la firma dell’accordo, le Filippine hanno celebrato un “livello senza precedenti” nei rapporti di difesa con il Giappone, evidenziando la crescente cooperazione militare tra Manila e Tokyo. L’accordo dovrà essere ratificato dai parlamenti di entrambi i Paesi prima di entrare in vigore, ma non sono previsti ostacoli significativi. Le Filippine e il Giappone condividono infatti diversi interessi di sicurezza che hanno spinto alla firma del RAA. Entrambi i Paesi sono coinvolti in contestazioni territoriali con la Cina: le Filippine nel Mar Cinese Meridionale e il Giappone nel Mar Cinese Orientale. Inoltre, la posizione geografica strategica delle Filippine e del Giappone li rende partner naturali nel contesto della minaccia cinese nei confronti di Taiwan, un punto critico per la sicurezza regionale. Una difesa congiunta fra i due contribuisce significativamente alla deterrenza integrata della regione delineata dall’alleato statunitense.

Negli ultimi anni, il Giappone ha aumentato notevolmente il suo coinvolgimento nella regione ASEAN, diventando uno dei principali investitori e il partner preferito di molti Paesi del Sud-Est asiatico. Questo rinnovato impegno regionale è stato ben accolto dalle Filippine, che hanno svolto un ruolo di supporto attivo nel reintegrare Tokyo come alleato chiave per la stabilità e la sicurezza nell’area.

È importante notare che il RAA è stato firmato a soli tre mesi dal consolidamento di una partnership trilaterale di sicurezza fra Giappone, Filippine e Stati Uniti (JAPHUS), nata con l’intento di rafforzare l’architettura di sicurezza dell’Indo-Pacifico e aumentare le strategie di deterrenza regionale. A prima vista, il nuovo accordo bilaterale potrebbe apparire ridondante, in quanto mosso dagli stessi intenti del JAPHUS, ma senza la presenza degli Stati Uniti. Tuttavia, il nuovo accordo tra Manila e Tokyo deve essere interpretato come un tentativo filippino di ridurre la propria dipendenza dalla sicurezza statunitense.

Dopo un periodo di forti tensioni, culminato di recente con la morte di un pescatore filippino in seguito alla collisione con una nave commerciale cinese, le Filippine stanno delineando una serie di misure di sicurezza con un duplice obiettivo: raffreddare le tensioni regionali con la Cina e ridurre il rischio per la propria sicurezza nazionale, legata all’incerta politica americana. La strategia di avvicinamento bilaterale al Giappone mira a garantire una relazione diretta tra le due potenze dell’Est Asia, distanziandosi dal legame che li unisce agli Stati Uniti. Recenti eventi, come l’accordo per incrementare i meccanismi di comunicazione marittima bilaterale con la Cina, indicano una volontà filippina di perseguire una politica estera più autonoma e pragmatica.

Protagonista di questo contesto è l’attuale instabilità e incertezza della politica americana. La possibilità di un secondo mandato di Trump introduce ulteriori elementi di imprevedibilità, gettando un’ombra sulla volontà statunitense di mantenere inalterato il suo impegno militare nell’Estremo Oriente. La politica aggressiva delle Filippine vacilla di fronte al bisogno di affidarsi meno al Trattato di Mutua Difesa con gli Stati Uniti, che finora ha rappresentato la spina dorsale della posizione filippina nel Mar Cinese Meridionale.

Guardando al futuro, è prevedibile che le Filippine si concentreranno maggiormente sullo sviluppo di relazioni bilaterali con potenze regionali e su un processo di raffreddamento delle tensioni con la Cina, mentre attendono che gli Stati Uniti definiscano il futuro della propria politica estera. Questo approccio, sebbene diverso dalla strategia adottata negli ultimi anni, potrebbe offrire nuove opportunità per garantire la sicurezza e la prosperità del Paese in un contesto geopolitico in continua evoluzione. La capacità delle Filippine di navigare tra questi dinamici sviluppi sarà fondamentale per definire il loro ruolo e la loro influenza nella regione Indo-Pacifico nei prossimi anni.

Filippine, frizioni nell’alleanza tra Marcos e Duterte

Le dimissioni dalla Vicepresidente Sara Duterte dal ruolo di Segretaria all’Educazione rilancia la sfida politica tra le due famiglie della politica di Manila

Di Francesco Mattogno

Mentre il mondo guardava al mar Cinese meridionale, la scorsa settimana nella politica filippina è successa una cosa importante: Sara Duterte si è dimessa da segretaria all’Educazione, lasciando così il governo del presidente Ferdinand Marcos Jr. Duterte è la vicepresidente del paese, nonché figlia di Rodrigo Duterte, predecessore di Marcos. Le dinastie politiche nelle Filippine (così come in tutto il Sud-Est asiatico) sono una cosa seria, e quelle dei Marcos e dei Duterte sono due delle famiglie più importanti dello stato. La prima radicata nella provincia di Ilocos Norte, a nord, la seconda a Davao, nel sud.

Sara Duterte e Marcos si sono alleati in vista delle elezioni del maggio 2022 all’interno del cosiddetto “Uniteam”, sostenendosi a vicenda alla ricerca rispettivamente della vicepresidenza e della presidenza del paese. Va precisato che al contrario di quanto accade in altri luoghi, come a Taiwan o negli Stati Uniti, nelle Filippine i candidati presidente e vicepresidente non corrono formalmente insieme. Si tengono due elezioni separate e questo comporta, come è successo più volte nel corso della storia, che un vicepresidente possa anche non far parte della coalizione del presidente. A Marcos e Duterte è andata bene, almeno sulla carta: erano alleati e ognuno ha vinto la sua corsa.

