Asean

High Level Dialogue on ASEAN Italy Economic Relations 2023

L’High-Level Dialogue on ASEAN-Italy Economic Relations è l’evento di riferimento nella regione ASEAN per il rafforzamento dei legami economici e strategici tra i Paesi dell’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico e l’Italia.

Le scorse edizioni – Giacarta (2017), Singapore (2018), Hanoi (2019), le edizioni digitali 2020-2021, e Kuala Lumpur (2022) – hanno riunito oltre 2.500 Presidenti e Amministratori Delegati di aziende, ministri e leader istituzionali dei Paesi ASEAN e dell’Italia. 

Presente anche il presidente di Associazione Italia-Asean, Ambasciatore Michelangelo Pipan.

Nel 2023 saremo a Bangkok, in Thailandia, con un evento suddiviso in due giornate: il 3 ottobre sarà dedicato aincontri B2B organizzati dall’Italian Trade Agency e incontri con fondi sovrani e venture capitalist della regione, gestiti da Cassa Depositi e Prestiti. Il 4 ottobre si susseguiranno invece delle plenarie dedicate a temi di avanguardia:

  • Il valore della cooperazione tra l’Italia e i Paesi ASEAN
  • Relazioni economiche tra ASEAN e Italia orientate allo sviluppo sostenibile 
  • Tecnologia e relazioni industriali per sostenere la transizione verde
  • Il potere del digital e della creative economy per creare resilienza e crescita inclusiva
  • Strumenti per la cooperazione economica ASEAN-Italia, opportunità di commercio e investimento
  • L’agenda per il futuro della collaborazioen ASEAN-Italia

La partecipazione all’High Level Dialogue di Bangkok è solo su invito ed è riservata esclusivamente a Presidenti e Amministratori Delegati delle aziende e leader di istituzioni dell’Italia e dei Paesi ASEAN.

La Blue Economy dell’ASEAN

Al recente summit del blocco dei Paesi del Sud-Est asiatico è stata rilanciata la cornice di sviluppo promossa dal gruppo. Qui uno stralcio del documento programmatico

L’ASEAN definisce la Blue Economy come un approccio integrato, olistico, intersettoriale e intersoggettivo che crea un valore aggiunto e una catena di valore delle risorse provenienti dagli oceani, oceani, dai mari e dall’acqua dolce in modo inclusivo e sostenibile, facendo dell’economia blu il nuovo motore della futura crescita economica dell’ASEAN. L’economia blu dell’ASEAN copre i settori a monte e a valle, fungendo da acceleratore del settore marino convenzionale come come la pesca, l’acquacoltura, la lavorazione del solo pesce e il turismo e come catalizzatore per i settori emergenti come le energie rinnovabili, le biotecnologie, la ricerca e l’istruzione marina e d’acqua dolce e altri settori emergenti. Il Framework promuove inoltre l’ambizione dell’ASEAN di sviluppare un’economia blu inclusiva, equa e sostenibile, equa e sostenibile, rendendo la regione un contributo significativo alla crescita economica e alla prosperità. Si tratta di una visione ambiziosa, che si basa sui punti di forza delle iniziative delle iniziative ASEAN esistenti, che identifica le aree prioritarie di intervento, i principi per guidare le principi per orientare le decisioni e strumenti per accelerare la realizzazione di un’economia blu nella regione. La visione dell’economia blu dell’ASEAN pone l’accento sulla creazione di valore attraverso l’avanzamento di pratiche sostenibili che promuovono uno sviluppo economico e sociale sostenibile e inclusivo legato alle attività marine e d’acqua dolce e ai mezzi di sussistenza, contribuendo agli sforzi di integrazione economica dell’ASEAN, alla crescita economica e allo sviluppo sostenibile. Sfruttando il potenziale dell’economia blu, l’ASEAN immagina un nuovo motore di crescita socialmente, economicamente e ambientalmente sostenibile, sostenibile dal punto di vista sociale, economico e ambientale. Il quadro può essere un importante motore di crescita economica, inclusione sociale e sostenibilità ambientale nella regione. Tra i vantaggi che presenta, sono inclusi: incremento della crescita economica sostenibile; massimizzazione dell’uso delle risorse marine per l’acquacoltura, la pesca, la produzione di energia rinnovabile, i trasporti e il turismo; sostenibilità nel perseguimento degli obiettivi economici; mitigazione del cambiamento climatico e dei suoi impatti; facilitazione della collaborazione  intersettoriale.

Leggi il documento completo qui.

ASEAN e Africa: partenariato digitale

L’Africa e l’ASEAN hanno quasi lo stesso percorso parallelo nello sviluppo dell’economia digitale e l’interesse dimostrato dai due blocchi a percorrerlo fianco a fianco aumenta

