Asean

Mekong, biodiversità da difendere

Il WWF e i suoi partner affermano che i governi, gli investitori in dighe e i consulenti politici devono trovare un accordo per salvare le specie fluviali

Di Tommaso Magrini

Gli ambientalisti hanno proposto un piano di recupero in extremis per salvare quella che definiscono “insostituibile” biodiversità del fiume Mekong. Il valore economico della pesca – da cui dipendono 40 milioni di persone che si snodano per oltre 4.900 chilometri dalla sorgente in Cina al delta del Vietnam – è crollato a causa dello sviluppo che ha decimato l’ecosistema fluviale, secondo un recente report pubblicato da circa due dozzine di organizzazioni per la tutela della natura guidate dall’organizzazione non governativa WWF. Nello studio “Mekong’s Forgotten Fisheries and Emergency Plan to Save Them” sono elencate 74 specie ittiche in pericolo, tra cui il pesce gatto gigante e la razza gigante d’acqua dolce – i due pesci d’acqua dolce più grandi del mondo – e il pesce persico rampicante, l’anabas testudineus, noto per la sua capacità di uscire dall’acqua e “camminare” sulla terraferma.  Il forte declino della pesca è stato in gran parte attribuito dagli esperti a 12 dighe cinesi sul Lancang (il Mekong superiore) e a due dighe a valle in Laos che avrebbero danneggiato drasticamente l’ecosistema. Il WWF e i suoi partner affermano che i governi, gli investitori in dighe e i consulenti politici devono trovare un accordo per salvare le specie fluviali, suggerendo sei passi, tra cui proteggere i fiumi che scorrono liberamente, ripristinare le abitudini critiche come le pianure alluvionali e porre fine alla gestione insostenibile delle risorse, in particolare l’estrazione della sabbia. Secondo gli attivisti, la Cambogia potrebbe essere un punto di forza, dopo aver respinto due grandi progetti di dighe lungo il tratto del Mekong che va dal confine con il Laos alla provincia di Kratie, nell’ambito di una dichiarazione di moratoria sulla costruzione di dighe, rilasciata nel 2020. Gli ambientalisti hanno lodato la decisione della Cambogia di proteggere una zona di biodiversità importante a livello globale, che ospita circa 80 delfini Irrawaddy e 41 specie in pericolo.

L’UE e le foreste della Malesia

La visione del Sud-Est asiatico sul nuovo regolamento che blocca le importazioni di olio di palma derivanti dalla deforestazione


“Può l’Europa salvare le foreste senza uccidere posti di lavoro in Malesia?” Se lo è chiesto in un recente articolo il New York Times, a testimonianza che si tratta di un tema particolarmente rilevante non solo a livello bilaterale ma anche internazionale. L’imminente divieto dell’Unione Europea sulle importazioni legate alla deforestazione è stato salutato come un nuovo standard da rispettare nella politica climatica: un passo significativo per proteggere le foreste del mondo, che aiutano a rimuovere dall’atmosfera i gas serra che uccidono il pianeta. “La legge impone ai commercianti di risalire alle origini di una varietà di prodotti da capogiro: carne di manzo e libri, cioccolato e carbone, rossetto e pelle. Per l’Unione Europea, il mandato, che entrerà in vigore il prossimo anno, è una testimonianza del ruolo del blocco come leader globale sul cambiamento climatico”, scrive il New York Times, che però aggiunge: “La mossa, tuttavia, è rimasta intrappolata in correnti contrastanti su come affrontare i compromessi economici e politici richiesti dal cambiamento climatico”. I Paesi in via di sviluppo non sono infatti certo contenti, con Malesia e Indonesia tra i più espliciti nel criticare la novità normativa. Insieme, i due Paesi del Sud-Est asiatico forniscono l’85% dell’olio di palma mondiale, uno dei sette prodotti critici coperti dal divieto dell’Unione Europea. E sostengono che la legge mette a rischio le loro economie. Ai loro occhi, scrive il New York Times, i Paesi ricchi e tecnologicamente avanzati (ed ex potenze coloniali) “stanno ancora una volta dettando termini e cambiando le regole del commercio quando gli fa comodo”. Questa visione concorda con le lamentele dei Paesi in via di sviluppo secondo cui l’ordine internazionale dominante trascura le loro preoccupazioni. La disputa sull’olio di palma racchiude anche uno snodo centrale nell’economia del cambiamento climatico, sottolinea il quotidiano statunitense: la tesi secondo cui le nazioni a reddito medio e basso sono costrette a sostenere il costo di rovinosi cambiamenti ambientali causati principalmente dalle nazioni più ricche. Nel suo sondaggio annuale del 2022, il World Resources Institute ha rilevato che la Malesia è stato uno dei pochi luoghi in cui la deforestazione non è peggiorata. E forse c’è uno spazio per tutelare sia le esigenze climatiche sia quelle economiche, preservando i fruttuosi rapporti tra i Paesi del Sud-Est asiatico e l’Unione Europea.