L’elezione di entrambi avrebbe dovuto spianare la strada verso un governo unito, solido, ma fin dal principio si è capito che non sarebbe andata così. I primi scricchiolii nel rapporto tra i due sono arrivati già al momento della nomina della squadra di governo. Duterte voleva il delicato posto di segretaria alla Difesa, ma Marcos le ha concesso solo quello di segretaria all’Educazione. Un ruolo meno rilevante sul piano del potere politico e per cui, tra l’altro, la vicepresidente non era minimamente qualificata.

A maggio del 2023 Duterte ha poi lasciato il Lakas-CMD, il partito guidato dal presidente della camera e cugino di Marcos, Martin Romualdez. La decisione è arrivata a seguito del demansionamento di una delle principali alleate di Duterte (l’ex presidente Gloria Macapagal-Arroyo), e ha rappresentato solo il primo atto della faida con Romualdez. Qualche mese dopo, a seguito di un’indagine parlamentare, lo speaker della camera ha bloccato lo stanziamento dei “fondi riservati” da destinare al dipartimento dell’Educazione, contestando a Duterte il fatto di aver speso 125 milioni di pesos (circa 2 milioni di euro) solamente nei primi 11 giorni del suo mandato. Una cifra imponente e ritenuta ingiustificata.

Con l’arrivo del 2024 i rapporti si sono definitivamente sfaldati. Duterte non ha mai commentato, se non sminuendoli, gli attacchi di suo fratello Sebastian e di suo padre Rodrigo contro Marcos (accusato persino di essere un «tossicodipendente»). Le parti si sono scontrate su varie altre questioni e infine Duterte, dopo aver dichiarato morto l’Uniteam, il 19 giugno si è dimessa sia da segretaria all’Educazione, sia da vicepresidente della task force per il contrasto al conflitto armato di matrice comunista.

Le sue dimissioni sono state accolte positivamente dalle associazioni degli insegnanti, che da due anni lamentavano la totale impreparazione di Duterte. La vicepresidente è stata anche accusata di non aver mai preso in considerazione le richieste dei lavoratori del settore e di aver silenziato i critici con la pratica del “red-tagging” (di cui abbiamo parlato qui). Nonostante questo, secondo un sondaggio di dicembre del 2023 il 57% dei filippini si è detto soddisfatto del suo lavoro di governo. Duterte è un personaggio popolare, con alle spalle una famiglia forte e decine di alleati, sia in politica che nell’esercito. La sua aperta opposizione a Marcos apre a una serie di scenari che potrebbero cambiare radicalmente il futuro del paese.

Come sottolineato da John Ney su Rappler, Duterte ora punterà tutto sulle elezioni del 2028 (alle quali Marcos non si potrà ricandidare, visto il limite di un mandato). Le dimissioni l’hanno liberata dalle responsabilità di governo e questo la aiuterà a far dimenticare ai filippini la sua pessima gestione del settore dell’Educazione, permettendole inoltre di criticare liberamente le politiche di Marcos, specialmente su mar Cinese meridionale e lotta al comunismo (Duterte è contraria ai colloqui di pace con i ribelli).

Se è vero che uscire allo scoperto così presto rappresenta un rischio, si tratta però di un rischio calcolato, almeno in teoria. Duterte si è dimessa a cento giorni dal termine ultimo per la presentazione delle candidature alle elezioni di metà mandato del 2025, che le serviranno per testare il terreno in vista del 2028.

Ci si aspetta un grande riallineamento dei partiti politici del paese, con possibili numerose defezioni dallo schieramento di Marcos, la cui popolarità è in calo dall’anno scorso. C’è già chi parla di Duterte come leader dell’opposizione, anche se il principale partito di minoranza, il Partito Liberale, ha detto chiaramente che i valori della famiglia regina di Davao non corrispondono a quelli di chi contesta l’operato dell’attuale governo. Per ora, comunque, non c’è stato il grande shock politico che ci si poteva attendere. La rottura tra il presidente e la sua vice era nell’aria da tempo e il chiaro intento politico delle sue dimissioni non ha contribuito a scaldare gli animi dei suoi sostenitori.

Quello dello scorso 19 giugno resta però uno sviluppo molto importante. Intanto per il fronte dell’opposizione, che potrebbe sfruttare la spartizione dei voti tra Marcos e Duterte per ottenere più seggi già nel 2025 e rafforzare la propria posizione in vista del 2028. Poi per quelle che potranno essere le conseguenze in politica estera, in particolare nel mar Cinese meridionale. Duterte condivide la posizione più dialogante con la Cina di suo padre ed è probabile che, se eletta, possa indebolire i legami di Difesa con gli Stati Uniti, che Marcos ha invece portato ai massimi storici.

Filippine, cooperazione con USA E Giappone

Joe Biden ospita Fumio Kishida e Ferdinand Marcos Junior per un inedito summit trilaterale. Ecco il significato del rapporto trilaterale per Manila

Di Walter Minutella

Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno costantemente cercato di approfondire i propri rapporti diplomatici e di sicurezza in Asia. In questo contesto, si svolge giovedì 11 aprile un inedito summit trilaterale fra il Presidente statunitense Joe Biden, il Primo Ministro giapponese Fumio Kishida e il Presidente filippino Ferdinand Marcos Junior. Il vertice offre un’occasione unica per analizzare più approfonditamente la natura dei rapporti tra questi tre Paesi e delineare le prospettive future di cooperazione, a partire da quella nel contesto del Mar Cinese Meridionale.