Di Tommaso Magrini

L’Africa e l’ASEAN hanno firmato un accordo di partenariato per promuovere le economie digitali, individuando nelle fintech, negli asset decentralizzati e nella raccolta di fondi un punto di convergenza. La firma è avvenuta in occasione del Fintech Forum di Kigali, in Ruanda, alla presenza di autorità di regolamentazione, responsabili di associazioni e aziende leader nel settore fintech e tecnologico delle due regioni. Questo importante accordo segna l’inizio di una collaborazione tra le due regioni nei settori dell’advocacy, della raccolta fondi, dei pagamenti, dei prestiti, degli asset decentralizzati, dello sviluppo di start-up, dello scambio di normative e della formazione. Si prevede che sia l’Africa che l’ASEAN crescano in modo esponenziale nello spazio delle economie digitali, con proiezioni globali per l’ASEAN che crescono del 6% all’anno, raggiungendo i 1.000 miliardi di dollari entro il 2030. Per l’Africa, invece, si prevede una crescita di 712 miliardi di dollari entro il 2050. Il professor David Lee, cofondatore e presidente del Global Fintech Institute, ha dichiarato: “Con il lancio del programma di qualificazione professionale Chartered Fintech Professional (CFtP) in collaborazione con i nostri partner, Digital Pilipinas e Africa Fintech Network, il GFI si impegna a sfruttare questa partnership per potenziare e coltivare le future generazioni di talenti fintech nell’ASEAN e in Africa con una mentalità globale, un quadro di conoscenze rigorose per tenersi costantemente al passo con gli sviluppi e le tendenze del settore e forti standard etici. Questo è solo un inizio, lanceremo ancora più programmi di alfabetizzazione digitale”. L’Africa e l’ASEAN hanno quasi lo stesso percorso parallelo nello sviluppo dell’economia digitale e l’interesse dimostrato dai due blocchi a percorrerlo fianco a fianco con i Fintech Leaders africani garantisce che impegnarsi e investire nella popolazione combinata di 2 miliardi di persone come mercato fintech sarà un’agenda primaria di molte aziende, Paesi e organizzazioni.

L’Intelligenza Artificiale avanza nel Sud-Est asiatico

I Paesi ASEAN, con la loro popolazione giovane e tecnologica, stanno accelerando lo sviluppo di nuove applicazioni dell’IA.

Di Anna Affranio

La spinta a investire nell’intelligenza artificiale sta crescendo nel Sud-Est asiatico e la pandemia COVID-19 ha aumentato la tendenza delle organizzazioni pubbliche e private ad adottare tali soluzioni. Ma cos’è di preciso l’intelligenza artificiale?

Per Intelligenza Artificiale (IA) si intende la capacità di istruire le macchine a svolgere funzioni simili al ragionamento umano. Queste funzioni sono ampiamente utilizzate per scopi industriali e commerciali (ad esempio, per ottimizzare la logistica, gli inventari o le vendite), ma anche per scopi politici.

L’IA è già molto diffusa in Asia, dove la Cina è il secondo Paese al mondo, immediatamente dopo gli Stati Uniti,  in quanto ad utilizzo di queste tecnologie. Qui, importanti aziende come Alibaba, Baidu e Tencent sono alla costante ricerca di nuove e creative soluzioni per integrare l’IA nei loro servizi. Ma i Paesi del Sudest Asiatico non sono da meno: secondo la società di consulenza Kearney, l’intelligenza artificiale potrebbe contribuire all’economia dell’ASEAN per 1.000 miliardi di dollari entro il 2030. 

Gli utilizzi di queste tecnologie sono molteplici, e spaziano dall’intrattenimento alla sorveglianza. Per esempio, la stazione radio Fly FM della Malesia ha presentato Aina Sabrina, la prima DJ radiofonica del Paese dotata di intelligenza artificiale. In Thailandia, invece, la città di Bangkok ha lanciato una rete di telecamere a circuito chiuso alimentate dall’intelligenza artificiale per impedire ai motociclisti di circolare sulle strisce pedonali e garantire il rispetto del codice della strada.

Ma l’adozione dell’IA nei più svariati settori e il suo straordinario sviluppo, per le implicazioni che evidentemente comporta,  non è priva di rischi. Si teme infatti il potenziale oltremodo pericoloso che questa tecnologia potrebbe avere nelle mani sbagliate, se non adeguatamente regolamentata. Per esempio, i manifestanti nelle proteste in Myanmar temono di essere tracciati con la tecnologia di riconoscimento facciale, inasprendo così la repressione per la maggiore facilità di identificare e perseguire  gli oppositori alla dittatura militare. Alcuni gruppi di attivisti per i diritti umani affermano infatti  che l’uso dell’intelligenza artificiale per controllare i movimenti dei cittadini rappresenta una “grave minaccia” per la loro libertà. Inoltre, politici e società civile hanno espresso particolare preoccupazione per il potenziale pericoloso che può avere questa tecnologia in un processo di “industrializzazione” della disinformazione. 

Appare quindi evidente la necessità di formulare piani per gestire questo fenomeno dirompente. Singapore, Indonesia e Malesia sono stati i primi Paesi a lanciare una strategia nazionale per l’intelligenza artificiale, e si prevede che altri Paesi seguano l’esempio. A livello regionale, tuttavia, gran parte del lavoro è ancora da fare. Un portavoce del Ministero delle Comunicazioni e dell’Informazione di Singapore ha dichiarato che il Paese collaborerà con gli altri Stati dell’ASEAN “per sviluppare una ‘Guida ASEAN sulla governance e l’etica dell’IA’ che servirà come passo pratico e fattibile per sostenere la diffusione affidabile di tecnologie IA responsabili e innovative nell’ASEAN”. Questo dovrà includere anche la formazione di nuovi talenti che siano preparati all’implementazione di questa tecnologia, ma data l’età media della popolazione del Sud-Est asiatico, che è giovane e già esperta di tecnologia digitale, il potenziale bacino da cui attingere è davvero molto alto.