L’imminente trasformazione digitale

Il valore dell’industria di settore passerà da 300 a mille miliardi entro il 2030, ma potrebbe arrivare persino a duemila miliardi

“I Paesi del Sud-Est asiatico sono in procinto di raccogliere una fortuna economica digitale, ma la strada verso la ricchezza dipende dalla qualificazione della forza lavoro della regione”. A sostenerlo è Rich Lesser, Presidente della società di consulenza statunitense Boston Consulting Group, in una recente intervista a Nikkei Asia. La BCG prevede che il valore delle industrie digitali della regione, come l’e-commerce, passerà dagli attuali 300 miliardi di dollari a 1.000 miliardi entro il 2030. “Ma se si creano le giuste basi, questa cifra potrebbe addirittura raddoppiare fino a 2.000 miliardi di dollari”, ha dichiarato Lesser. Questa trasformazione della digitalizzazione rimodellerà intere industrie, dai settori tecnologici come il software, le telecomunicazioni e l’intelligenza artificiale a quelli come l’assistenza sanitaria, l’istruzione e l’agricoltura. “Per le aziende sarà una vera e propria trasformazione”, ha detto Lesser, “sia per stimolare la produttività che per aprire nuove fonti di crescita”. Lesser suggerisce che la regione deve dare priorità alla creazione di “capitale umano in modo significativo” per sfruttare il potenziale di crescita digitale. “La riqualificazione non consiste solo nel far lavorare le persone nell’hardware, nel software, nelle telecomunicazioni, ma anche nel far sì che gli operatori sanitari sappiano usare la tecnologia o l’agri-tech per far sì che gli agricoltori usino queste tecnologie”, ha affermato. “L’ASEAN, come altre parti del mondo, dovrà investire per migliorare e riqualificare le attuali generazioni di lavoratori e per offrire diversi tipi di apprendimento e sviluppo delle competenze ai più giovani per prepararli”. L’espansione dell’economia digitale nell’ASEAN rafforzerà la posizione del blocco nell’economia globale nei prossimi 10 anni. “È ormai una parte fondamentale delle catene di approvvigionamento con la Cina e una parte fondamentale delle catene di approvvigionamento con il resto del mondo”, ha detto Lesser, che ritiene l’ASEAN sia diventata più importante per il modo in cui sta affrontando la relazione tra Stati Uniti e Cina. “L’ASEAN non vuole essere costretta a scegliere da che parte stare… e non vuole dipendere da una relazione con la Cina escludendo altre relazioni con gli Stati Uniti e altri Paesi occidentali”, sostiene Lesser. La posta in gioco economica e politica per l’ASEAN deriva dalla sua posizione strategica, che spinge altri Paesi ad approfondire i loro legami per paura che “se non lo fanno loro, lo faranno altri e loro resteranno indietro”, ha aggiunto Lesser. “Si tratta piuttosto di un quadro di opportunità perché nel mondo attuale l’ASEAN svolge un ruolo cruciale”.

L’ASEAN e la sfida di mantenere l’armonia nel Mar Cinese Meridionale

Una delle maggiori rotte commerciali al mondo e ricchissima di risorse marine e minerali, quest’area ricopre un’importanza geostrategica ed economica incredibile

Di Walter Minutella

In un mondo in cui l’economia rappresenta il motore trainante del sistema globale, ogni attore cerca di ottenere un’influenza sempre più significativa. I pilastri su cui questo sistema economico si regge possono essere individuati in due elementi chiave: il commercio e le risorse. Nel contesto di questa dinamica, il Mar Cinese Meridionale emerge come una regione che detiene entrambi questi fattori.

