Cambogia

L’Occidente apre a Hun Manet

I rapporti tra i Paesi europei e il nuovo Premier cambogiano iniziano col piede giusto

Di Tommaso Magrini

Diventato premier della Cambogia la scorsa estate, Hun Manet sta ampliando la sua presenza sulla scena internazionale. Il figlio dell’ex premier Hun Sen è stato di recente a Davos per il World Economic Forum e si è poi recato in Francia, dove ha incontrato il Presidente Emmanuel Macron. Il viaggio a Parigi è stato visto come un successo per Manet, che è tornato con 235 milioni di dollari in accordi di sviluppo con la Francia per costruire infrastrutture energetiche e di acqua potabile e sostenere la formazione professionale in Cambogia e l’impegno a lavorare per un “partnership strategica”. Il viaggio ha inoltre evidenziato come, a vari livelli, i Paesi occidentali abbiano visto l’amministrazione di Manet, salita al potere ad agosto, come un’opportunità per migliorare le relazioni dopo quasi quattro decenni di governo del padre. I cambiamenti di tono post-elettorali non si sono limitati alla Francia. Gli Stati Uniti avevano inizialmente “sospeso” un pacchetto di aiuti da 18 milioni di dollari dopo le elezioni, che un funzionario del Dipartimento di Stato descrisse come “né libere né giuste”. Ma la decisione di sospendere gli aiuti è stata revocata due mesi dopo per “incoraggiare il nuovo governo a tener fede alle sue intenzioni dichiarate di essere più aperto e democratico”. Al forum economico di Davos, la direttrice dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale, Samantha Power, ha postato sui social una foto con Manet affermando che hanno discusso “dell’importanza della protezione dell’ambiente, della società civile e della lotta alla corruzione”. Manet, che ha studiato in Occidente e ha un dottorato in economia, è visto come un vero miglioramento rispetto a Hun Sen, sostengono fonti diplomatiche citate da Nikkei Asia. Certo, non mancano i punti critici ma per ora in molti sembrano disposti a sperare in un progressivo cambio di passo col nuovo leader.

Cambogia, Hun Manet è il nuovo leader

Hun Sen ha lasciato il posto di Primo Ministro al figlio dopo le elezioni del 23 luglio. Ma i due hanno percorsi diversi

Di Tommaso Magrini

Come previsto dopo le elezioni del 23 luglio, il Premier cambogiano Hun Sen ha lasciato il posto al figlio Hun Manet, la cui conferma a premier è arrivata col voto dell’Assemblea nazionale martedì 22 agosto. Ma chi è Hun Manet? Si tratta del maggiore dei cinque figli di Hun Sen, nato nel 1977 nella Cambogia rurale. Suo padre disse che il figlio era nato da uno spirito emerso da un albero di banyan in un lampo di luce. Hun Manet è sposato con Pich Chanmony, figlia di un importante politico cambogiano, e ha tre figli. A differenza del padre, che non ha avuto un’istruzione formale, Hun Manet ha goduto di un’educazione privilegiata, grazie alla quale ha conseguito un master alla New York University e un dottorato all’Università britannica di Bristol, entrambi in economia. Diplomato all’accademia militare di West Point negli Stati Uniti, il neo Premier ha scalato rapidamente i ranghi delle forze armate cambogiane, guidando una squadra antiterrorismo e ricoprendo il ruolo di vice capo dell’unità di guardia del corpo del padre, nonché di capo dell’esercito e vice comandante militare. Sul fronte politico, ha guidato l’ala giovanile del Partito Popolare Cambogiano (CPP) ed è stato membro del suo comitato permanente. I vicini asiatici e i Paesi occidentali osserveranno con attenzione per capire se Hun Manet manterrà lo status quo o perseguirà una maggiore liberalizzazione, che in realtà sul fronte economico è già stata avviata dal padre. All’inizio di agosto, il Presidente del Consiglio d’affari USA-ASEAN ha dichiarato alla Reuters che l’organismo spera di ospitare presto Hun Manet a New York. Nelle sue prime dichiarazioni dopo essere diventato premier, Hun Manet ha promesso di migliorare l’economia, lo stato di diritto e la giustizia sociale, oltre a sviluppare le risorse umane e le infrastrutture, combattere il cambiamento climatico e aumentare i salari degli operai e dei dipendenti pubblici.

Cambogia, Hun Sen vince ancora le elezioni

Il Partito popolare cambogiano (CPP) del Premier ha dominato le elezioni di domenica 23 luglio, ottenendo oltre l’82% dei voti

Di Tommaso Magrini

Come ampiamente previsto, il Partito popolare cambogiano (CPP) del Primo Ministro Hun Sen ha dominato le elezioni in Cambogia di domenica 23 luglio, ottenendo oltre l’82% dei voti. Di fatto, il Partito popolare cambogiano non aveva rivali. L’unica credibile forza di opposizione, il Candlelight Party, non si è potuta presentare alle elezioni per questioni tecnico-burocratiche, e gli altri 17 partiti in lizza erano troppo deboli per poter impensierire il Primo Ministro, al potere dal 1985 con una breve interruzione dopo le elezioni del 1993. Il partito di Hun Sen ha conquistato 120 dei 125 seggi dell’Assemblea Nazionale. Il monarchico Funcinpec ha ottenuto il 9,2% dei voti vincendo i 5 restanti seggi. Secondo i dati ufficiali, ha votato circa l’84% degli aventi diritto (8,1 milioni di cambogiani su 9,7 milioni di elettori) e il 5,7% delle schede è risultata nulla (432.000 voti non validi). Il governo ha promesso azioni legali contro chi ha rovinato le schede elettorali, una forma di protesta alla quale avevano chiesto di aderire gli esponenti dell’opposizione al CPP. Già durante le fasi di spoglio ci sono stati alcuni arresti. Dopo mesi di speculazioni, poco prima del voto Hun Sen ha dichiarato che avrebbe lasciato il ruolo di premier a suo figlio Hun Manet “entro tre o quattro settimane”. Hun Manet, comandante dell’esercito cambogiano, si è candidato per la prima volta in questa tornata elettorale in uno dei seggi della capitale Phnom Penh, che ha conquistato senza problemi. Con tutta probabilità, comunque, Hun Sen resterà presidente del CPP, ruolo dal quale dovrebbe riuscire a mantenere il controllo sull’indirizzo politico del governo. Gli analisti si aspettavano una transizione più lunga, ma Hun Sen sembrerebbe voler accelerare per presiedere l’ascesa del figlio quando è ancora in forza e con una presa ben salda su partito e Paese, al quale dopo la travagliata storia del secolo scorso ha saputo garantire stabilità e crescita economica.