ASEAN epicentro di stabilità e crescita

Pubblichiamo uno stralcio dei discorsi del Presidente indonesiano Joko Widodo durante il 43° summit ASEAN di Giacarta

Un proverbio indonesiano dice che un vicino è come un parente stretto, e un vicino stretto è più importante di un parente lontano. Sono dell’idea che il proverbio sia molto, molto pertinente per l’ASEAN, che 56 anni fa ha giurato la sua parentela con il nome della famiglia ASEAN. Come famiglia, a mio avviso, l’ASEAN rientra nella categoria delle famiglie armoniose, delle famiglie forti e delle famiglie di alto livello. L’ASEAN ha dimostrato di essere una regione pacifica, stabile e in crescita. Si stima che la crescita economica dell’ASEAN nel 2024 sarà la più alta al mondo, raggiungendo il 4,5% (anno su anno). L’ASEAN è anche la regione più attraente per gli investimenti diretti esteri (IDE). Entro il 2022, il 17% degli IDE sarà destinato all’ASEAN. Si tratta della percentuale più alta rispetto ad altre regioni in via di sviluppo. L’ASEAN gode anche di un bonus demografico, con la terza forza lavoro più grande al mondo e il 65% della sua popolazione ha il potenziale per diventare una classe media nel 2030. Dobbiamo plaudere a tutto ciò, perché tutto questo fa parte del capitale dell’ASEAN per raggiungere il suo obiettivo di diventare l’epicentro della crescita. Tuttavia, in una situazione globale turbolenta, l’ASEAN non dovrebbe procedere come al solito. L’ASEAN ha bisogno di una strategia straordinaria, una strategia tattica straordinaria. Abbiamo bisogno di una collaborazione più solida; non possiamo farcela da soli. Una forte cooperazione tra i Paesi, la comunità imprenditoriale e il pubblico della regione è importante per attuare la strategia tattica. Siamo tutti consapevoli della portata delle attuali sfide globali, la cui chiave principale per affrontarle è l’unità e la centralità dell’ASEAN. L’ASEAN deve essere in grado di lavorare di più, essere più unita, essere più coraggiosa e più agile. Oltre a ciò, l’ASEAN ha bisogno di un programma a lungo termine che sia pertinente e in linea con le aspettative della popolazione, non solo per i prossimi cinque anni, ma anche per i prossimi 20 anni, fino al 2045. L’ASEAN, in quanto parte della regione indo-pacifica, continua a lavorare sodo, sia utilizzando un approccio inclusivo attraverso la cooperazione del Segretariato dell’ASEAN con il Segretariato del Forum delle Isole del Pacifico (PIF) e dell’Associazione del Bacino dell’Oceano Indiano (IORA), sia un approccio economico e di sviluppo attraverso il Forum indo-pacifico dell’ASEAN (AIPF), in modo che l’ASEAN possa avere un impatto sui suoi cittadini e sul mondo. L’ASEAN, in quanto grande nave, ha anche una grande responsabilità nei confronti delle centinaia di milioni di persone che vi navigano insieme. E, anche se dobbiamo navigare nel bel mezzo di una tempesta, noi leader dell’ASEAN dobbiamo assicurarci che questa nave sia in grado di continuare a muoversi e a navigare. E dobbiamo essere i capitani delle nostre navi per concretizzare la pace, la stabilità e la prosperità condivisa.

Il nuovo enorme canale che connette Cina e ASEAN

Lanciato lo scorso anno, il progetto evidenzia lo spostamento dell’attenzione di Pechino verso il miglioramento della connettività marittima. 

Il canale Pinglu si estenderà per oltre 134 chilometri dal bacino idrico di Xijin, vicino alla capitale del Guangxi, Nanning, fino al porto di Qinzhou nel sud, integrando le autostrade e le ferrovie esistenti per lo spostamento delle merci. L’enorme canale da 10,3 miliardi di dollari avrà chiuse in grado di ospitare navi mercantili da 5 mila tonnellate. Ciò dimostrerebbe – secondo gli osservatori – lo spostamento dell’attenzione di Pechino verso il miglioramento della connettività marittima per la sua Belt and Road Initiative, a discapito delle rotte terrestri. I funzionari affermano che il canale ridurrà di 560 km la distanza di navigazione tra le reti fluviali interne e il mare, rispetto al passaggio attraverso Guangzhou, con un conseguente risparmio che arriverebbe fino a 5,2 miliardi di yuan all’anno.  

Creando un comodo ed economico accesso vicino al Sud-Est asiatico, il canale Pinglu promette anche di rilanciare le industrie nel Guangxi e in altre parti della Cina occidentale, relativamente meno sviluppata.
Inoltre, le dinamiche geopolitiche potrebbero rendere ancora più urgente la realizzazione del progetto.

Come emerso a metà maggio vertice del Gruppo dei Sette a Hiroshima, così come gli Stati Uniti e gli alleati occidentali sono determinati a “ridurre i rischi” dalla Cina, anche Pechino mira a ridurre le proprie dipendenze commerciali. In un rapporto pubblicato a marzo dal Peterson Institute for International Economics, gli analisti hanno affermato che “entrambe le parti hanno la stessa paura, che l’altra usi improvvisamente i flussi commerciali come arma – tagliando le importazioni o le esportazioni – in nome della sicurezza”.