Il Mar Cinese Meridionale è un tratto di mare di enorme importanza strategica che confina con numerosi Paesi. Tra quelli che si affacciano su questo mare troviamo diversi membri dell’ASEAN, come Filippine, Malesia, Vietnam, Indonesia,  Singapore, Thailandia e Brunei. I restanti attori presenti nell’area sono Cina e Taiwan. Essendo il Mar Cinese Meridionale una delle maggiori rotte commerciali al mondo ed essendo ricca di risorse marine e minerali, tra cui il petrolio, quest’area ricopre un’importanza geostrategica ed economica incredibile, ma non è priva di tensioni.

L’ASEAN in questo contesto è stata fondamentale nella promozione della stabilità e della cooperazione nella regione asiatica fin dalla sua istituzione. Tutto ciò è dovuto anche grazie alla sua filosofia, nota come “l’ASEAN Way”, la quale ha contribuito a creare un ambiente in cui le nazioni membri collaborano per affrontare sfide comuni. 

L’ASEAN Way è un approccio diplomatico adottato dall’ASEAN che si basa su principi come il consenso decisionale unanime, la non-interferenza negli affari interni, la sensibilità culturale, il gradualismo e la flessibilità. Questo modello mira a promuovere la cooperazione pacifica tra gli stati membri, evitando il conflitto aperto e incoraggiando la coesistenza armoniosa. Tuttavia, è stato oggetto di critiche per la sua tendenza a ritardare decisioni assertive in situazioni complesse, come quelle che possono verificarsi nell’area del Mar Cinese Meridionale.

Nel contesto delle dispute nel Mar Cinese Meridionale, l’ASEAN si è trovata a gestire tensioni complesse. Da un punto di vista storico, la situazione in quest’area è stata sempre complicata. Fino al 1984, gli Stati membri originali dell’ASEAN avevano una posizione anti-comunista comune, che si rifletteva nella diffidenza verso l’espansionismo cinese. Con l’ammissione di Vietnam, Laos, Myanmar e Cambogia, il dinamismo politico ed economico della regione è cambiato. Questi nuovi membri, con profonde dipendenze economiche dalla Cina, hanno influenzato il modo in cui l’ASEAN affronta le tensioni, indebolendo gradualmente la diffidenza iniziale.

Nonostante il successo dell’ASEAN nel mantenere la pace in una regione storicamente turbolenta, la sua risposta alle dispute nel Mar Cinese Meridionale è stata meno assertiva. Dato il principio di unanimità presente nell’ASEAN Way, era difficile trovare soluzioni che andassero incontro a tutte le necessità. Gli sviluppi recenti, però, mostrano come le azioni degli stati dell’ASEAN sia come singoli che come membri, siano volte a stabilire una sempre maggiore pace e stabilità nell’area.

Nel 2016, la sentenza della Corte Permanente d’Arbitrato dell’Aia rappresentò un momento cruciale nella risoluzione delle dispute territoriali nel Mar Cinese Meridionale, in particolare tra la Cina e le Filippine. La Corte ha respinto le rivendicazioni territoriali cinesi basate sulla “Linea a Nove Tratti”, una mappa disegnata unilateralmente della Cina che stabilisce la sua sovranità su gran parte del Mar Cinese Meridionale.

La decisione della Corte riconobbe il diritto delle Filippine di perseguire risorse nelle loro acque esclusive, respingendo le affermazioni cinesi che limitavano l’accesso e l’uso delle risorse naturali nella regione. Questo verdetto rappresentò una svolta significativa, sottolineando la validità delle rivendicazioni marittime basate sul diritto internazionale, in contrasto con le posizioni unilaterali della Cina.

Negli ultimi anni, a causa di queste dispute, il Vietnam ha iniziato a manifestare crescenti preoccupazioni riguardo alle azioni di Pechino nel Mar Cinese Meridionale. Nello specifico, le inquietudini riguardano diversi episodi: la costruzione di infrastrutture militari sulle Paracelso, manovre volte a impedire a navi di ricerca petrolifere vietnamite di operare in alcune zone; limitazioni delle attività di pesca.