Il peculiare approccio dell’UE sulla Cambogia

Sotto il regime preferenziale EBA (Everything But Arms), l’UE azzera i suoi dazi per i Paesi in via di sviluppo che si impegnano nella promozione dei diritti umani e politici. Ma Bruxelles ha spesso soprasseduto in modo pragmatico, anche col Myanmar. La Cambogia, che si appresta alle elezioni del 23 luglio, è un’eccezione.

Il 12 febbraio 2020, la Commissione Europea ha sospeso parzialmente il regime commerciale EBA (Everything But Arms, “Tutto tranne le armi”) accordato alla Cambogia a causa delle violazioni dei diritti civili e politici da parte del Paese guidato da Hun Sen. La scelta di Bruxelles non ha praticamente precedenti e, ad oggi, la Cambogia è l’unico Paese al mondo colpito da tale provvedimento. Persino il Myanmar post-golpe gode ancora dell’EBA, nonostante molti osservatori e ONG chiedano alla Commissione di intervenire in modo simile contro il regime del Tatmadaw. La revoca dell’EBA è ancora in vigore e la scelta europea rivela che le relazioni, politiche e commerciali, tra il blocco e il Paese asiatico non godono di buona salute. Ma, nel complesso scacchiere del Sud-Est asiatico, Bruxelles e Phnom Penh devono osservare le mosse degli altri giocatori e mantenere un approccio pragmatico, se non vogliono finire in un angolo.

Per capire la portata della misura della Commissione, occorre prima conoscere le caratteristiche di questo strumento di politica commerciale. L’EBA è uno dei tre regimi del GSP (Generalised Scheme of Preference, in italiano Sistema di Preferenze Generalizzate), nonché il più vantaggioso. Gli altri due sono il GSP “semplice” e il GSP+. I regimi GSP concedono ai paesi in via di sviluppo maggiore accesso al mercato UE, riducendo in modo consistente i dazi su merci esportate verso l’Unione. L’EBA permette ai suoi beneficiari di esportare in UE senza quote e dazi quasi tutti i prodotti, “eccetto le armi”. Il Sistema ha due obiettivi: da un lato, stimolare lo sviluppo economico dei partner; dall’altro, promuovere in questi Paesi il rispetto dei diritti. Diritti in senso ampio: umani, politici, sindacali e anche ambientali. Questa seconda finalità si realizza attraverso un meccanismo di “condizionalità”: uno Stato può accedere al GSP+ o all’EBA se si impegna a ratificare e attuare concretamente una serie di convenzioni internazionali; ad esempio quelle ONU sui diritti umani e l’ambiente, o quelle dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL/ILO) sulle condizioni di lavoro e la libertà sindacale. Se il partner non si impegna in questo senso o, addirittura, si muove in senso contrario, l’UE può sospendere il regime di preferenze, portando a un immediato aumento dei dazi sulle merci che provengono da quel Paese.

Prima della Cambogia, l’UE aveva revocato un paio di volte il regime GSP e GSP+ tra 1997 e 2010, ma mai l’EBA. La scelta di Bruxelles è arrivata in risposta alla durissima repressione dell’opposizione da parte del regime di Hun Sen, particolarmente intensa a partire dal 2017. Dopo lo scioglimento per via giudiziaria del principale partito d’opposizione, il Partito della Salvezza Nazionale della Cambogia, nel 2017, tutti i suoi membri sono stati prima espulsi da ogni livello delle istituzioni cambogiane e poi arrestati, costretti all’esilio e, in alcuni casi, persino assassinati in circostanze poco chiare. Prima di prendere tale drastica decisione, Bruxelles aveva indicato a Phnom Penh alcune misure urgenti da attuare per tutelare l’opposizione, ricevendo un secco rifiuto dal Governo cambogiano. Hun Sen aveva risposto beffardo a Bruxelles, minimizzando l’importanza del supporto europeo e confondendo se stesso con l’intero Paese: “Non provate a spaventarmi. Non minacciatemi. Non minacciate la Cambogia tagliando gli aiuti allo sviluppo”.

In effetti, i rapporti commerciali tra UE e Cambogia, anche se buoni, hanno un’importanza relativa per entrambe le parti. Cina (23.4% degli scambi), Stati Uniti (15.5%), Giappone e il resto dell’ASEAN sono partner più stretti di Phnom Penh, con l’UE che complessivamente si piazza al quinto posto (9%). Ciononostante, il tono sprezzante e l’affettata sicurezza di Hun Sen stridono con l’importanza che l’UE ha per lo sviluppo del Paese e l’effettiva preoccupazione degli apparati cambogiani rispetto alla revoca dell’EBA. Nei mesi precedenti alla decisione, sia i rappresentanti cambogiani sia le lobby dei gruppi industriali più presenti nel Paese (in particolare, le aziende dello sportswear e delle biciclette) si erano dati da fare per provare a dissuadere la Commissione. E anche tra gli apparati europei c’erano prospettive differenti sulla linea da prendere. Infatti, sul piano commerciale, l’EBA liberalizza il commercio internazionale “a senso unico”, ossia favorisce l’export dalla Cambogia verso l’UE, ma non viceversa. Alcune aziende europee però ne traggono beneficio. Stabilire la produzione in Cambogia portava a un doppio risparmio: manodopera a basso costo e nessun dazio. La sospensione dell’EBA spinge perciò tali aziende a investire altrove. Non tanto per dissenso verso le politiche di Hun Sen, ma, più prosaicamente, per mantenere “efficienti le catene di approvvigionamento globali”.