Il canale mira a rafforzare il commercio già in crescita con gli Stati dell’ASEAN, che sono tutti uniti alla Cina nell’ambito del quadro di libero scambio del Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), hanno affermato i funzionari. L’ASEAN e la Cina sono ora diventati i maggiori partner commerciali l’uno dell’altro, con un aumento del commercio bidirezionale del 52% dal 2019 al 2022, superando l’aumento del 20% con l’Unione europea.

Oltre a ridurre la dipendenza della Cina dal commercio con l’Occidente, alcuni affermano che intensificare gli affari con il Sud-Est asiatico potrebbe anche attenuare i contrasti tra Pechino e diversi governi della regione. Secondo Phar Kim Beng, CEO della Malaysian consultancy Strategic Pan Indo-Pacific Arena (SPIPA), la Cina e alcuni paesi dell’ASEAN hanno bisogno di tale cooperazione per attenuare l’asprezza dei loro disaccordi territoriali nelle isole Spratly e Paracel, nel Mar Cinese Meridionale. 

Come osservato da Yang del Danish Institute, le lezioni della pandemia hanno ulteriormente spinto le autorità a rafforzare le infrastrutture di trasporto. Le restrizioni del COVID-19 in Cina hanno causato gravi interruzioni della catena di approvvigionamento poiché la logistica era concentrata nei porti chiave della costa orientale del Paese. A suo parere, in seguito alle difficoltà della Cina a gestire la logistica globale durante il COVID, risulta quindi necessario rafforzare alcuni porti in Cina in modo che non faccia affidamento sui porti più grandi di Shanghai.

In effetti, il canale è solo una parte di uno sforzo ben più grande per creare un efficiente corridoio terra-mare. I funzionari del governo del Guangxi affermano che il corridoio emergente ha già accelerato la logistica, abbreviando la durata delle spedizioni da Chongqing – nella Cina occidentale – a Singapore da ventidue a sette giorni. Tuttavia, anche con tali miglioramenti, alcuni esperti avvertono che i pieni vantaggi economici del canale e delle infrastrutture portuali ad alta tecnologia non saranno risolti automaticamente.

Secondo Stephen Olson – ricercatore presso la Hinrich Foundation di Singapore – potrebbero esserci dei limiti alla crescita del commercio con il blocco del Sud-Est asiatico, poiché “la costruzione di infrastrutture efficienti non può da sola creare sinergie commerciali dove non esistono, né può creare industrie competitive in ASEAN, che siano in grado di produrre ciò che gli importatori cinesi richiederanno. L’economia cinese è molto più grande di qualsiasi singola economia dell’ASEAN, e questo crea un effetto leva che a volte può portare a rapporti commerciali sbilanciati e insostenibili”. Olson ha anche espresso scetticismo sugli sforzi sia degli Stati Uniti che della Cina per avvicinare i paesi dell’ASEAN alla loro parte. “Per la maggior parte dei Paesi dell’ASEAN, i loro interessi nazionali sono tutelati rimanendo seduti sulla recinzione e mantenendo solidi legami economici e strategici con entrambi”, ha affermato. 

Un altro aspetto preoccupante è rappresentato dai costi ambientali e finanziari. Uno studio pubblicato nel 2022 dal Transport Planning and Research Institute, sotto il Ministero dei Trasporti cinese, ha segnalato una serie di potenziali effetti collaterali del canale, tra cui l’isolamento o la distruzione degli habitat naturali, i cambiamenti nell’ecologia dell’area, la riduzione della vegetazione, e polvere o altro inquinamento causato dalle navi in transito. Tuttavia, gli autori hanno sostenuto che, a seconda del percorso, i rischi dovrebbero essere “controllabili”, pur osservando che potrebbero essere creati “abbondanti ambienti di zone umide” per mitigare l’impatto. I funzionari del progetto hanno promesso di costruire anche paradisi di conservazione per salvaguardare l’ecologia.

Il conto stimato di 10,3 miliardi di dollari per il progetto del canale arriva con un maggiore controllo della salute fiscale dei governi locali cinesi, ora che le restrizioni sociali legate alla pandemia sono state revocate, e il settore immobiliare sta subendo un grave rallentamento. 

Secondo il portale di ricerca di dati aziendali Aiqicha.com, il progetto del canale è sostenuto dalle istituzioni statali nel Guangxi, incluso il Guangxi Beibu Gulf Investment Group. Al gruppo a dicembre è stato assegnato un rating Baa3 nella sua prima valutazione da parte di Moody’s. Il rating è stato sostenuto dal governo del Guangxi, sebbene l’agenzia abbia notato “la rapida crescita del debito del gruppo legata ai suoi investimenti in progetti di politica pubblica”.

A parte questo, sia i produttori stranieri che quelli locali di Qinzhou affermano di iniziare a sentire sia gli effetti delle nuove strutture portuali, che le conseguenze del RCEP. L’accordo commerciale, firmato anche da Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, entrato in vigore lo scorso anno, elimina il 90% delle tariffe sulle merci scambiate tra i firmatari. “Lo sdoganamento fiscale è stato ridotto da tre giorni a solo uno-due minuti”, ha dichiarato Zhou Ju, un funzionario di Asia Pulp and Paper a Qinzhou, sostenuto dal conglomerato indonesiano Sinar Mas Group. Secondo Zhou, ciò è dovuto al certificato di origine, in quanto la documentazione di esportazione è disponibile online sotto RCEP.

I funzionari insistono sul fatto che il canale Pinglu permetterà alla Cina di ottenere guadagni ancora maggiori dal RCEP. 