Nel 2020, nonostante la pandemia di COVID-19, il 53° AMM dichiarò il proseguimento degli sforzi per attuare il Codice di Condotta (COC) nel Mar Cinese Meridionale. La persistenza nell’impegno, nonostante le difficoltà, riflette il desiderio dell’ASEAN di stabilire un quadro normativo e diplomatico volto a gestire le tensioni nella regione, per favorire la pace e la stabilità. Tuttavia, persiste una mancanza di posizione comune chiara all’interno dell’ASEAN, evidenziando i contrasti interni tra gli stati membri e il complesso meccanismo che si cela dietro queste dichiarazioni.

Tuttavia, le recenti dichiarazioni dei ministri degli esteri dell’ASEAN pubblicate a fine dicembre 2023, hanno acquisito un’importanza significativa, essendo il primo comunicato autonomo emesso dall’ASEAN sulla questione del Mar Cinese Meridionale. In queste dichiarazioni viene ribadito l’impegno per la pace nel Mar Cinese Meridionale, esprimendo preoccupazione per gli sviluppi recenti. Sottolineano la necessità di risolvere le dispute pacificamente, implementare pienamente la Dichiarazione sul Comportamento delle Parti (DOC) e lavorare rapidamente verso un COC conforme al diritto internazionale, incluso l’UNCLOS del 1982. L’obiettivo dei ministri è quello di promuovere il dialogo come strumento per la stabilità regionale.

Nonostante la risposta un po’ tardiva, le dichiarazioni esprimono forti preoccupazioni per le tensioni recenti, come quelle avvenute tra la Cina e le Filippine, specialmente intorno al banco sommerso di Second Thomas Shoal. Nello specifico, la Cina ha intrapreso azioni percepite dalle Filippine come aggressive, per impedire alle forze filippine di rifornire una nave ancorata, mentre la Cina sostiene la legittimità delle sue azioni in base alla “linea dei nove tratti”. Secondo la Cina tali azioni rappresentano misure di sicurezza necessarie per proteggere i propri interessi nazionali nella regione. 

La risposta coalizzata da parte dei ministri degli esteri dell’ASEAN dà un forte segnale di coesione e solidarietà nell’affrontare le dispute interne e internazionali. Tuttavia, alcuni osservatori sostengono che non basta un comunicato e che bisogna fare di più per affrontare le delicate sfide che costellano la zona del Mar Cinese Meridionale in maniera efficace.

Effettivamente, pochi mesi dopo, l’ASEAN ha proseguito nel suo impegno per cercare una maggiore stabilità nella regione. Durante la prima settimana di marzo del 2024 per il summit speciale tra i membri dell’ASEAN e l’Australia a Melbourne, il governo australiano ha elogiato gli sforzi dei membri dell’ASEAN nel delimitare i loro confini marittimi e ha deciso di stanziare un finanziamento di più di 40 milioni di dollari per la sicurezza marittima del Mar Cinese Meridionale. Il finanziamento è stato annunciato durante il cinquantesimo anniversario della partnership dialogica tra le due parti. 

La dichiarazione congiunta ASEAN-Australia è un altro passo verso la collaborazione regionale. Tuttavia, resta da vedere se questo impegno finanziario contribuirà in modo significativo alla risoluzione delle tensioni e l’ASEAN potrebbe essere chiamata a svolgere un ruolo più attivo nel promuovere la stabilità nella regione.

Resta da vedere come l’ASEAN si evolverà nel gestire le complesse dinamiche del Mar Cinese Meridionale. Vale la pena menzionare le iniziative minilaterali adottate da alcuni Stati membri, come evidenziato dalle recenti dinamiche tra Filippine e Vietnam. Le due nazioni hanno recentemente firmato un accordo di cooperazione tra le rispettive Guardie costiere. Questo memorandum d’intesa è mirato a ridurre il rischio delle operazioni nelle acque contestate e rappresenta un passo significativo verso la gestione congiunta delle tensioni. Questa iniziativa dimostra come i Paesi membri, anche in modo bilaterale, stiano cercando attivamente soluzioni pragmatiche per promuovere la pace e la stabilità nella regione.