Quest’area si è trasformata in un cruciale teatro geopolitico, con diversi Paesi che rivendicano la sovranità su isole e formazioni rocciose sparse in tutta la regione. La Cina ha avanzato rivendicazioni territoriali decise, militarizzando isole contese e conducendo operazioni marittime sempre più assertive. D’altro canto, anche le conseguenze della guerra in Ucraina hanno portato a un rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza e difesa tra gli Stati Uniti e diversi Paesi della regione.

Giappone e Filippine occupano un ruolo particolare, visto che sono da sempre i pilastri della strategia di sicurezza degli Stati Uniti in Asia-Pacifico. La decisione di organizzare questo summit trilaterale ha radici nella necessità di coordinare le risposte alle sfide nel Mar Cinese Meridionale. 

Oltre alla dimensione geopolitica, la cooperazione economica rappresenta un altro pilastro fondamentale del rapporto trilaterale. Stati Uniti, Giappone e Filippine possono unire le loro forze per favorire la crescita economica attraverso lo sviluppo di infrastrutture, la facilitazione degli scambi commerciali e degli investimenti e la promozione di politiche economiche inclusive. Inoltre, la collaborazione tra questi Paesi può aiutare ad affrontare le nuove sfide emergenti, come la digitalizzazione dell’economia, aprendo nuove opportunità per la crescita e lo sviluppo sostenibile nella regione.

L’innovazione e la tecnologia svolgono un ruolo sempre più significativo nella competitività economica e nella risoluzione delle sfide globali. Stati Uniti, Giappone e Filippine possono collaborare per promuovere lo sviluppo di tecnologie avanzate, garantendo nel contempo la sicurezza delle infrastrutture digitali e l’adozione responsabile delle nuove tecnologie. Attraverso la ricerca congiunta e lo scambio di conoscenze, è possibile affrontare sfide cruciali come il cambiamento climatico e la sicurezza alimentare, contribuendo così alla prosperità e al benessere nella regione.

Il cambiamento climatico e la conservazione dell’ambiente marino sono sfide urgenti che richiedono una risposta globale e coordinata. Stati Uniti, Giappone e Filippine possono unire le forze per promuovere politiche e iniziative volte a mitigare gli effetti del cambiamento climatico, proteggere gli ecosistemi marini e incentivare la sostenibilità ambientale. Questo potrebbe includere la promozione di energie rinnovabili, la gestione responsabile delle risorse ittiche e la conservazione degli ecosistemi marini, contribuendo così a preservare l’ambiente per le future generazioni.

Infine, la sicurezza regionale rimane una priorità essenziale per tutti e tre i Paesi. Stati Uniti, Giappone e Filippine intendono potenziare la loro cooperazione in materia di sicurezza e difesa, attraverso esercitazioni militari congiunte, scambio di intelligence e promozione della sicurezza marittima. Questo può contribuire a rafforzare la deterrenza nella regione, cercando al contempo di preservare il cruciale obiettivo della crescita economica.

Libero scambio UE-Filippine, scambi su fino a 6 miliardi

Lo scorso 18 marzo, l’UE e le Filippine hanno annunciato la ripresa ufficiale dei negoziati, sospesi nel 2017. L’Accordo potrebbe aumentare in modo netto gli scambi bilaterali. Per Bruxelles, l’accordo si inserisce in una strategia politica e commerciale più ampia

Articolo di Sophia Ordoña (European Chamber of Commerce of the Philippines – ECCP), Pierfrancesco Mattiolo, Università di Anversa

In seguito a un incontro a Bruxelles il 18 marzo, il Vicepresidente della Commissione Europea e Commissario al Commercio, Valdis Dombrovskis, insieme al Segretario del Dipartimento del Commercio e dell’Industria delle Filippine, Alfredo Pascual, hanno annunciato la ripresa ufficiale dei negoziati per l’Accordo di Libero Scambio (ALS) tra l’UE e le Filippine. I partner inizieranno ora a preparare il primo round dei nuovi negoziati, previsto nel secondo semestre del 2024. 

L’annuncio non sorprende visto che la volontà di riprendere i negoziati era stata solennemente espressa a livello di leadership nel luglio 2023. La Presidente della Commissione Ursula Von der Leyen, nel corso di una visita ufficiale alle Filippine, aveva manifestato l’interesse del blocco nell’alzare il livello della cooperazione con Manila. Il presidente delle Filippine Ferdinand Marcos Jr. aveva a sua volta espresso il suo appoggio a una rapida conclusione del trattato prima del termine del suo mandato, nel 2028. L’agenda economica di Marcos è orientata verso una decisa apertura del mercato nazionale: dopo aver liberalizzato le telecomunicazioni, i traporti e le energie rinnovabili, la conclusione dell’ALS segnerebbe un ulteriore, deciso, passo in questa direzione. In occasione dell’annuncio, il Vicepresidente Dombrovskis ha osservato che l’accordo commerciale potrebbe aumentare il commercio bilaterale fino a 6 miliardi di euro.

Il potenziale impatto dell’ALS però va ben oltre la sola dimensione dei rapporti commerciali bilaterali. Per l’UE la posta in gioco è anche politica. I negoziati con Manila si inseriscono in due più ampie strategie dell’Unione. Da un lato, Bruxelles vuole rafforzare il proprio ruolo nell’Indo-pacifico, una regione particolarmente delicata per i suoi interessi economici e strategici. La strategia europea conta di riuscire a concludere sia nuovi accordi di cooperazione politica con i Paesi ASEAN, sia nuovi ALS con Filippine, Indonesia e Tailandia, sulla scia di quelli già in vigore con Singapore and Vietnam. L’UE riconosce nelle Filippine un like-minded partner sul piano dei valori democratici, ma anche dello sviluppo sostenibile: i negoziati con Manila saranno meno condizionati da questioni legate alla sostenibilità, come la disputa sull’olio di palma, causa di forti tensioni tra Bruxelles e alcuni altri Paesi ASEAN. Inoltre, nel marzo 2024, l’UE ha ufficialmente avviato uno dei progetti principali del Global Gateway: il Programma per l’Economia Verde nelle Filippine (Green Economy Programme in the Philippines, GEPP). Questa iniziativa promuove l’economia circolare e le energie rinnovabili, sottolineando ulteriormente l’impegno di entrambe le parti nel promuovere la sostenibilità e la transizione verso un’economia verde.