Come è andato il summit dell’ASEAN

Si è svolto a Giacarta, in Indonesia, il 43esimo vertice dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico. Sottoscritti diversi accordi dentro e fuori dal gruppo

Editoriale a cura di Lorenzo Lamperti

Ancora unito, nonostante le differenze. Joko Widodo, Presidente dell’Indonesia e padrone di casa del 43esimo summit dell’ASEAN, ha definito così il blocco dei Paesi del Sud-Est asiatico. Un blocco non nel senso geopolitico del termine, visto che l’ASEAN più di tutti promuove una terza via fatta di non competizione ma semmai di cooperazione. All’interno e all’esterno dell’Associazione, come dimostrano i risultati raggiunti durante il vertice che si è svolto nei giorni scorsi a Giacarta. Almeno 93 progetti, per un valore complessivo di 38,2 miliardi di dollari, sono stati identificati al Forum indo-pacifico dell’ASEAN, una piattaforma per i membri del blocco per mobilitare finanziamenti pubblici e privati e promuovere una più profonda cooperazione economica. Inclusi piani industriali, infrastrutturali e sulla transizione energetica. Sono state inoltre discusse altre 73 opportunità potenziali, per un valore di 17,8 miliardi di dollari. Adottate dichiarazioni su uguaglianza di genere, sostenibilità, cooperazione agricola, sicurezza alimentare e cambiamento climatico. Inoltre, durante l’incontro ASEAN +3, che oltre ai Paesi del Sud-Est include anche Cina, Giappone e Corea del Sud, è stato concordato di lavorare insieme per sviluppare un ecosistema di veicoli elettrici. Un tema cruciale per lo sviluppo economico e tecnologico del futuro prossimo, con un occhio alla sostenibilità. E, soprattutto, un settore nel quale il Sud-Est asiatico sembra destinato a giocare un ruolo di assoluto protagonista. Non è tutto. Con Pechino, alla presenza del Premier Li Qiang, è stata rilasciata una dichiarazione congiunta ASEAN-Cina sulla cooperazione reciprocamente vantaggiosa nell’Indo-Pacifico. Con Pechino si discute anche del rinnovamento dell’accordo di libero scambio entro il 2024 e di nuovi importanti investimenti sul settore strategico dei microchip. Risultati interessanti anche a livello bilaterale. Le Filippine hanno firmato un accordo di libero scambio con la Corea del Sud, mentre l’Indonesia ha chiesto agli Stati Uniti di avviare colloqui su un accordo commerciale sulle risorse minerarie. Sul fronte diplomatico, l’Australia ha annunciato che ospiterà i leader ASEAN a Melbourne il prossimo marzo per un vertice speciale in occasione dei 50 anni di relazioni. Sullo sfondo, ma neanche troppo, resta irrisolta la vicenda della crisi in Myanmar, su cui è stata predisposta la revisione del consenso in 5 punti del 2021. Permangono anche le tensioni sul Mar Cinese Meridionale, anche a causa della competizione tra Cina e Stati Uniti. Competizione in cui, come ribadito da Widodo nel suo discorso conclusivo, l’ASEAN gioca un ruolo da “teatro di pace e inclusione”.

Il Sud-Est asiatico faro di crescita

La regione sta beneficiando di una ristrutturazione delle catene di approvvigionamento globali, poiché si trova all’incrocio di due dei più grandi accordi di libero scambio del mondo

Di Tommaso Magrini

A un anno e mezzo dall’inizio di uno storico ciclo di rialzo dei tassi d’interesse, le prospettive economiche del Sud-Est asiatico continuano a distinguersi in un mondo caratterizzato da un’inflazione elevata e da una domanda debole. Lo mette in luce un editoriale pubblicato su Nikkei Asia, che sottolinea come HSBC prevede che le sei maggiori economie del Sud-Est asiatico – Indonesia, Thailandia, Malesia, Filippine, Singapore e Vietnam – cresceranno del 4,2% quest’anno e del 4,8% il prossimo. Questo ritmo supererebbe di gran lunga l’espansione dell’1,1% prevista per il mondo sviluppato nel 2022 o lo 0,7% stimato per l’anno prossimo. Questa accelerazione è tanto più notevole se si considera che gli afflussi di dollari del turismo cinese non sono tornati nel Sud-Est asiatico come previsto. Una ripresa del turismo sarebbe certamente una manna per il Sud-Est asiatico. Ma nel frattempo, il commercio, la transizione energetica e la trasformazione digitale sono destinati ad alimentare la crescita economica della regione per i decenni a venire e a garantire che questa dinamica regione rimanga un motore di crescita globale. Il Sud-Est asiatico ha fatto molta strada come hub manifatturiero. Oggi rappresenta l’8% delle esportazioni globali e dal 2020 ha superato l’Unione Europea come principale partner commerciale della Cina. La regione sta beneficiando di una ristrutturazione delle catene di approvvigionamento globali, poiché si trova all’incrocio di due dei più grandi accordi di libero scambio del mondo, il Partenariato economico globale regionale (RCEP) e l’Accordo globale e progressivo per il Partenariato trans-pacifico. Il RCEP in particolare, con le sue riduzioni tariffarie e le sue regole di origine favorevoli alle imprese, sta aumentando l’attrattiva del Sud-Est asiatico come base produttiva, un fatto che sempre più aziende stanno riconoscendo. Secondo una recente indagine di HSBC, le aziende dell’Asia-Pacifico prevedono di basare il 24,4% delle loro catene di fornitura nel Sud-Est asiatico nei prossimi uno o due anni, rispetto al 21,4% del 2020.