Il ruolo della Cina nel commercio ASEAN

Negli ultimi anni Pechino e i Paesi del Sud-Est asiatico hanno firmato una serie di accordi di cooperazione economica

Editoriale a cura di Lorenzo Riccardi, Managing Partner RsA Asia

Il ruolo di Pechino in Asia è promosso dal volume degli scambi commerciali e dal numero di accordi bilaterali e multilaterali. Nella regione Asia-Pacifico, la Cina ha firmato 42 accordi contro la doppia imposizione, dieci accordi di libero scambio e ha promosso accordi multilaterali di libero scambio con l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), i Paesi del Partenariato Economico Complessivo Regionale (RCEP), le economie del Golfo (Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti) e i Paesi del Nord-Est Asiatico (Giappone e Corea). Il numero di trattati fiscali, accordi di investimento e accordi di libero scambio è proporzionalmente molto più alto nei Paesi vicini dell’area orientale rispetto ad altre regioni del pianeta. Ciò determina una tendenza all’accelerazione delle relazioni economiche, soprattutto con il principale partner commerciale: il blocco ASEAN. Per rafforzare la partnership commerciale, negli ultimi 20 anni Cina e ASEAN hanno firmato una serie di accordi di cooperazione economica. Tra questi, un accordo globale sulla cooperazione economica globale tra ASEAN e Cina nel 2002, l’istituzione dell’Area di libero scambio ASEAN-Cina (ACFTA) attuata in diverse fasi tra il 2005 e il 2010, l’Accordo di libero scambio Cina-Singapore in vigore dal 2008, un accordo sugli investimenti ASEAN-Cina nel 2009, l’Accordo di libero scambio ASEAN-Hong Kong SAR Cina in vigore dal 2019, il Partenariato economico globale regionale firmato nel 2020 e l’accordo di libero scambio con la Cambogia in vigore dal 2022. Pechino ha inoltre firmato accordi di esenzione reciproca dal visto tra il 2023 e il 2024 con Thailandia, Malesia e Singapore. È prevista una procedura di visto all’arrivo per i cittadini cinesi che si recano in Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos e Myanmar e una procedura semplificata di visto elettronico per il Vietnam. Tra i Paesi ASEAN, solo le Filippine richiedono un visto preventivo per i visitatori cinesi. Nel commercio Cina-ASEAN, Kuala Lumpur è il maggior esportatore con 102 miliardi di dollari di dati delle dogane cinesi nel 2023 (quasi quattro volte il volume delle esportazioni italiane in Cina), mentre Hanoi è il maggior importatore di prodotti cinesi con circa 137 miliardi di dollari. L’ASEAN e Pechino crescono oltre la media globale e la Cina ha nel Sud-Est asiatico il suo primo partner commerciale con 911 miliardi di dollari di scambi nel dicembre 2023, superando il volume aggregato di importazioni ed esportazioni registrato dalla Repubblica Popolare con l’Unione Europea (783 miliardi di dollari) e gli Stati Uniti (664 miliardi di dollari).

Le tendenze demografiche nel Sud-Est asiatico

La gestione delle sfide legate all’urbanizzazione, all’equità di genere e agli spostamenti migratori interni sarà cruciale per plasmare il futuro del Sud-Est asiatico

Di Walter Minutella

Nella regione vibrante e ricca di culture del Sud-Est asiatico, un luogo noto per le sue economie in rapida espansione, stanno emergendo sfide legate alla demografia. Mentre grandi potenze come Cina, Giappone e Corea del Sud sono alle prese con il preoccupante calo della popolazione, emerge un’interessante opportunità per il Sud-Est asiatico. La Cina, ad esempio, nel 2024 ha continuato la sua striscia negativa, con un tasso di mortalità che ha superato il tasso di natalità e una conseguente diminuzione della popolazione di oltre 2 milioni. Inoltre, la Cina si trova ad affrontare il problema di un’età media sempre più avanzata, simile a quella del Giappone, che è una delle più alte al mondo. Tuttavia, è importante concentrarsi anche sui paesi del Sud-Est asiatico, poiché svolgono un ruolo cruciale nel contesto della demografia globale. Mentre i giganti asiatici devono far fronte al calo dei tassi di natalità e all’invecchiamento della popolazione, un esame più attento delle tendenze demografiche nei paesi del Sud-Est Asiatico rivela una storia di crescita e trasformazione.

Dando uno sguardo attento all’ESCAP, la Commissione Economica e Sociale per l’Asia e il Pacifico, nonché una delle cinque commissioni economiche regionali che riportano al Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, vediamo come, al contrario dei grandi paesi asiatici, il Sud-Est Asiatico stia sperimentando una grande impennata demografica.