Approfondire i legami con le Filippine – e con altri partner ASEAN – permette all’UE di proseguire nel suo sforzo di de-risking, ossia coltivare i rapporti con nuovi partner commerciali e mitigare i rischi politici ed economici legati al dipendere troppo da Paesi percepiti come ‘rivali’. Un altro quadro concettuale per leggere queste recenti mosse dell’UE è la dottrina dell’autonomia strategica aperta. Bruxelles cerca, anche con la sua politica commerciale, di proteggersi dalle ingerenze esterne, ma anche di far rispettare, sviluppando e impiegando le cosiddette ‘politiche autonome’, gli obblighi assunti dai partner a livello bilaterale e multilaterale, come l’Accordo di Parigi o i trattati OMC.  Allo stesso tempo, l’Europa vuole rimanere aperte alla cooperazione politica ed economica, per quanto possibile.

Per l’amministrazione Marcos concludere il trattato è una priorità. Attualmente il Paese beneficia dello Schema Generale di Preferenze Plus (GSP+), che garantisce maggiore accesso al mercato europeo a 6274 prodotti filippini azzerando i dazi all’ingresso. Questo regime preferenziale è stato esteso fino alla fine del 2027. Si prevede che le Filippine diventeranno un’economia a reddito medio-alto intorno al 2025. Tale “promozione” avvierebbe un periodo di transizione di tre anni, dopo il quale Manila perderebbe i benefici del GSP+. Se concluso prima del 2028, l’ALS sostituirebbe il GSP+ e consentirebbe quindi alle aziende filippine di mantenere l’accesso al mercato europeo senza dazi sui prodotti coperti dal trattato.

Dal punto di vista filippino, i settori che trarrebbero beneficio dall’accordo sono molti, ad esempio l’agricoltura e l’energia. Più nello specifico, l’abbigliamento vedrebbe un aumento degli impiegati tra i 120.000 e i 250.000 e delle esportazioni per 600 milioni di dollari nei primi due anni dall’attuazione dell’accordo. L’arcipelago è anche ricco di materie prime essenziali (ad esempio, nickel, rame e cromite) di importanza cruciale per le tecnologie verdi. Ma anche lo scambio di servizi potrebbe aumentare. Il settore IT filippino vale 50 miliardi di dollari ed è molto dinamico, quindi potrebbe espandere le sue quote di mercato in Europa.

Per le aziende europee, sarebbe conveniente avere maggiore accesso a un Paese è in crescita sotto ogni punto di vista: economico (il PIL è cresciuto del 7,6% nel 2022), demografico e sociale, con una classe media giovane e sempre più numerosa. L’Accordo potrebbe finalmente sbloccare un potenziale economico ancora inespresso: gli scambi bilaterali Bruxelles-Manila sono relativamente bassi quando confrontati a quelli tra Europa e altri Paesi ASEAN e solo il 4% degli investimenti europei nelle economie ASEAN è diretto verso le Filippine. Anche l’Italia ha un forte interesse alla conclusione del trattato. Le relazioni economiche tra Roma e Manila sono solide, nel 2022 valevano 1.24 miliardi di euro, e l’ALS aumenterebbe le opportunità in settori chiave come i macchinari agricoli, le infrastrutture e il tessile. 

I negoziati per l’ALS dovranno anche superare alcuni ostacoli. La tutela dei diritti di proprietà intellettuale è stato uno dei capitoli più delicati dei precedenti round negoziali tra Bruxelles e Manila, ma ora potrebbe essere più facile trovare un punto di incontro, dato che le Filippine non sono più nella watch list sulla proprietà intellettuale della Commissione Europea dal 2019. Il capitolo sulla proprietà intellettuale nel futuro ALS includerebbe, con ogni probabilità, regole più forti sulla tutela delle indicazioni geografiche (DOP, IGP,…) dei prodotti alimentari europei e italiani. Infine, nel corso della sua visita ufficiale Von der Leyen aveva indicato la necessità di un più profondo allineamento tra i due partner in materia di protezione ambientale e dei lavoratori. La Presidente della Commissione, e più recentemente il Vicepresidente Dombrovskis, hanno anche riconosciuto i progressi compiuti dal Paese sulla tutela dei diritti umani, e il dialogo bilaterale in corso mira ad affrontare le questioni ancora irrisolte. Questi ostacoli possono trasformarsi in opportunità se l’ALS riuscirà a includere regole efficaci in queste aree. Un accordo rappresenterebbe non solo una significativa opportunità economica, ma anche politica e sociale per entrambi i partner.