Sul piano più squisitamente politico, la situazione si complica ulteriormente. Bruxelles deve tenere insieme due esigenze contrapposte. Da un lato, mantenere la credibilità del GSP e, più in generale, della sua politica commerciale orientata allo sviluppo sostenibile. Ignorare gli allarmanti sviluppi in Cambogia e continuare business as usual potrebbe sembrare ipocrita… Anche se, forse, l’UE dovrebbe prendere provvedimenti simili anche verso altri Paesi per rimanere coerente. Limitandosi al GSP, ci sono molti casi di violazioni dei diritti umani, ma tutti i Paesi “controversi” hanno beneficiato di una certa flessibilità da parte europea. Tutti tranne la Cambogia. Dall’altro lato, tagliare i legami commerciali e rendere esplicita una dura condanna politica potrebbe non avere l’effetto desiderato di promuovere i valori democratici nel Paese, ma, al contrario, potrebbe spingerlo verso altri partner “meno esigenti” che forniscono aiuti senza condizionalità. Anche su questo, Hun Sen è stato abbastanza diretto: “La Cina non mi ha mai dato preoccupazioni e non ha mai minacciato né ordinato di fare qualcosa alla Cambogia. Anche gli altri partner non dovrebbero minacciare la Cambogia”.

Anche queste parole nascondono le reali preoccupazioni della leadership cambogiana. Per Phnom Penh dipendere troppo dall’ingombrante vicino potrebbe diventare un problema, quindi è meglio seguire una sorta di “politica dei due forni”: approfittare degli aiuti (per ora) senza condizioni della Cina, ma cooperare anche con Stati Uniti e i loro alleati, in modo da “diversificare” le fonti di sostegno economico e legittimazione politica. In questo senso, è interessante osservare la postura cambogiana riguardo alla guerra russo-ucraina, nettamente pro-Kyiv. Questo riavvicinamento a Washington potrebbe spingere i Paesi liberal-democratici a chiudere un occhio sulle violazioni dei diritti umani e politici in nome della realpolitik. Il pragmatismo potrebbe anche aiutare a riavviare un dialogo tra UE e Cambogia. Per il momento, Bruxelles mantiene la linea dura, ma potrebbe riconciliarsi con il Paese asiatico in futuro. Forse non in nome dei diritti, ma del pragmatismo.

Cambogia e Myanmar nuovi hub manifatturieri nel Sud-Est asiatico

Alcune pressioni esogene su Pechino hanno favorito la delocalizzazione degli impianti produttivi del manifatturiero dalla Cina al Sud-Est asiatico. I primi beneficiari di questa transizione oltre al Vietnam sono Cambogia e Myanmar

Le catene globali del valore nel settore manifatturiero spostano il loro baricentro produttivo dalla Cina al Sud-Est asiatico. Si tratta di uno di quei fenomeni che il diffondersi della pandemia ha accelerato, innescato dall’aumento del costo della manodopera cinese e poi confermato da fattori esogeni come la guerra commerciale tra Washington e Pechino degli ultimi anni. L’esodo del settore manifatturiero sembra premiare così alcuni paesi del vicinato meridionale: anche se il Vietnam è sempre stato una destinazione popolare per gli ordini di esportazione dalla Cina, ora sono Cambogia e Myanmar i contendenti del ruolo di hub manifatturiero in Asia orientale. 

La dinamica di delocalizzazione intraregionale era stata inaugurata dall’aumento del costo del lavoro in Cina, che aveva spinto diverse aziende dei settori manifatturiero e tessile a esplorare altri mercati della regione. Date le restrizioni causate dalla pandemia da Covid-19, ad esempio, Apple, Samsung e Xiaomi hanno recentemente spostato le loro linee di assemblaggio in Vietnam, mentre Pechino era alle prese con le nuove varianti del virus. Hanoi ha offerto a quelle multinazionali che un tempo avevano costruito gli stabilimenti produttivi in Cina nell’ottica minimizzare i costi e massimizzare i profitti un accesso agevolato al promettente mercato del Sud-Est asiatico, che ha ereditato dal vicino settentrionale il ruolo di nuova frontiera della globalizzazione. 

Ma oltre al Vietnam, da tempo considerato la locomotiva del Sud-Est asiatico, altri paesi del blocco ASEAN si contendono la funzione di hub produttivi regionali. Secondo Wang Huanan, un esperto del settore manifatturiero, “il Vietnam è stata una destinazione molto popolare (…) ma Myanmar e Cambogia stanno recuperando terreno negli ultimi anni”. Naypyidaw e Pnom Penh hanno infatti implementato oculate strategie di politica economica per attirare quanti più investimenti diretti esteri possibile, e incentivare così la propria crescita interna. Tra esenzioni fiscali e incentivi politici, si sono resi appetibili agli occhi delle multinazionali con sede in Asia orientale, alla ricerca di nuove opportunità di profitto nei mercati emergenti del Sud-Est. 

In Cambogia, il volume totale degli scambi commerciali ha raggiunto i 22,47 miliardi di dollari nei primi cinque mesi del 2022, con un aumento del 19,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le esportazioni totali hanno visto un aumento del 34,5% su base annua, mentre i beni più esportati sono stati gli indumenti, gli articoli in pelle e le calzature. D’altra parte, il Myanmar è una destinazione molto popolare per le fabbriche di abbigliamento cinesi. Il numero di queste aziende, secondo gli esperti, è passato da meno di 100 nel 2012 a più di 500 nel 2019. Tra il 2012 e il 2019, la crescita media annua delle esportazioni di abbigliamento del Myanmar ha superato il 18% e in alcuni anni ha superato il 50%. Lo sviluppo del settore è stato rallentato solo dalla pandemia nel 2020 e dal golpe militare dello scorso anno. 

Mentre l’economia cinese si riprende dalle restrizioni della severa politica “Zero Covid”, le multinazionali che avevano beneficiato del basso costo della manodopera cinese guardano ora al vicinato meridionale alla ricerca di nuove opportunità di profitto. Tra i mercati emergenti del blocco ASEAN, il Vietnam guida la crescita regionale. Ma occorre tenere d’occhio l’incipiente sviluppo di Cambogia e Myanmar, tra i maggiori beneficiari dell’esodo manifatturiero cinese.