Questo dato favorevole è principalmente il risultato di diversi elementi significativi che si stanno verificando in questa specifica regione. Questi fattori sono principalmente influenzati dalle strategie politiche legate allo sviluppo urbano, all’espansione economica e al miglioramento delle infrastrutture, i cui sforzi hanno facilitato notevoli progressi, tra cui l’attuale aspettativa di vita di 73,2 anni alla nascita, con proiezioni che indicano che salirà a quasi 78 entro il 2050.

I dati demografici evidenziano anche la favorevole età media della popolazione, che attualmente si attesta poco sopra i 29 anni. Se si considera il tasso di natalità superiore a 2, diventa evidente che la regione del Sud-Est Asiatico prevede una forte crescita demografica nei prossimi anni.

Ovviamente, la prospettiva regionale non si allinea perfettamente con tutti i paesi dell’ASEAN. All’interno dei panorami socioeconomici del Sud-Est asiatico, alcuni paesi stanno sperimentando un’importante crescita demografica, mentre alcuni vivono sfide simili alle nazioni orientali, il che aggiunge profondità e complessità alla narrazione complessiva. Questo fenomeno è strettamente legato a una serie di fattori che mettono in risalto le caratteristiche uniche di ogni singola nazione.

L’Indonesia, con la sua geografia espansiva e il ricco patrimonio culturale, sperimenta una continua crescita demografica. L’attuazione di iniziative di pianificazione familiare e la priorità data all’istruzione, in particolare nelle zone rurali, svolgono un ruolo fondamentale nel favorire un aumento del tasso di fertilità.

Le Filippine, con la loro ricca miscela di influenze culturali e condizioni economiche eterogenee, adottano sempre più politiche che favoriscono l’uguaglianza di genere e migliorano l’accesso ai servizi sanitari, generando così una crescita demografica rilevante. Questa combinazione unica di fattori contribuisce a mantenere un tasso di natalità notevole.

La Thailandia, che sta affrontando un rapido invecchiamento della popolazione, cerca di gestire questa transizione demografica attraverso politiche che mirano a sostenere le famiglie, con un particolare focus sull’equilibrio tra lavoro e vita familiare. 

La Malesia, invece, è alle prese con cambiamenti nelle dinamiche familiari e pressioni economiche, in parte a causa dell’accelerata urbanizzazione degli ultimi anni. Pertanto, le politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia sono cruciali per adattarsi a queste trasformazioni.

Tuttavia, nel contesto di queste dinamiche demografiche nella regione del Sud-Est asiatico, è cruciale notare il caso di Singapore e del Vietnam, costretti ad affrontare una sfida unica. 

Singapore, nonostante la sua storica politica di reclutamento di lavoratori stranieri per sostenere la crescita economica, si trova ad affrontare le complessità di un’inversione demografica. Secondo quanto comunicato dal governo, un quarto della popolazione di Singapore sarà over 65 entro il 2030. L’invecchiamento accelerato della popolazione definita “super-aged” e il declino del tasso di fertilità rappresentano una minaccia per il tessuto sociale ed economico di Singapore. Questo problema è ulteriormente accentuato dalla necessità di attrarre e trattenere personale sanitario come evidenziato dai recenti incentivi finanziari per gli infermieri, che di solito emigrano per cercare compensi maggiori.

Il Vietnam, noto per il suo rapido progresso economico, si distingue per miglioramenti nelle condizioni di vita e un crescente processo di urbanizzazione. Questi fattori, insieme a politiche che sostengono la pianificazione familiare e garantiscono un accesso equo all’istruzione, convergono per sostenere una crescita demografica in equilibrio. Tuttavia, nonostante le prospettive positive del Vietnam, si prevede che il numero di individui over 60 triplicherà prima del 2050. Con un tasso di natalità che è sceso da 6.5 alcuni decenni fa a 2 attualmente, il Vietnam potrebbe affrontare un notevole declino demografico, raggiungendo poco più di 70 milioni di abitanti entro il 2100, rispetto agli oltre 100 milioni attuali. Di conseguenza, il governo vietnamita sta attivamente intervenendo per sostenere economicamente le famiglie numerose, cercando di stimolare un aumento del tasso di natalità.