UE-Filippine verso un accordo di libero scambio

Riprendono ufficialmente i colloqui tra il blocco dei 27 e Manila. Ecco su quali basi


Luned’ 18 marzo, l’Unione Europea e le Filippine hanno annunciato ufficialmente la ripresa dei negoziati per un accordo di libero scambio. La Commissione Europea ha parlato di progetto “ambizioso, moderno ed equilibrato, con la sostenibilità al centro”. Aggiungendo che “accordi commerciali come questo sono una pietra miliare della sicurezza economica dell’UE, in quanto aprono nuove opportunità per le imprese e i consumatori, rafforzano le catene di approvvigionamento e promuovono pratiche commerciali sostenibili”. Un accordo di libero scambio con le Filippine, un’economia in espansione di 115 milioni di persone nel cuore della regione indo-pacifica, strategicamente importante, sarebbe un’aggiunta preziosa alla rete di accordi commerciali dell’UE. Il blocco dei 27 e Manila hanno già relazioni commerciali consolidate, con un chiaro potenziale per un rapporto ancora più stretto: secondo i dati ufficiali diffusi da Bruxelles, gli scambi di merci hanno raggiunto un valore di oltre 18,4 miliardi di euro nel 2022, mentre gli scambi di servizi hanno raggiunto un valore di 4,7 miliardi di euro nel 2021. L’UE è anche uno dei maggiori investitori nelle Filippine, con uno stock di investimenti diretti esteri dell’UE nelle Filippine che raggiungerà i 13,7 miliardi di euro nel 2021. Oltre a essere un’economia importante e in crescita, le Filippine possiedono anche importanti riserve di materie prime critiche, tra cui nichel, rame e cromite. “Insieme ai rinnovati sforzi delle Filippine per sfruttare il proprio potenziale di energia rinnovabile e alla recente liberalizzazione per gli investitori stranieri nel settore, le Filippine sono un partner importante nella transizione green”, sottolinea la Commissione Europea. L’UE e le Filippine faranno ora i rispettivi preparativi tecnici per il primo round della ripresa dei negoziati, previsto per la fine dell’anno. L’UE ha già concluso accordi di libero scambio all’avanguardia con due Paesi dell’ASEAN (Singapore e Vietnam), sta negoziando accordi di libero scambio con l’Indonesia e la Thailandia e sta effettuando una valutazione per un ulteriore accordo con la Malesia. Le Filippine godono attualmente di preferenze commerciali nell’ambito del Sistema di preferenze generalizzate + dell’UE, un regime speciale di incentivi per lo sviluppo sostenibile e il buon governo che garantisce l’accesso in esenzione doganale al mercato dell’UE per due terzi delle linee tariffarie.

Negoziati per l’accordo di libero scambio UE-Filippine: una priorità per entrambi

Nel summit bilaterale dello scorso luglio, Von der Leyen e Marcos hanno espresso l’intenzione di concludere un accordo commerciale “il prima possibile”. Manila intende raggiungere l’obiettivo prima del 2028. L’accordo permetterebbe di sbloccare il potenziale ancora inespresso dei rapporti economici tra i due partner.

Articolo di Sophia Ordoña (European Chamber of Commerce of the Philippines – ECCP) e Pierfrancesco Mattiolo 

La Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, nella sua recente e importante visita alle Filippine di fine luglio, ha espresso la volontà di riprendere i negoziati per l’accordo di libero scambio (ALS) tra l’UE e la nazione asiatica. Il presidente delle Filippine Ferdinand Marcos Jr. ha a sua volta espresso il suo appoggio a una rapida conclusione del trattato prima del termine del suo mandato, nel 2028. L’agenda economica di Marcos è orientata verso una decisa apertura del mercato nazionale: dopo aver liberalizzato le telecomunicazioni, i traporti e le energie rinnovabili, la conclusione dell’ALS segnerebbe un ulteriore, deciso, passo in questa direzione. Le Filippine sono un partner strategico per l’Europa e l’Italia. Le relazioni economiche tra Roma e Manila sono solide, nel 2022 valevano 1.24 miliardi di euro, e l’ALS aumenterebbe le opportunità in settori chiave come i macchinari agricoli, le infrastrutture e il tessile. A conferma del cordiale clima di collaborazione tra i due Paesi, lo scorso anno i Ministeri del Turismo italiano e filippino hanno iniziato a lavorare su un accordo di cooperazione turistica.

L’ALS rappresenta un opportunità sia per Bruxelles che per Manila. L’UE riconosce nelle Filippine un like-minded partner sul piano dei valori democratici e dello sviluppo sostenibile, collocato in una regione, l’Indo-Pacifico, particolarmente delicata per gli interessi economici e strategici dell’Unione.  Approfondire i legami con le Filippine – e tutti gli altri partner ASEAN – rientra nella strategia di de-risking adottata dall’UE, ossia coltivare i rapporti con nuovi partner commerciali e mitigare i rischi politici ed economici legati al dipendere troppo da Paesi come la Cina. Per l’amministrazione Marcos, stipulare il trattato prima del 2028 è una priorità non solo sul piano politico, ma anche commerciale. Il Paese infatti, per il momento, gode dello Schema di Preferenze Generalizzate Plus (GSP+) che garantisce a molti prodotti filippini di accedere al mercato europeo senza alcun dazio. Questo regime di favore scadrà a fine 2023. Anche se la Commissione ha proposto di estenderlo fino al 2027, le Filippine sono comunque in procinto di diventare un’economia a reddito medio-alto intorno al 2025. Tale “promozione” farebbe iniziare un periodo di transizione di tre anni, dopo il quale Manila perderebbe i vantaggi del GSP+, dato che questo ha come scopo il supporto dei Paesi con redditi più bassi. Se concluso prima del 2028, l’ALS sostituirebbe il GSP+ e permetterebbe quindi alle aziende filippine di mantenere l’accesso al mercato europeo senza tariffe sui prodotti coperti dal trattato.