Aumentano le opportunità di business in Cambogia

Phnom Penh sta acquisendo un ruolo centrale all’interno delle catene di approvvigionamento. E apre sempre più agli investimenti internazionali

Editoriale a cura di Lorenzo Lamperti

Il 2022 sta portando la Cambogia sempre più sul palcoscenico globale. Sia a livello politico, con la presidenza di turno dell’ASEAN fino al prossimo 31 dicembre, sia dal punto di vista economico. Nei primi cinque mesi dell’anno in Cambogia sono state aperti nuovi stabilimenti industriali a un ritmo molto più alto rispetto all’anno precedente. Le nuove fabbriche hanno già generato posti di lavoro per circa 57 mila cambogiani. Si tratta di un chiaro segnale di fiducia degli investitori. A favore di Phnom Penh ha giocato una gestione efficace della pandemia di Covid-19, che è valsa tra l’altro anche l’encomio dell’EU-ASEAN Business Council. Ma un ruolo importante lo stanno avendo le misure messe in atto dal governo locale per incentivare il business internazionale. Con la nuova legge sugli investimenti promulgata il 15 ottobre 2021, gli investitori stranieri ricevono gli stessi diritti degli investitori nazionali, ad eccezione della proprietà del terreno. Inoltre, gli investimenti sono aperti in tutti i settori e  non ci sono restrizioni sul rimpatrio di capitali. Il momento è positivo anche per l’interscambio commerciale. Tra gennaio e aprile, la Cambogia ha esportato beni per un valore di 7.6 miliardi di dollari. Si tratta soprattutto di prodotti di abbigliamento, macchinari, attrezzature elettroniche ma anche prodotti manifatturieri come biciclette, ricambi auto, mobili, cuoio e plastica. La partnership Italia-Cambogia è un importante strumento per aumentare le capacità istituzionali dell’ASEAN e  ha un grande potenziale economico sia in termini di commercio che investimenti. Il commercio tra i due Paesi si è ripreso nel 2021 raggiungendo 416 milioni di euro, facendo segnare un +12 per cento rispetto all’anno precedente. In un recente webinar organizzato dall’Italian Cambodian Business Association in Cambogia (ICBA), con il supporto della Camera di Commercio Europea in Cambogia (Eurocham) e dell’Associazione Italia-ASEAN, è intervenuto il Professor Romeo Orlandi. Il Vicepresidente dell’Associazione Italia-ASEAN ha affermato come il percorso di apertura verso il libero commercio rappresenti uno strumento fondamentale per la crescita della Cambogia e di altri Paesi del Sud-Est asiatico. Secondo Orlandi è importante sostenere lo sviluppo di valori condivisi per approfondire la cooperazione bilaterale. Anche perché Phnom Penh sta acquisendo un ruolo più centrale nelle catene di approvvigionamento. 

Italia e Cambogia, una relazione con tante opportunità

La Cambogia sembra confermarsi un terreno fertile per nuove opportunità, mostrandosi molto aperta all’innovazione in molti settori. Un webinar tenutosi il 7 aprile ha fornito una panoramica generale per aiutare le imprese italiane a comprendere meglio gli sviluppi chiave dell’ambiente di investimento cambogiano e a capitalizzare le opportunità emergenti nel Paese.  

Il 7 aprile scorso l’Italian Cambodian Business Association in Cambogia (ICBA), con il supporto della Camera di Commercio Europea in Cambogia (Eurocham) e dell’Associazione Italia-ASEAN, ha organizzato un webinar per presentare le opportunità di collaborazione commerciale tra Italia e Cambogia. Come ha spiegato Sok Chenda Sophea, Ministro legato al Primo Ministro e Segretario Generale del Consiglio per lo Sviluppo della Cambogia, il Regno del Sud-Est asiatico è una delle economie in più rapida crescita al mondo, nel 2018 il tasso di crescita  si è attestato intorno al 7 per cento del PIL; trainata dall’aumento delle esportazioni e dai maggiori consumi interni. Nonostante le chiusure e le restrizioni di viaggio per il contenimento della pandemia, la rapida crescita della Cambogia è in gran parte destinata a persistere.

Subito dopo la guerra civile negli anni Settanta, il Paese ha avuto bisogno del supporto del settore privato, il sostegno del sistema internazionale e di donatori bilaterali per la sua ricostruzione, e, negli anni, è riuscito a creare un ambiente commerciale che punta su crescita inclusiva e sostenibile.

Tra le altre misure, la nuova legge sugli investimenti promulgata il 15 ottobre 2021 rappresenta un altro tassello per rendere l’ambiente di investimento in Cambogia più incentivante e conforme alle esigenze degli investitori. Nel Paese, gli investitori stranieri ricevono gli stessi diritti degli investitori nazionali, ad eccezione della proprietà del terreno; in proposito le normative stabiliscono che la partecipazione maggioritaria, pari ad almeno il 51 per cento, debba essere riservata a cittadini di nazionalità cambogiana e/o allo stesso Governo. Inoltre, gli investimenti sono aperti in tutti i settori e  non ci sono restrizioni sul rimpatrio di capitali.

Nel suo intervento al webinar, Lorenzo Galanti, Ambasciatore d’Italia in Thailandia, Cambogia e Laos, ha sottolineato come l’Italia stia prestando sempre più attenzione all’ASEAN e di conseguenza anche a Phnom Penh. A testimoniare l’impegno italiano, la donazione di oltre un milione di dosi di vaccini Astrazeneca e, a proposito della gestione della pandemia, Galanti ha rilevato come il Regno sia riuscito a contenere con efficacia la diffusione del virus e come ad oggi registri uno dei più alti tassi di vaccinazioni con una quota che raggiunge il 92 per cento della popolazione. 

Alla luce delle attuali tensioni internazionali, l’Ambasciatore ha voluto esprimere il pieno appoggio alla presidenza cambogiana dell’ASEAN nel 2022 e alla nomina di S.E. Prak Sokhonn, Vice Primo Ministro e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale della Cambogia, in qualità di inviato speciale dell’ASEAN in Myanmar.