Analizzare approfonditamente le politiche demografiche, economiche e sociali di ciascun Paese è essenziale per comprendere appieno le ragioni di queste tendenze demografiche e anticiparne gli impatti futuri nella complessa regione del Sud-Est asiatico. Secondo gli esperti, le politiche di sostegno alle famiglie, l’accesso all’istruzione e le opportunità di lavoro influenzeranno significativamente la direzione demografica della regione. Inoltre, la gestione delle sfide legate all’urbanizzazione, all’equità di genere e agli spostamenti migratori interni sarà cruciale per plasmare il futuro del Sud-Est asiatico.

Si può pertanto evincere che il Sud-Est asiatico presenta una complessa varietà di scenari demografici, ciascuno con le proprie peculiarità. Monitorare attentamente queste dinamiche e comprendere il contesto socio-economico di ciascun Paese è essenziale per delineare con precisione il futuro demografico di questa regione che acquisisce sempre più importanza nello scenario globale e che attualmente sembra essere in pieno aumento con ottime prospettive future.

Un viaggio, tre destinazioni

Laos, Cambogia e Vietnam puntano a massimizzare i ricavi del settore turistico proponendo un pacchetto “tri-paese”

Di Tommaso Magrini

I leader di Laos, Vietnam e Cambogia stanno facendo un grande sforzo per incoraggiare un maggior numero di turisti internazionali a visitare i loro tre Paesi in un unico viaggio. In quella che viene presentata come un’esperienza di viaggio unica e senza soluzione di continuità, i premier hanno sollevato questa iniziativa – denominata “Un viaggio, tre destinazioni” – più volte nei mesi scorsi, in occasione dei loro incontri a margine del vertice ASEAN di Giacarta e del vertice commemorativo ASEAN-Giappone di Tokyo. Il Primo Ministro cambogiano Hun Manet ha dichiarato che il Paese si spingerà oltre, ospitando una conferenza che coinvolgerà i ministri del turismo dei tre Paesi per sviluppare lo sforzo congiunto. Molte agenzie di viaggio stanno già conducendo questi cosiddetti tour “tri-paese” da qualche tempo. I tre Paesi, che condividono i confini, hanno punti di forza complementari per offrire un’esperienza diversificata ai viaggiatori, dato che offrono una miscela di patrimoni storici, culturali e naturali. Il Laos, senza sbocco sul mare, è rinomato per la sua atmosfera tranquilla e il suo vibrante patrimonio culturale. La Cambogia vanta antichi templi e ricchezze spirituali, mentre il Vietnam offre un mix di città vivaci e meraviglie naturali immerse in una campagna serena e nella lunga costa del Paese. Gli operatori del settore hanno dichiarato che la questione dei visti rimane uno degli ostacoli da superare per il successo di questa spinta turistica tra i tre Paesi. I tre governi chiedono un processo di rilascio dei visti più snello, che preveda il riconoscimento reciproco dei visti, la standardizzazione delle procedure di richiesta dei visti, l’unificazione delle tariffe e l’utilizzo di database condivisi per lo scambio di informazioni. Dal 2012 la Cambogia e la Thailandia hanno per esempio istituito un sistema che consente ai turisti di visitare entrambi i Paesi con un unico visto. Un precedente che potrebbe presto fare scuola.

L’AUSTRALIA PUNTA SULL’ASEAN

Pubblichiamo qui uno stralcio del discorso della Ministra degli Esteri Penny Wong al summit di Melbourne tra Australia e ASEAN