Dal punto di vista filippino, i settori che trarrebbero beneficio dall’accordo sono molti, ad esempio l’agricoltura e l’energia. Più nello specifico, l’abbigliamento vedrebbe un aumento degli impiegati tra i 120.000 e i 250.000 e delle esportazioni per 600 milioni di dollari nei primi due anni dall’attuazione dell’accordo. L’arcipelago è anche ricco di materie prime essenziali (ad esempio, nickel, rame e cromite) di importanza cruciale per le tecnologie verdi. Ma anche lo scambio di servizi potrebbe aumentare. Il settore IT filippino vale 50 miliardi di dollari ed è molto dinamico, quindi potrebbe espandere le sue quote di mercato in Europa. Per le aziende europee, sarebbe conveniente avere maggiore accesso a un Paese è in crescita sotto ogni punto di vista: economico (il PIL è cresciuto del 7,6% nel 2022), demografico e sociale, con una classe media giovane e sempre più numerosa. L’accordo potrebbe finalmente sbloccare un potenziale economico ancora inespresso: gli scambi bilaterali Bruxelles-Manila sono relativamente bassi quando confrontati a quelli tra Europa e altri Paesi ASEAN e solo il 4% degli investimenti europei nelle economie ASEAN è diretto verso le Filippine.

I negoziati per l’ALS dovranno anche superare alcuni ostacoli. La tutela dei diritti di proprietà intellettuale è stato uno dei capitoli più delicati dei precedenti round negoziali tra i due partner, ma ora potrebbe essere più facile trovare un punto di incontro, dato che le Filippine non sono più nella watch list sulla proprietà intellettuale della Commissione Europea dal 2019. Il capitolo sulla proprietà intellettuale nel futuro ALS includerebbe, con ogni probabilità, regole più forti sulla tutela delle indicazioni geografiche (DOP, IGP,…) dei prodotti alimentari europei e italiani. Infine, Von der Leyen ha indicato la necessità di un più profondo allineamento tra i due partner in materia di protezione ambientale e dei lavoratori. La Presidente della Commissione ha anche riconosciuto i passi avanti fatti dal Paese in materia di diritti umani e il dialogo bilaterale tuttora in corso intende affrontare le questioni ancora aperte. Tali ostacoli possono divenire opportunità, se l’ALS riuscirà a includere regole efficaci in queste materie. Un accordo rappresenterebbe un’opportunità di crescita non solo economica, ma anche politica e sociale per entrambi i partner. 

UE e Filippine verso il libero scambio

Importante visita a Manila della Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen. Si va verso un accordo di libero scambio

Articolo di Tommaso Magrini

Si è svolta nei giorni scorsi un’importante visita nelle Filippine di Ursula Von der Leyen. La Presidente della Commissione Europea ha incontrato il Presidente Ferdinand Marcos Junior nel palazzo presidenziale di Malacañang. Qui Von der Leyen ha manifestato l’intenzione di dare “un nuovo slancio alle relazioni bilaterali tra Unione europea e Filippine”. In cima all’agenda: commercio, transizione ecologica, innovazione digitale e sicurezza. Sul primo punto i due leader hanno annunciato l’intenzione di perseguire il rilancio dei negoziati per un accordo di libero scambio “ambizioso, moderno ed equilibrato, incentrato sulla sostenibilità”. Piano ambizioso, che segue gli accordi di libero scambio conclusi dall’Unione europea con Singapore e Vietnam negli scorsi anni. A testimonianza del fatto che Bruxelles punta molto sul Sud-Est asiatico, area in grande ascesa che consente anche una diversificazione dei rapporti commerciali e diplomatici nella regione asiatica rispetto alla Cina. “Le Filippine sono per noi un partner fondamentale nella regione indo-pacifica e con l’avvio di questo processo di valutazione stiamo aprendo la strada per portare il nostro partenariato al livello successivo”, ha detto von der Leyen. “Insieme, realizzeremo il pieno potenziale della nostra relazione, creando nuove opportunità per le nostre aziende e i consumatori, sostenendo anche la transizione verde e promuovendo un’economia giusta”. Per la Presidente della Commissione europea, il futuro accordo di libero scambio comprenderà impegni ambiziosi in materia di accesso al mercato, procedure sanitarie e fitosanitarie rapide ed efficaci, nonché la protezione dei diritti di proprietà intellettuale, comprese le indicazioni geografiche”. Al centro però anche il tema della sostenibilità, dossier su cui è già arrivato un annuncio durante la visita. Von der Leyen e Marcos hanno infatti lanciato l’iniziativa Team Europe sulla green economy, che prevede un contributo Ue di 466 milioni di euro per la gestione “verde” dei rifiuti. Il tutto nell’ambito del programma Global Gateway lanciato dalla Commissione europea. Previsto anche il trasferimento di competenze, formazione e tecnologie volte a costruire un modello alternativo di gestione dei rifiuti di plastica. “Le Filippine e l’Ue sono partner affini grazie ai nostri valori condivisi di democrazia, prosperità sostenibile e inclusiva, Stato di diritto, pace e stabilità e diritti umani”, ha detto invece Marcos. “I continui scambi tra me e la presidente von der Leyen, iniziati a Bruxelles l’anno scorso, testimoniano il nostro comune desiderio di portare le nostre relazioni bilaterali a livelli più alti”, ha aggiunto.