Che cosa aspettarsi dal summit dell’ASEAN

Dal 5 al 7 settembre in programma il 43esimo vertice dei Paesi del Sud–Est asiatico a Giacarta, in Indonesia. Obiettivo: preparare il blocco alle sfide dei prossimi 20 anni

La Presidenza di turno dell’ASEAN, l’Indonesia, ha dichiarato di aver invitato 27 leader mondiali e direttori esecutivi di organismi internazionali al 43° vertice dell’ASEAN a Giacarta, in programma dal 5 al 7 settembre. I tre giorni di colloqui non riuniranno solo i leader degli Stati membri dell’ASEAN, ma anche i partner esterni del blocco. Anche le istituzioni finanziarie globali, come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (FMI), sono invitate al dialogo. “Ci aspettiamo la partecipazione dei leader di 27 Paesi e organizzazioni internazionali al prossimo vertice”, ha dichiarato Sidharto Suryodipuro, direttore generale per la Cooperazione ASEAN presso il Ministero degli Affari Esteri. Al vertice proseguiranno le discussioni sul rafforzamento della capacità e dell’efficacia istituzionale del blocco per aiutare l’organizzazione a rispondere alle sfide dei prossimi 20 anni. Suryodipuro ha dichiarato che l’Indonesia intende gettare le basi della cooperazione ASEAN per affrontare le sfide attuali e future. Il 43° vertice ASEAN vedrà anche il passaggio della presidenza del gruppo regionale al Laos, che avrà la guida del blocco per il 2024. Parallelamente, il Presidente Joko “Jokowi” Widodo guiderà 12 incontri durante i tre giorni del forum, tra cui il 18° vertice dell’Asia orientale. Oltre ai colloqui del gruppo con i partner di dialogo, tra cui Stati Uniti e India. Tra gli altri, dovrebbero esserci il Primo Ministro canadese Justin Trudeau e quello indiano Narendra Modi, nonostante pochi giorni dopo sarà chiamato a ospitare il summit del G20 a Nuova Delhi. India e ASEAN hanno peraltro da poco comunicato di voler aggiornare il loro accordo di libero scambio entro il 2025. Sembra invece che sarà assente Joe Biden, che ha scelto di viaggiare solo tra India e Vietnam nella sua trasferta asiatica di settembre. Una decisione che non farà piacere al padrone di casa indonesiano, anche se al suo posto arriverà comunque la Vicepresidente Kamala Harris, che ha viaggiato più volte nel Sud-Est asiatico dall’inizio del suo incarico. Giacarta sta intanto cercando di aderire all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Se il piano avrà successo, l’Indonesia diventerà il terzo Paese asiatico a entrare nell’organizzazione, dopo la Corea del Sud e il Giappone.

Cinque Paesi inaugurano la rete ASEAN per il pagamento tramite codice QR

Malesia, Indonesia, Thailandia, Singapore e Filippine hanno collegato le loro piattaforme nazionali per i pagamenti via QR code. I consumatori potranno pagare istantaneamente anche con una valuta straniera, con costi ridotti per loro e i venditori. La regione si conferma un polo fintech d’eccellenza mondiale.

Lo scorso giugno, Malesia e Indonesia hanno connesso le proprie piattaforme di pagamento digitale basate sulla tecnologia QR-code. Kuala Lumpur aveva  già completato la connessione con Singapore ad aprile e, ancor prima, con la Thailandia. Queste iniziative non sono isolate o bilaterali, ma fanno parte di un progetto coordinato a livello ASEAN e che coinvolge anche le Filippine. Cinque economie di primo piano della regione hanno deciso di coordinare gli standard tecnici delle rispettive piattaforme nazionali così da creare una rete che permetta di pagare con il proprio provider nazionale i codici QR emessi in un altro Paese, rendendo anche istantanea la conversione delle valute. Il progetto era stato annunciato lo scorso anno in occasione del summit G20 dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali presieduto dall’Indonesia. I cinque partner intendono proseguire nel progetto e, in futuro, i consumatori potrebbero anche fare bonifici istantanei o comprare le valute digitali nazionali grazie alla connessione tra piattaforme. E altri Paesi potrebbero connettersi.

L’iniziativa ASEAN si inserisce in un contesto globale di rapido sviluppo dei codici QR, sempre più utilizzati per i pagamenti digitali. Questo metodo di pagamento potrebbe spostare, entro il 2025, 3 trilioni di dollari a livello mondiale. Il suo principale punto di forza è l’accessibilità, dato che, in certe regioni del mondo, è molto più facile avere uno smartphone che una carta di credito. Tale condizione potrebbe spingere il Sud Est asiatico a “guidare una rivoluzione dei pagamenti digitali”. Più del 50% dei consumatori ASEAN che vivono nelle aree urbane utilizza già e-wallet per i propri pagamenti e il numero dovrebbe raggiungere l’84% per il 2025. I numeri non sono altrettanto impressionanti nelle zone rurali, dove nel 2020 meno del 20% dei consumatori usa e-wallet, ma il numero dovrebbe arrivare a sfiorare il 60% nel 2025. Questa tendenza è in linea con quanto sta succedendo anche in Cina con Alipay e WeChat. Il principale freno a questa conversione è lo scetticismo degli esercenti che ritengono le transazioni ancora poco affidabili e troppo costose e che quindi non accettano i metodi elettronici. L’adozione dei QR-code e la loro connessione a livello ASEAN però fornisce una risposta a tali preoccupazioni e contribuirà senz’altro a diffondere i portafogli digitali. I sostenitori dei codici QR affermano poi che il metodo è anche più sicuro, dato che si forniscono meno dati personali ai venditori.