La partnership Italia-Cambogia è un importante strumento per aumentare le capacità istituzionali dell’ASEAN e  ha un grande potenziale economico sia in termini di commercio che investimenti. Il commercio tra i due Paesi si è ripreso nel 2021 raggiungendo 416 milioni di euro, facendo segnare un +12 per cento rispetto all’anno precedente. L’Ambasciatore ha inoltre posto l’accento sul grande valore che le imprese italiane possono offrire alla crescita sostenibile in Cambogia, grazie alla loro solida esperienza e know how in molti campi come quelli di infrastrutture ed energia.

In conclusione del suo intervento,  ha invitato le autorità cambogiane a mostrare il loro supporto per la candidatura di Roma al World Expo nel 2030 dove il tema principale sarà un nuovo modello di città più inclusivo, interconnesso e  sostenibile sulla scia della trasformazione digitale.

In aggiunta, il Vicepresidente dell’Associazione Italia-ASEAN Romeo Orlandi ha affermato come il percorso di apertura verso il libero commercio rappresenti uno strumento fondamentale per la crescita della Cambogia e di altri Paesi del Sud-Est asiatico. Phnom Penh può essere presa come uno degli esempi più recenti in cui un Paese asiatico, globalizzandosi, ha acquisito  un ruolo crescente nelle catene di approvvigionamento. Il Regno ha la possibilità di attrarre investimenti grazie alla stabilità politica, network di infrastrutture in rapida crescita, un mercato interno in costante crescita e grandi incentivi per gli investimenti, come la possibilità di rimpatriare i profitti.

Orlandi ha infine ribadito che altrettanto importante è sostenere lo sviluppo di valori condivisi tra i due Paesi per approfondire la cooperazione bilaterale. L’Associazione Italia-ASEAN esercita da sempre un forte impegno nell’avvicinare le realtà dei 10 Paesi dell’ASEAN all’Italia, mettendo in luce le opportunità di cooperazione e di crescita, organizzando eventi per riunire le rispettive comunità business e di decision maker.

Accordi di cooperazione UE-Cambogia

Si approfondiscono i rapporti tra Bruxelles e Phnom Penh, approfittando della presidenza di turno dell’ASEAN.

Le relazioni tra l’Unione Europea e la Cambogia hanno compiuto un ulteriore passo in avanti nel corso della riunione del comitato misto Cambogia-UE tenutasi a Phnom Penh la scorsa settimana. Il meeting, presieduto da Luy David, Segretario di Stato del Ministero degli Affari Esteri della Cambogia, e Paola Pampaloni, Vice Direttrice Generale per l’Asia e il Pacifico dell’UE, ha affrontato diversi argomenti: l’invasione dell’Ucraina, l’andamento economico globale, il cambiamento climatico, la situazione politica in Myanmar e il partenariato strategico UE-ASEAN. L’Unione Europea ha confermato il pieno appoggio alla presidenza cambogiana dell’ASEAN nel 2022 e alla nomina di Prak Sokhonn – Vice Primo Ministro e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale della Cambogia – come inviato speciale dell’ASEAN in Myanmar. Poi, il gruppo sul potenziamento istituzionale ha affrontato l’ampio tema dello sviluppo dei diritti umani, analizzandolo da diverse angolazioni: dai diritti civili e politici al diritto al lavoro, dalla tratta di esseri umani alla parità di genere. In vista delle elezioni comunali di quest’anno nelle città cambogiane, l’UE non ha mancato di sottolineare l’importanza del pluralismo democratico, dei diritti umani e delle libertà fondamentali. C’è stato, poi, uno spazio dedicato all’economia: le parti hanno discusso gli interventi di ripresa economica, e lo sviluppo delle relazioni commerciali bilaterali, compreso il ritiro parziale momentaneo delle preferenze commerciali dell’UE nell’ambito dell’Autorità Bancaria Europea. Si è discussa l’importanza di migliorare il contesto imprenditoriale, introducendo nuovi regolamenti agli investimenti e diversificando l’economia cambogiana. Infine, si è parlato dell’implementazione del nuovo Programma Indicativo Pluriennale di Cooperazione dell’UE per il periodo 2021-2024. Dal valore di 155 milioni di euro, il Programma mira a intervenire su tre aree principali: transizione ecologica, educazione e formazione, e buon governo, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU.

Cambogia pronta alla presidenza di turno ASEAN 2022

L’ultima esperienza della Cambogia alla presidenza di turno è stata controversa, poiché la politica estera del regno asiatico predilige particolarmente la relazione con Pechino

La presidenza di turno presso l’ASEAN è una grande occasione per la diplomazia dei paesi del Sud-Est asiatico. Il 2022 è la volta della Cambogia, che si è detta pronta a lavorare per la creazione di una comunità regionale “equa, forte e inclusiva”, sotto la guida del primo ministro Hun Sen. Il capo del governo cambogiano ha dimostrato di prendere molto sul serio questo impegno, e ha dichiarato che il pilastro della “politica e sicurezza” dell’Associazione sarà in cima all’agenda durante il suo mandato all’organizzazione regionale. Quello che l’aspetta nel 2022 è vissuto come un onere prestigioso per Phnom Penh, che sfrutterà l’occasione per amplificare la sua aura diplomatica e godere delle prerogative associate al titolo presidenziale, come il rinnovato riconoscimento da parte dei grandi attori della scena globale.

Ma nella comunità internazionale l’entusiasmo non è così diffuso. L’ultima esperienza della Cambogia alla presidenza di turno è stata controversa, poiché la politica estera del regno asiatico predilige particolarmente la relazione con Pechino. Questa storica postura filo-cinese è stata rivendicata dal governo nazionale anche nel 2019, quando il primo ministro Hun Sen ha definito la Cambogia un “amico di ferro” della Cina. È proprio per via di questa prossimità che, secondo gli analisti, ci sarà da aspettarsi un’ASEAN molto diversa da quella lasciata dal Brunei nel 2021. Secondo voci esperte, mentre gran parte dei paesi del Sud-Est asiatico prendono le distanze da Pechino criticandone l’assertività, Phnom Penh resta fedele alla linea del bandwagoning: per questioni di sicurezza e sviluppo, la Cina rimane un alleato fondamentale per il regime cambogiano, e questo legame potrebbe compromettere il precario equilibrio dell’Associazione regionale.