Filippine, crescita da record

Manila ha registrato nel 2022 il più rapido aumento del PIL degli ultimi decenni. E la tendenza potrebbe continuare anche nel 2023

Articolo di Geraldine Ramilo

Dopo aver appena registrato la crescita più rapida degli ultimi 40 anni (+7,6%) il Presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. ritiene che l’economia del Paese registrerà la crescita più rapida in Asia nel 2023, con stime intorno al 7%. Tale espansione si deve, come afferma il Presidente stesso, a delle basi solide presenti in tutto il Paese. L’economia filippina è stata infatti stabile tutto lo scorso anno, con una continua espansione del PIL verso gli ultimi mesi del 2022, ed una disoccupazione in continua diminuzione. L’anno passato l’economia è cresciuta a ritmi veloci e inaspettati e la principale fonte di crescita dal lato della domanda è rappresentata dalla spesa per i consumi delle famiglie. Nulla fa escludere alle autorità statistiche di Manila che questa tendenza continuerà anche nel 2023. La rapida crescita registrata negli ultimi mesi è ancora più notevole se inserita nel contesto globale debole e di incertezza che la maggior parte dei aesi si trova ad affrontare. Ma nonostante queste previsioni positive, la crescita delle Filippine non è stata esente da ostacoli. Ad esempio, nei suoi primi sei mesi alla guida del Paese, Marcos ha dovuto affrontare numerose sfide economiche, tra cui la ristrettezza delle finanze pubbliche e l’aumento dei prestiti. In aggiunta, l’impennata dei prezzi dei beni di prima necessità ha portato l’inflazione ai massimi da 14 anni a questa parte. Alle sfide economiche si aggiungono anche sfide nel campo politico e diplomatico. Come tanti altri nel Sud-est asiatico, Marcos ha infatti cercato di bilanciare gli interessi del Paese tra Stati Uniti e Cina, cooperando con quest’ultima a livello economico, a partire dai settori dell’agricoltura e delle infrastrutture. Ha incontrato anche all’inizio del mese il Presidente cinese Xi Jinping, concordando di proseguire i colloqui per l’esplorazione energetica del Mar Cinese Meridionale. Nonostante alcune problematiche, compresa l’inflazione dei prodotti alimentari alla quale Marcos intende rispondere con un aumento delle importazioni, Manila sembra destinata però ad accelerare significativamente la sua crescita.

Acqua bene comune? La privatizzazione a Giacarta e Manila

Per rimediare ai problemi dei sistemi idrici delle due capitali, negli anni novanta le municipalità hanno scelto di concedere la gestione a società private. Nonostante le premesse simili, però, l’esperimento delle due città non si è svolto allo stesso modo

La privatizzazione del servizio pubblico dell’acqua nelle due megalopoli del Sud Est Asiatico risale agli anni ’90 del secolo scorso. In quel periodo, istituzioni di peso come la Banca Mondiale e molti economisti avevano riposto grandi speranze nel ruolo che il libero mercato avrebbe potuto giocare nei paesi in via di sviluppo, e in settori strategici come l’acqua era opinione prevalente che la privatizzazione fosse la strada giusta da percorrere. Ed è stato così che molte aziende di servizi pubblici sono state completamente o parzialmente privatizzate, spesso con il sostegno degli Stati Uniti o di istituzioni multilaterali di sviluppo. 

Fino a quel momento, i sistemi idrici di Giacarta e Manila erano affidati alle rispettive municipalità e versavano in condizioni molto precarie, con un tasso di utenza tra la popolazione molto basso. Il sistema di acquedotti di Giacarta era stato originariamente costruito dagli olandesi all’epoca del loro dominio nel Paese e, ovviamente, non ha tenuto il passo con la rapida crescita dell’area metropolitana, che oggi conta 11 milioni di abitanti. Il sistema idrico e fognario di Manila è ancora più vecchio di quello di Giacarta, creato nel 1878 dai colonialisti spagnoli e progettato per una città di 300.000 abitanti, che invece oggi ne conta più di 14 milioni.

Gli schemi di privatizzazione dei sistemi idrici delle due città, inizialmente, erano molto simili. In entrambe le città infatti, l’area metropolitana era stata divisa in due settori assegnati a società differenti, ed in entrambi i casi la concessione prevedeva una durata iniziale di 25 anni. Furono coinvolte le più grandi aziende idriche internazionali per offrire assistenza tecnica e schemi di finanziamento alle agenzie governative indonesiane e filippine a sostegno dei programmi di privatizzazione, mentre la fornitura di servizi fu assegnata a grossi conglomerati internazionali assieme a gruppi locali di rilievo e politicamente ben collegati, elemento essenziale per ottenere i contratti di privatizzazione. 

La privatizzazione dell’acqua a Manila iniziò quando l’allora presidente delle Filippine, Fidel Ramos, per combattere la crisi idrica che stava colpendo la capitale bandì una gara d’appalto che fu vinta da due società: Maynilad Water Services a Manila Ovest e Manila Water a Manila Est. Nonostante alcune difficoltà iniziali, aggravate dalla crisi finanziaria che aveva colpito l’Asia in quegli anni, le due società hanno raggiunto ad oggi più del 94% di copertura del servizio nella città rispetto al 58% prima della privatizzazione, e le dispersioni idriche sono state ricondotte al 27% rispetto al 67% circa pre-privatizzazione. Per questi motivi, la privatizzazione dell’acqua nelle Filippine è considerata da molti uno dei partenariati pubblico-privati di maggior successo al mondo.