Tale “rivoluzione” avrà un impatto sul futuro sviluppo di molti settori dell’economia, creando vincitori e vinti. Le banche tradizionali, già poco presenti in certe aree dei Paesi ASEAN, rischiano di essere sostituite dai concorrenti fintech. Per pagare con la carta di credito o ritirare contanti da uno sportello, servono un conto corrente e una rete fisica di distribuzione. Due ostacoli non facili da superare per le banche tradizionali, per i costi e la difficoltà nel reperire informazioni sull’affidabilità creditizia dei potenziali clienti. Le società fintech invece non sono “appesantite” da queste esigenze e possono più agilmente attrarre i nuovi clienti del Sud Est asiatico – ed estrarre valore dai dati delle loro transazioni. Si tratta di un mercato dalle immense potenzialità e “sbloccarlo” permetterà alle aziende dell’ASEAN di crescere ancora di più e alla regione di consolidare la sua posizione come laboratorio mondiale per il digitale e il fintech.

Queste iniziative però hanno anche una dimensione politica. I codici QR riducono i costi delle singole transazioni e, come detto, sono facilmente accessibili anche per le persone normalmente escluse dai circuiti bancari tradizionali. La cosiddetta “inclusività finanziaria”, ossia rendere il sistema finanziario accessibile anche al ceto medio e a chi vive nelle aree rurali, è un obiettivo strategico per i governi ASEAN e potrà rendere le loro economie più prospere e competitive. Inoltre, il fatto poi che il coordinamento degli standard tecnici sia avvenuto a livello ASEAN e non meramente bilaterale è prova delle potenzialità dell’organizzazione come foro per discutere e rafforzare l’integrazione regionale, sia economica sia digitale. Si tratta comunque di un progetto ristretto ad alcune tra le economie più competitive e affini tra loro dell’organizzazione. Quali altre piattaforme nazionali potrebbero aggiungersi nel futuro? Il Vietnam ha già lavorato con la Thailandia per connettere i loro sistemi di pagamento QR e, se parteciperà alla rete con gli altri quattro Paesi, tutte le economie più ricche della regione ne farebbero parte. Più difficile è il coinvolgimento dei Paesi più piccoli e con meno risorse.

L’impatto politico di questa iniziativa però va ben oltre l’ASEAN. Il coordinamento delle piattaforme QR permette ai consumatori di pagare il conto in una valuta straniera istantaneamente e con tassi di cambio minimi. Il sistema, in concreto, procede a convertire le valute ASEAN direttamente, senza passare per l’intermediazione del dollaro. La digitalizzazione dei flussi di denaro, quindi, è un ulteriore sfida alla centralità della moneta americana negli scambi internazionali. Infine, il rafforzamento dell’ASEAN come polo digitale innovativo e dinamico accresce il ruolo della regione nella definizione degli standard tecnologici del futuro. Forse, persino capace di ritagliarsi uno spazio in mezzo al duopolio USA-Cina. Coordinare e rendere più facili i pagamenti elettronici crea nuove opportunità. È curioso osservare che, invece, in Italia e in altri Paesi europei talvolta è ancora difficile pagare con la carta di credito e proteggere il ruolo del contante è un tema politico. Un approccio completamente opposto al dinamismo dimostrato dalle aziende e i governi asiatici e che rallenta la corsa delle nostre economie verso la nuova “rivoluzione” digitale.

UE-ASEAN, verso nuove forme di cooperazione?

Pubblichiamo qui un estratto dall’introduzione del report di Carnegie Endowment for International Peace: “Ripensare le relazioni UE-ASEAN: Sfide e opportunità”