I dossier più rilevanti del 2022 mettono in questione la centralità dell’ASEAN nella gestione della crisi sanitaria da Covid-19 e nella credibilità regionale e internazionale nei confronti delle controversie politiche più urgenti. La Cambogia succederà al Brunei dopo un anno saturo di criticità, ereditando le sfide politiche e sociali causate da due anni di pandemia globale, la crisi politica in Myanmar, e le annose diatribe nel Mar Cinese Meridionale. Ma secondo Charles Dunst del Center for Strategic and International Studies (CSIS), l’incombenza di Pechino potrebbe compromettere la libertà di manovra della Cambogia su questi temi, risultando in un pericoloso immobilismo dell’Associazione. Questo potrebbe dare il colpo di grazia al principio della centralità dell’ASEAN, già compromesso dalla tendenza degli altri attori internazionali a prediligere rapporti bilaterali con i paesi dell’area.

Per quanto riguarda le sfide causate dalla pandemia, è probabile che l’inasprirsi delle diseguaglianze sociali provochi ovunque nel Sud-Est asiatico fenomeni di instabilità politica. Anche Phnom Penh dovrà fare i conti con quell’aumento dei tassi di interesse globali che in molte economie regionali provocherà un incremento della pressione fiscale e limiterà le politiche pubbliche espansive, provocando malcontento e sofferenza economica sulle comunità locali. A questo proposito, il rapporto bilaterale con la Cina è cruciale per la Cambogia, che fa grande affidamento sugli aiuti e i finanziamenti infrastrutturali del fratello maggiore per i suoi programmi di sviluppo nazionale.

Sulla crisi in Myanmar, la Cambogia ha poi assunto comportamenti ambivalenti. Dopo aver ribadito con forza il principio di non interferenza rivendicato dall’ASEAN come caposaldo del suo paradigma di valori, ha poi sostenuto la decisione dell’Associazione di non volersi confrontare se non con rappresentanti “non politici” del Myanmar. Il primo ministro Hun Sen ha dichiarato a questo proposito: “L’ASEAN non ha espulso Myanmar dall’ASEAN. Il Myanmar ha abbandonato il suo diritto (…). Ora siamo in una situazione di ‘ASEAN meno uno’. È così non a causa dell’ASEAN, ma a causa del Myanmar stesso”. Secondo Dunst, però, la Cambogia non ritiene prioritario confrontarsi col regime birmano sui temi della democrazia e dei diritti umani. È per questo che sul Myanmar la prossima prima voce dell’ASEAN potrebbe risultare più flebile di quanto sperato da altri paesi membri, come Malesia e Indonesia.

Le controversie territoriali nel Mar Cinese Meridionale sono invece l’elefante nella stanza della presidenza cambogiana, e sembra che l’esperienza del mandato del 2012 potrebbe ripetersi ancora. All’epoca, come ora, Cambogia e Cina hanno prediletto il ricorso a meccanismi bilaterali di risoluzione delle controversie. Secondo Vannarith Chheang, ricercatore associato presso Istituto ISEAS-Yusof Ishak, la promozione di un codice di condotta (CoC) nel Mar Cinese Meridionale è un modo per evitare ingombranti misure vincolanti e favorire la cosiddetta diplomazia preventiva. “La Cambogia non è interessata a internazionalizzare la questione del Mar Cinese Meridionale”, osserva l’analista in un articolo apparso sulla rivista del Torino World Affairs Institute, “e sta cautamente limitando gli altri pretendenti come il Vietnam e le Filippine dall’usare l’ASEAN per contrastare o sfidare direttamente la Cina”. Al summit annuale dei rappresentanti ASEAN, tenutosi lo scorso 22 novembre, è intervenuto in videoconferenza anche il presidente Xi Jinping, rassicurando i presenti che la Cina non avrebbe mai cercato l’egemonia nella regione approfittando della sua forza per risolvere le controversie. Piuttosto, ha sottolineato il Segretario del Partito comunista cinese, l’auspicio è che l’ASEAN possa cooperare con la Cina per eliminare le “interferenze” straniere. Le parole di Xi sembrano accogliere profeticamente l’arrivo di Phnom Penh alla presidenza dell’organizzazione. Anche se ASEAN e Cina hanno già concordato il preambolo della CoC nell’estate del 2021, la Cambogia potrebbe rallentarne il processo di negoziazione, tutelando la storica amicizia con Pechino e limitando qualsiasi azione o dichiarazione da parte del blocco ASEAN che possa implicare una critica all’assertività cinese.

L’approccio della presidenza cambogiana alle sfide più rilevanti per il Sud-Est asiatico inciderà anche sui toni e le preferenze della cooperazione internazionale. Secondo David Hutt, del The Diplomat, il fatto che il regno sia considerato un “paria per le democrazie” e la sua reputazione sia quella di “lacchè di Pechino”, incide anche sulla politica estera dei grandi attori internazionali. Da una parte, è obiettivo dell’amministrazione Biden richiamare a raccolta i suoi alleati per mantenere un maggiore controllo sulle dinamiche regionali dell’Asia indo-pacifica. Si pensi alla nascita dell’alleanza per la difesa AUKUS, stipulata da Stati Uniti, Regno Unito e Australia, che è programmaticamente pensata per arginare le velleità internazionali della Cina. Anche il programma infrastrutturale per la ripresa post-pandemia, il Build Back Better World (B3W) è un chiaro antagonista della strategia di sviluppo globale promossa da Xi con la Belt and Road Initiative (BRI). Biden ha poi assunto un atteggiamento più intransigente nei confronti della stessa Cambogia, avendo sanzionato due alti funzionari per corruzione e annunciato una revisione degli accordi di commercio preferenziale il mese scorso. Per quanto riguarda l’UE, Phnom Penh ha ospitato il 13° Asia Europe Meeting (ASEM) il 25 e il 26 novembre, a riprova del rinnovato interesse europeo per le opportunità offerte dal Sud-Est asiatico, riaffermando la partnership con l’omologa organizzazione regionale. Tra tutti, quello con l’Unione potrebbe rivelarsi un legame strategico per l’ASEAN, per ponderare le contestate tendenze filo-cinesi della Cambogia e dedicarsi a valorizzare le relazioni con un altro attore regionale di rilevanza globale.

