Le dimissioni dalla Vicepresidente Sara Duterte dal ruolo di Segretaria all’Educazione rilancia la sfida politica tra le due famiglie della politica di Manila
Di Francesco Mattogno
Mentre il mondo guardava al mar Cinese meridionale, la scorsa settimana nella politica filippina è successa una cosa importante: Sara Duterte si è dimessa da segretaria all’Educazione, lasciando così il governo del presidente Ferdinand Marcos Jr. Duterte è la vicepresidente del paese, nonché figlia di Rodrigo Duterte, predecessore di Marcos. Le dinastie politiche nelle Filippine (così come in tutto il Sud-Est asiatico) sono una cosa seria, e quelle dei Marcos e dei Duterte sono due delle famiglie più importanti dello stato. La prima radicata nella provincia di Ilocos Norte, a nord, la seconda a Davao, nel sud.
Sara Duterte e Marcos si sono alleati in vista delle elezioni del maggio 2022 all’interno del cosiddetto “Uniteam”, sostenendosi a vicenda alla ricerca rispettivamente della vicepresidenza e della presidenza del paese. Va precisato che al contrario di quanto accade in altri luoghi, come a Taiwan o negli Stati Uniti, nelle Filippine i candidati presidente e vicepresidente non corrono formalmente insieme. Si tengono due elezioni separate e questo comporta, come è successo più volte nel corso della storia, che un vicepresidente possa anche non far parte della coalizione del presidente. A Marcos e Duterte è andata bene, almeno sulla carta: erano alleati e ognuno ha vinto la sua corsa.
L’elezione di entrambi avrebbe dovuto spianare la strada verso un governo unito, solido, ma fin dal principio si è capito che non sarebbe andata così. I primi scricchiolii nel rapporto tra i due sono arrivati già al momento della nomina della squadra di governo. Duterte voleva il delicato posto di segretaria alla Difesa, ma Marcos le ha concesso solo quello di segretaria all’Educazione. Un ruolo meno rilevante sul piano del potere politico e per cui, tra l’altro, la vicepresidente non era minimamente qualificata.
A maggio del 2023 Duterte ha poi lasciato il Lakas-CMD, il partito guidato dal presidente della camera e cugino di Marcos, Martin Romualdez. La decisione è arrivata a seguito del demansionamento di una delle principali alleate di Duterte (l’ex presidente Gloria Macapagal-Arroyo), e ha rappresentato solo il primo atto della faida con Romualdez. Qualche mese dopo, a seguito di un’indagine parlamentare, lo speaker della camera ha bloccato lo stanziamento dei “fondi riservati” da destinare al dipartimento dell’Educazione, contestando a Duterte il fatto di aver speso 125 milioni di pesos (circa 2 milioni di euro) solamente nei primi 11 giorni del suo mandato. Una cifra imponente e ritenuta ingiustificata.
Con l’arrivo del 2024 i rapporti si sono definitivamente sfaldati. Duterte non ha mai commentato, se non sminuendoli, gli attacchi di suo fratello Sebastian e di suo padre Rodrigo contro Marcos (accusato persino di essere un «tossicodipendente»). Le parti si sono scontrate su varie altre questioni e infine Duterte, dopo aver dichiarato morto l’Uniteam, il 19 giugno si è dimessa sia da segretaria all’Educazione, sia da vicepresidente della task force per il contrasto al conflitto armato di matrice comunista.
Le sue dimissioni sono state accolte positivamente dalle associazioni degli insegnanti, che da due anni lamentavano la totale impreparazione di Duterte. La vicepresidente è stata anche accusata di non aver mai preso in considerazione le richieste dei lavoratori del settore e di aver silenziato i critici con la pratica del “red-tagging” (di cui abbiamo parlato qui). Nonostante questo, secondo un sondaggio di dicembre del 2023 il 57% dei filippini si è detto soddisfatto del suo lavoro di governo. Duterte è un personaggio popolare, con alle spalle una famiglia forte e decine di alleati, sia in politica che nell’esercito. La sua aperta opposizione a Marcos apre a una serie di scenari che potrebbero cambiare radicalmente il futuro del paese.
Come sottolineato da John Ney su Rappler, Duterte ora punterà tutto sulle elezioni del 2028 (alle quali Marcos non si potrà ricandidare, visto il limite di un mandato). Le dimissioni l’hanno liberata dalle responsabilità di governo e questo la aiuterà a far dimenticare ai filippini la sua pessima gestione del settore dell’Educazione, permettendole inoltre di criticare liberamente le politiche di Marcos, specialmente su mar Cinese meridionale e lotta al comunismo (Duterte è contraria ai colloqui di pace con i ribelli).
Se è vero che uscire allo scoperto così presto rappresenta un rischio, si tratta però di un rischio calcolato, almeno in teoria. Duterte si è dimessa a cento giorni dal termine ultimo per la presentazione delle candidature alle elezioni di metà mandato del 2025, che le serviranno per testare il terreno in vista del 2028.
Ci si aspetta un grande riallineamento dei partiti politici del paese, con possibili numerose defezioni dallo schieramento di Marcos, la cui popolarità è in calo dall’anno scorso. C’è già chi parla di Duterte come leader dell’opposizione, anche se il principale partito di minoranza, il Partito Liberale, ha detto chiaramente che i valori della famiglia regina di Davao non corrispondono a quelli di chi contesta l’operato dell’attuale governo. Per ora, comunque, non c’è stato il grande shock politico che ci si poteva attendere. La rottura tra il presidente e la sua vice era nell’aria da tempo e il chiaro intento politico delle sue dimissioni non ha contribuito a scaldare gli animi dei suoi sostenitori.
Quello dello scorso 19 giugno resta però uno sviluppo molto importante. Intanto per il fronte dell’opposizione, che potrebbe sfruttare la spartizione dei voti tra Marcos e Duterte per ottenere più seggi già nel 2025 e rafforzare la propria posizione in vista del 2028. Poi per quelle che potranno essere le conseguenze in politica estera, in particolare nel mar Cinese meridionale. Duterte condivide la posizione più dialogante con la Cina di suo padre ed è probabile che, se eletta, possa indebolire i legami di Difesa con gli Stati Uniti, che Marcos ha invece portato ai massimi storici.