L’Unione europea (UE) e l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) hanno formalmente segnato quasi mezzo secolo di legami diplomatici alla fine del 2022. Il vertice commemorativo dei quarantacinque anni dei due blocchi si è tenuto a Bruxelles. Paradossalmente, nonostante l’intensificarsi delle tensioni sulla sfera della sicurezza in entrambe le regioni, il dossier della sicurezza non ha avuto un ruolo centrale nell’agenda UE-ASEAN. Ciò è sintomatico non solo del modo in cui le due organizzazioni considerano le rispettive capacità e interessi in ciascuna regione, ma anche del modo in cui le relazioni sono andate finora. Si è assistito a una serie di alti e bassi, con molte delle questioni più controverse – in particolare quelle spinose relative alla democrazia e ai diritti umani – lasciate al vaglio dei diplomatici o affrontate dalla società civile, data la sensibilità a livello politico. L’asse principale delle relazioni UE-ASEAN si è concentrato soprattutto sul commercio e sugli investimenti, riflettendo la competenza dell’UE nei confronti dei suoi Stati membri e le aree in cui l’ASEAN nel suo complesso ha un margine di manovra leggermente più ampio. Nonostante l’incapacità di portare avanti un accordo di libero scambio (FTA) tra l’UE e l’ASEAN, in fase di stallo dal 2007, l’UE ha fatto passi avanti con FTA bilaterali con singoli Stati membri dell’ASEAN, tra cui Singapore e Vietnam. Sul fronte della politica estera, sia l’UE che l’ASEAN devono affrontare delle difficoltà. I membri dell’UE non hanno mai fatto passi avanti nel cedere il pieno controllo dell’impegno esterno al braccio esecutivo dell’Unione. Nonostante la ratifica del Trattato di Lisbona nel 2009, gli Stati membri dell’UE hanno continuato a mantenere la competenza nazionale sulle molte sfide che riguardano la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione. L’ASEAN agisce in modo molto simile, ma favorisce in modo molto più deciso le prerogative dei singoli Stati membri. E non c’è mai stata alcuna ambizione o tentativo coordinato di esternalizzare l’impegno di politica estera dell’ASEAN al segretariato regionale. Tuttavia, nell’ultimo decennio circa, i paesaggi geopolitici in Europa e in Asia sono cambiati in modo significativo, lasciando l’UE e l’ASEAN esposte a vulnerabilità economiche e di sicurezza critiche sulle quali hanno un controllo limitato. Per questo l’UE e l’ASEAN possono lavorare insieme e creare uno spazio che sia fondato sulla loro cooperazione. L’UE e l’ASEAN hanno un bisogno reciproco della presenza dell’altro negli affari internazionali e di una relazione basata su una vera cooperazione e sulla realizzazione di risultati concreti.

Il futuro dei giovani dell’ASEAN

La crescita economica dei Paesi del Sud-Est asiatico dipenderà in gran parte dalla capacità dei governi di valorizzare i propri giovani 

Il Sud-Est asiatico è una delle regioni più dinamiche e in più rapida crescita del mondo dal punto di vista del mercato del lavoro. Con un totale di circa 700 milioni di persone, la regione ha una popolazione giovane, dinamica e sempre più istruita. Dal 1950 al 2020 la popolazione del Sud-Est in età lavorativa è cresciuta da 95 milioni a 453 milioni. Poiché la popolazione in età lavorativa è cresciuta più velocemente di quella non in età lavorativa, l’indice di dipendenza dell’economia, ossia il rapporto tra persone considerate “non autonome” a causa dell’età e persone invece abili al lavoro è calato portando a una fase di crescita economica.

Purtroppo, però, tale condizione favorevole dal punto di vista demografico non è destinata a durare ancora a lungo. In Thailandia, per esempio, si stima che già nel 2050 il numero di persone nella fascia di età 20-64 anni sarà del 21% inferiore rispetto al 2020. Inoltre, se al momento l’età media nei Paesi ASEAN risulta essere di 30 anni nel 2050 arriverà a 37,3 anni mostrando che anche i paesi del Sud-Est asiatico andranno verso una fase caratterizzata da un progressivo invecchiamento della popolazione in cui la crescita economica dipenderà in misura maggiore dal livello di produttività e di competenze dei giovani. Come dichiarato da Martijn Schouten, “workforce transformation leader” a Singapore per PWC, la necessità di un processo di processo di adeguamento e arricchimento delle competenze per creare una forza lavoro con competenze digitali e green non è mai stata così urgente, considerando l’impegno preso da molti Paesi ASEAN di passare a un’economia a zero emissioni. Tale transizione aggiungerà all’incirca 30 milioni di nuovi posti di lavoro nel Sud-Est asiatico entro il 2030. 

Per questo risulta fondamentale che i governi della regione del Sud Est asiatico investano nell’istruzione e nella formazione dei giovani al fine di aumentare la produttività e l’innovazione, favorendo una crescita economica dinamica e competitiva. Un’analisi condotta da PWC dimostra che un ampio investimento “nell’upskilling” avrebbe inoltre il potenziale di aumentare il PIL della regione del 4%, sbloccando così fino a 676.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030. In termini di occupazione, i maggiori benefici si avrebbero in Indonesia, Vietnam e Filippine. 

Preso atto della situazione, molti Paesi del Sud-Est asiatico stanno agendo di conseguenza. Per esempio, in Malesia, dove gli under 35 costituiscono circa il 60% della popolazione, il governo ha stanziato 2.1 miliardi di ringgit di fondi al fine di mettere in condizione i giovani di diventare cittadini produttivi, innovativi e socialmente responsabili; tra questi, è previsto uno stanziamento di 500 milioni di euro per il Programma nazionale per le competenze digitali, finalizzato ad aiutare i giovani ad aggiornare le proprie competenze digitali. È previsto inoltre uno stanziamento di 150 milioni di euro per il Programma per l’imprenditoria giovanile, volto a sostenere i giovani imprenditori e le loro iniziative di start-up.  Il governo di Singapore ha invece stanziato 400 milioni di dollari in sovvenzioni dal Fondo per lo sviluppo del settore finanziario (FSDF) fino al 2025 per sostenere la formazione delle competenze dei professionisti nel settore finanziario. Il Ministero del Lavoro della Thailandia ha stretto una partnership con Microsoft Thailandia per fornire competenze digitali a 4 milioni di persone, al fine di sostenere settori chiave, tra cui la manifattura, creando nuovi posti di lavoro e opportunità commerciali. La prima fase della partnership ha potenziato le capacità digitali di 280.000 dipendenti thailandesi dal 2020 al 2022, ma un piano per creare ulteriori 180.000 opportunità lavorative è già in atto.

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