Da sempre nell’orbita di influenza cinese, la Cambogia condurrà il suo mandato alla presidenza dell’ASEAN all’insegna del rapporto “di ferro” con Pechino. Anche se alcuni analisti ritengono che il governo di Hun Sen sia oggi meno disposto ad accettare che la Cina detti i termini delle sue relazioni con l’estero, le sfide che dovrà affrontare l’ASEAN nel 2022 mettono tutte la Cambogia di fronte alla scelta: con Pechino o contro Pechino. A giudicare dal legame storico, reso tanto più forte dal comune passato coloniale e dalla cultura politica condivisa, sembra che la direzione della presidenza cambogiana all’ASEAN sia già segnata.

Una bicicletta su 4 importata in UE arriva dalla Cambogia

Il 2020 ha registrato una crescita della domanda di biciclette in UE. Le esportazioni dalla Cambogia coprono un quarto delle importazioni extra-europee. Tra esigenze di diversificazione e basso costo del lavoro, ecco i motivi di una storia di successo

La pandemia da Covid-19, tra i suoi effetti collaterali, ha provocato trasformazioni nelle abitudini delle persone in tutto il mondo. Dai dati rilasciati dalla Commissione Europea sul commercio internazionale, si evince un aspetto interessante: l’aumento della domanda europea di biciclette, valutato intorno al 35% su base annua nel 2020. Una delle conseguenze environment-friendly dei vari lockdown nazionali che, insieme alle foto di alcuni tra i cieli più inquinati al mondo tornati a tingersi di blu dopo decenni, ha incentivato il ricorso ai trasporti alternativi. In alcuni casi, l’unica deroga alle misure restrittive era la possibilità di fare sport individuale vicino casa, e c’è chi non ha resistito alla prospettiva di sgranchirsi le gambe all’aria aperta in sella a una bicicletta. D’altra parte, le riaperture hanno progressivamente consentito a lavoratori e lavoratrici pendolari di tornare ai propri impieghi. Piuttosto che viaggiare stipati sui mezzi pubblici senza distanza di sicurezza, hanno presto sostituito al trasporto pubblico una bicicletta… spesso e volentieri made in Cambogia.

Secondo l’EUROSTAT, l’incremento della domanda europea di biciclette è stato perlopiù soddisfatto da produzioni localizzate nell’Indo-Pacifico. Il report dimostra come la Cambogia abbia fornito un quarto delle importazioni extra-europee di questo prodotto nel 2020 (24%) – cui hanno fatto seguito quelle cinesi (17%), taiwanesi (11%) e bangladesi (8%). Le esportazioni di biciclette prodotte in Cambogia, in generale, sono cresciute a un tasso medio del 20% dal 2015 al 2020, secondo il database dell’International Trade Centre.

Nonostante i dati restituiscano un’immagine promettente del mercato emergente cambogiano, la crisi sanitaria si è fatta sentire. L’economia nazionale del Regno asiatico è cresciuta rapidamente fino allo scoppio della pandemia, a un ritmo medio del 7,7% dal 1998. Le restrizioni da Covid-19 le sono costate una battuta d’arresto, causandole una contrazione del PIL del 3,1% nel 2020. Nell’agenda politica del governo cambogiano la diversificazione economica è considerata prioritaria da tempo, poiché l’economia nazionale dipende dalle esportazioni verso l’estero. Negli anni sono state promosse riforme sugli investimenti e politiche industriali, che si sono però rivelate insufficienti. Il governo sa che diversificare significa promuovere cambiamenti strutturali che mirino allo sviluppo economico e alla riduzione della povertà, obiettivi imprescindibili per il benessere della popolazione locale. Phnom Penh, però, è ancora fortemente dipendente dall’industria dell’abbigliamento e delle calzature, oltre che dal settore del turismo – sul quale la pandemia ha infierito in modo particolarmente inclemente.

La necessità di variare fonti di approvvigionamento economico e partner commerciali si fa  più urgente in tempi dominati dall’incertezza. Il Covid-19 è stato in tal senso emblematico: ha causato, tra le altre cose, uno shock nelle catene globali del valore che alcuni analisti hanno ritenuto irreversibile. Come ha suggerito Paul Krugman, tra questioni securitarie e una competizione commerciale internazionale che assume connotati sempre più antagonistici, l’idea di un ritorno a pratiche di nazionalismo economico non sembra più così assurda come quando a promuoverla era l’amministrazione Trump. La globalizzazione economica è stata quindi arrestata da un fenomeno altrettanto globale. La pandemia da Covid-19, oltre ad aver trasceso le frontiere nazionali, si è trasmessa rapidamente alle catene di approvvigionamento, che costituiscono la linfa vitale delle relazioni commerciali del Sud-Est asiatico con il resto del mondo.

L’aumento di esportazioni di biciclette cambogiane in Unione Europea sembra però espressione di un trend diverso. L’assemblaggio del prodotto finale è spesso il risultato di diversi step produttivi, molti dei quali si trovano in Vietnam. Le fabbriche di biciclette sono localizzate, strategicamente, in prossimità delle frontiere vietnamite. Il settore è poi ulteriormente supportato da aziende delocalizzate straniere attratte dai bassi salari della manodopera locale, che hanno trasferito la produzione in Cambogia. L’economia nazionale è ancora dipendente dal commercio con l’estero, peraltro da un paniere di esportazioni estremamente ristretto, e da investimenti stranieri. Ma la reattività dell’offerta di biciclette dal Paese lascia ben sperare per la ripresa dell’economia nazionale, che continua a fare affidamento su alcuni dei fattori tradizionali del successo economico del Sud-Est asiatico: esportazioni, basso costo del lavoro, catene di produzione che continuano a prosperare.

L’interesse della Cambogia verso il mercato dell’Unione Europea è reciproco, anche se i rapporti di potere sono chiaramente sbilanciati. Il boom delle biciclette è un’ottima notizia per il Regno asiatico, in parte perché è un segno di una distensione rispetto alle sanzioni imposte dall’UE nell’agosto 2020. Nel 2001 l’UE aveva lanciato l’Everything But Arms (EBA), uno schema di libero scambio realizzato su misura per il commercio con i paesi in via di sviluppo, ma a causa delle “sistematiche violazioni dei diritti umani”, di quelli politici e del lavoro, la Commissione aveva optato per un parziale ritiro del programma. Anche se il Regno sembra ancora ben lungi dal recuperare il libero accesso al mercato dell’Unione (poiché il Primo Ministro Hun Sen respinge con forza le accuse europee, rivendicando la libertà di esercitare prerogative sovrane) le biciclette cambogiane sono un caso di successo della diversificazione delle economie in rapida crescita del Sud-Est asiatico.