Diversamente è stato, ahimè, per la capitale indonesiana. Qui l’allora presidente Suharto, cercando di rimediare alla scarsa efficienza del sistema di erogazione pubblico dell’acqua a Giacarta, che non consentiva un equo accesso all’acqua per tutti i cittadini, concesse la gestione della rete idrica a due società straniere senza alcuna gara d’appalto. Si trattava della francese Suez Environment, che insieme al gruppo Salim (di proprietà di un magnate fedelissimo al presidente), aveva costituito la PT PAM Lyonnaise Jaya (Palyja). L’altra società, invece, PT Aetra Air Jakarta, era costituita dalla britannica Thames Water assieme al figlio di Suharto. Nei 25 anni di concessione, le due società hanno subito numerose modifiche societarie e cessioni di quote, e hanno fatto ben pochi progressi nell’espansione della copertura del servizio, come anche nell’aumento dell’efficienza ma soprattutto nell’equità in termini di accesso all’acqua tra i diversi strati della popolazione. Secondo il Jakarta Post, dopo quasi due decenni la copertura ha raggiunto solo il 59% degli abitanti della città, nonostante le tariffe medie dell’acqua siano piuttosto simili a quelle di Manila. Nel 2017 dunque, le due società idriche sono state citate in giudizio per il mancato rispetto dei loro obblighi contrattuali e il tribunale si è pronunciato contro di loro, minacciando la fine dell’esperimento di privatizzazione dell’acqua a Giacarta. Tuttavia, è molto probabile che si proseguirà lungo la strada della privatizzazione, mantenendo le due concessioni, seppur riformulando i termini. 

Resta da vedere, però, se la capitale indonesiana riuscirà, seppur con un po’ di ritardo, a replicare l’esempio di successo del modello filippino.

Filippine: nuovo Marcos, vecchia diplomazia

Il figlio dell’ex dittatore di Manila ha dichiarato di essere a favore di una “politica estera indipendente”, usando un’espressione coniata da Duterte, traducibile in un’ambiguità strategica dalle sfumature filo-cinesi

Articolo di Lucia Gragnani

Si è conclusa l’era di Rodrigo Duterte alla presidenza delle Filippine. Dopo sei anni, caratterizzati dalla lotta alla droga sul piano domestico e da una politica ambigua a livello internazionale, l’ex-presidente si è ritirato ufficialmente dalla vita politica. Con le elezioni di maggio 2022, gli è subentrato Ferdinand Marcos Jr. detto Bongbong. Nonostante la storia truce della famiglia Marcos, segnata da 14 anni di dittatura militare a guida del padre Ferdinand Marcos, Bongbong è riuscito a portare a casa una vittoria senza precedenti dai tempi della fine della dittatura. 

I 90 giorni di campagna elettorale, caratterizzati da uno sforzo di stampo orwelliano per riabilitare l’immagine della famiglia Marcos, hanno dato i loro frutti. Con Sara Duterte alla vicepresidenza, le elezioni del 2022 si sono confermate una vittoria per le dinastie politiche filippine e un autogol per la democrazia di Manila.

Durante la sua campagna elettorale, Duterte aveva dichiarato prioritarie le questioni del Mar Cinese Meridionale, mettendole a dettare i rapporti con la Cina. In realtà, i rapporti tra Filippine e Cina si sono sviluppati in modo relativamente positivo, con Manila rivolgendo lo sguardo strategico più verso Pechino e meno verso Washington nei primi anni di presidenza.

La politica estera del neoeletto Marcos si presenta della stessa matrice. Anche lui ha infatti dichiarato di essere a favore di una “politica estera indipendente”, usando un’espressione coniata da Duterte, traducibile in un’ambiguità strategica dalle sfumature filo-pechinesi. In campagna elettorale, Bongbong ha annunciato di voler intensificare i rapporti bilaterali con la Cina, e di voler negoziare un accordo per superare le dispute nel Mar Cinese Meridionale, in stallo dall’arbitrato del 2016. 

Il tribunale, interpellato nel 2013 dalle Filippine contro la Cina al tribunale della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), aveva dichiarato le rivendicazioni storiche di Pechino come illecite, e denunciato il comportamento belligerante della Cina nel Mar Cinese Meridionale. Il risultato, visto dalle Filippine come una vittoria, era stato prontamente rifiutato dalla controparte.

Le controversie riguardanti la sovranità sulle formazioni del Mar Cinese Meridionale rimangono l’ostacolo principale nei rapporti tra Manila e Pechino, e hanno contribuito a rendere Duterte più amichevole nei confronti di Washington durante gli ultimi anni di presidenza. Tra i paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN) che rivendicano le acque e le isole di questo bacino marittimo, le Filippine e il Vietnam sono i più esposti al confronto con la Cina.

Ad aprile Manila e Washington hanno condotto l’esercitazione militare più massiccia degli ultimi sette anni. Il Balikatan, in tagalog “spalla a spalla”, ha mobilitato circa 9 mila membri tra personale militare filippino e americano nell’area di Luzon. Oltre agli Stati Uniti, un altro partner strategico è l’India, paese rivale di Pechino, con cui le Filippine hanno tenuto esercitazioni navali nel Mar Cinese Meridionale nel 2021.

Per attenuare le tensioni tra ASEAN e Pechino, il 2022 dovrebbe vedere la firma dell’atteso Codice di condotta per il Mar Cinese Meridionale. Il documento ha lo scopo di ridurre le probabilità di conflitto tra le parti, creando una linea guida per il comportamento degli stati nelle acque contese. Tra le conseguenze, avrebbe anche il facilitare l’esclusione dei paesi terzi dal dibattito, principalmente Stati Uniti e India.

L’impegno di Washington nell’Indo-Pacifico, intensificatosi negli ultimi mesi, getta dubbi sul rispetto della scadenza del 2022. La presenza delle Filippine (e di altri paesi ASEAN) all’interno dell’Indo-Pacific Economic Framework (IPEF) riduce la probabilità che il codice di condotta venga reso giuridicamente vincolante, e contribuisce a rendere la politica estera di Marcos ulteriormente ambivalente. 

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