Il futuro della Cambogia a un bivio

Mentre Phnom Penh si avvicina progressivamente alla Cina, gli Stati Uniti temono gli sviluppi nella regione

Lo scorso 2 ottobre, l’Asia Maritime Transparency Initiative del CSIS ha pubblicato delle immagini satellitari di una struttura in via di demolizione, precedentemente costruita dagli Stati Uniti presso la base navale di Ream, in Cambogia. L’edificio è stato il quartier generale tattico del Comitato nazionale per la sicurezza marittima durante la Guerra civile, e venne utilizzato come centro per il comando, il controllo e il coordinamento delle operazioni militari. La sua demolizione ha sollevato domande circa l’accesso dei cinesi nell’area, e se ciò significa che la Cambogia garantirà in futuro alla Cina di stazionare a Ream.

La preoccupazione era nata da un rapporto pubblicato dal Wall Street Journal nel luglio 2019, in cui si affermava che la Cambogia e la Cina avevano firmato un accordo segreto che avrebbe consentito alle forze armate cinesi di utilizzare una base della marina cambogiana. La prima bozza dell’accordo – intercettata da funzionari statunitensi, secondo fonti anonime – avrebbe consentito alla Cina di utilizzare la base per 30 anni, con un rinnovo automatico ogni dieci anni. L’accordo consentirebbe anche all’Esercito popolare di liberazione di inviare personale militare, immagazzinare armi e attraccare le proprie navi da guerra.

Oltre la demolizione della base navale di Ream, le aree circostanti sono state affittate anche da diverse società cinesi per lo sviluppo di un resort da 16 miliardi di dollari, insieme alla costruzione di un aeroporto a Dara Sakor, che dovrebbe diventare il più grande della Cambogia. L’infrastruttura dell’aeroporto stesso ha sollevato altre domande. Le prove raccolte hanno dimostrato che la lunghezza della pista dell’aeroporto supera la necessità di un normale aereo di linea, suscitando l’ipotesi che potrebbe non essere utilizzato solo per scopi commerciali, ma anche militari.

Nonostante le numerose domande e commenti, il governo cambogiano ha negato queste accuse. Il Primo Ministro Hun Sen ha ripetutamente dichiarato che alla Cina non è stato concesso il diritto esclusivo di utilizzare la base navale di Ream, poiché la costituzione vieta la costruzione di basi militari straniere sul suolo cambogiano. Inoltre, ha sottolineato che le navi da guerra – se autorizzate – di tutte le nazioni, comprese quelle degli Stati Uniti, sono le benvenute. Tuttavia, la risposta dalla Cina è stata limitata. In un’intervista, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Geng Shuang ha dichiarato: «A quanto ho capito, la controparte cambogiana ha negato». Tuttavia, si è rifiutato di chiarire se la Cina, da parte sua, nega l’affermazione. Si è piuttosto concentrato sulla natura delle relazioni sino-cambogiane, che ha descritto come “aperte, trasparenti, reciprocamente vantaggiose e alla pari”.

Al di là delle dichiarazioni, le implicazioni strategiche a seguito di questa accordo mettono Washington sul filo del rasoio. Se davvero verrà costruita una base militare cinese in Cambogia, gli equilibri di potere nel Sud-Est asiatico potrebbero cambiare notevolmente. A causa della sua posizione strategica, l’installazione consentirà alla Cina di estendere la sua influenza sullo Stretto di Malacca, una delle rotte di navigazione più trafficate del mondo. Allo stesso tempo, la Cina ha in mente progetti altrettanto ambizioni in altri Paesi: un’installazione analoga a Gibuti, la costruzione di un porto in acque profonde in Myanmar, e un massiccio piano infrastrutturale in Sri Lanka come parte della Belt and Road Initiative. Secondo gli esperti, Pechino sta cercando di creare un anello di infrastrutture che dal Mar Cinese Meridionale si estende fino all’Oceano Indiano e all’Africa orientale, in modo da rafforzare la sua posizione tra le potenze globali.


Inoltre, fra i dieci Stati membri dell’ASEAN, il governo cambogiano è stato il più accogliente nei confronti della Cina. Allo stesso tempo, quest’ultima è di gran lunga il principale partner commerciale della Cambogia e la maggiore fonte di investimenti esteri diretti – con il volume di scambi bilaterali che ha raggiunto i 7 miliardi di dollari lo scorso anno. Entrambi i Paesi hanno recentemente firmato un accordo di libero scambio, il primo nel suo genere stipulato da Phnom Penh. Al contrario, i rapporti della Cambogia con gli Stati Uniti sembrano essere diventati più tesi, a causa dell’approccio critico di Washington verso gli affari interni della Cambogia. Tuttavia, gli Stati Uniti sembrano aver riadattato la loro strategia a partire da quest’anno. Piuttosto che condurre interventi diretti, sotto la guida dell’ambasciatore statunitense in Cambogia Patrick Murphy, il loro approccio sembra essere più diplomatico, flessibile e amichevole.

Sebbene sia troppo presto per vedere cosa c’è in serbo per i tre Paesi, sappiamo che sia gli Stati Uniti che la Cina stanno cercando di avere un rapporto privilegiato con la Cambogia. Attualmente, la Cina sembra esserci riuscita meglio, poiché i legami tra le due nazioni continuano a prosperare. Tuttavia, il futuro sembra promettente anche per gli Stati Uniti mentre procedono con la loro nuova strategia diplomatica, lavorando duramente per ripristinare le relazioni bilaterali. Indubbiamente, si assisterà a un nuovo sviluppo delle relazioni USA-Cina-Cambogia nei prossimi mesi – nella speranza che si riveli reciprocamente vantaggioso per tutte le parti.

A cura di Rizka Diandra 

Traduzione di Andrea Passannanti