Quando l’ASEAN era ancora agli albori, circa cinquant’anni fa, il nostro visionario Primo Ministro Gough Whitlam riconobbe che l’ASEAN era già centrale nella gestione delle sfide della regione, e capì che lo sarebbe diventata sempre di più. Per questo motivo, si impegnò con entusiasmo a favore dell’ASEAN e ben presto l’Australia divenne il primo paese non membro a stabilire relazioni formali, quando il Primo Ministro Whitlam firmò per l’Australia come primo partner di dialogo dell’ASEAN. Il Primo Ministro Whitlam sapeva che, sebbene gran parte della nostra storia fosse in Europa, la nostra casa e il nostro futuro sono nella nostra regione. Ha riconosciuto il ruolo che il Sud-Est asiatico avrebbe avuto nel destino dell’Australia e del mondo. A sua volta, Whitlam vedeva l’Australia come “un vero partecipante al destino della regione”. E, come sempre, pensando al futuro, disse: “Non si può tornare indietro da questo impegno”. In effetti, è stato dimostrato che aveva ragione. E il nostro impegno è cresciuto fino a diventare un Partenariato strategico globale tra l’ASEAN e l’Australia, la formalizzazione dell’impegno permanente dell’Australia nei confronti della centralità dell’ASEAN. La formalizzazione di una verità che l’Australia non solo riconosce, ma abbraccia: condividiamo una regione e un futuro. Siamo legati dalla geografia che il destino ha scelto per noi e siamo rafforzati dal partenariato che abbiamo scelto per noi stessi. Le nostre nazioni e i nostri popoli si arricchiscono con gli scambi commerciali. Le nostre nazioni e i nostri popoli beneficiano della pace, della stabilità e della sicurezza che costruiamo insieme. La nostra fede nel successo condiviso è alla base dell’impegno dell’Australia per un maggiore partenariato economico. Abbiamo tutti la responsabilità di plasmare la regione che vogliamo condividere: pacifica, stabile e prospera. I nostri partenariati di difesa di lunga data nella regione, anche con gli Stati membri dell’ASEAN, non costruiscono solo interoperabilità, ma anche amicizia e comprensione. I Paesi della nostra regione dipendono dagli oceani, dai mari e dai fiumi per il loro sostentamento e per il commercio, comprese le rotte marittime libere e aperte nel Mar Cinese Meridionale. Per questo sono lieta di annunciare che nei prossimi quattro anni stanzieremo altri 64 milioni di dollari, di cui 40 milioni di dollari di nuovi finanziamenti, per potenziare i partenariati marittimi australiani nel Sud-Est asiatico. Sono inoltre lieta di annunciare un ulteriore stanziamento di 222,5 milioni di dollari per sostenere la resilienza nella subregione del Mekong. Una seconda fase del Partenariato Mekong-Australia porterà investimenti nella sicurezza idrica, nella resilienza ai cambiamenti climatici, nella lotta alla criminalità transnazionale e nel rafforzamento della leadership subregionale.

I rifiuti diventano fonte di energia

Si moltiplicano i progetti di economia circolare nei Paesi del Sud-Est asiatico

Di Tommaso Magrini

Mentre la crescente popolazione del Sud-Est asiatico genera sempre più rifiuti, l’uso di questi ultimi come fonte di energia sta facendo progressi, con le aziende giapponesi e il loro know-how in materia di incenerimento a fare da apripista. Un impianto di incenerimento dei rifiuti nel distretto sud-occidentale di Singapore, Tuas, è già in grado di trattare circa il 35% della spazzatura generata quotidianamente dalla città-stato. Circa 500-600 camion della spazzatura trasportano 24 ore su 24 i rifiuti all’impianto, la cui capacità di produzione di energia raggiunge i 120 megawatt. Nel 2022 Mitsubishi Heavy Industries ha annunciato di aver acquistato tutte le azioni di TuasOne, gestore dell’impianto di termovalorizzazione dei rifiuti. TuasOne era una joint venture tra Hyflux, un’importante società di trattamento delle acque di Singapore che nel frattempo è crollata, e Mitsubishi Heavy, che ha trasformato TuasOne in una società interamente controllata. Mitsubishi Heavy ha progettato e costruito quattro impianti di termovalorizzazione a Singapore e afferma di avere il più ampio curriculum del settore nel Sud-Est asiatico. Anche un consorzio guidato dal conglomerato Keppel, affiliato al governo di Singapore, ha ricevuto ordini per progettare e costruire impianti di termovalorizzazione nel Paese, che possono anche generare elettricità utilizzando il calore prodotto durante l’incenerimento. La società di ricerca indiana Mordor Intelligence prevede che il mercato della termovalorizzazione dei rifiuti nel Sud-Est asiatico crescerà da 3,3 miliardi di dollari nel 2023 a 6,1 miliardi di dollari nel 2028, con un aumento di circa l’80%. I piani per la creazione di almeno sei impianti di questo tipo in Malesia sono stati avviati tra il 2020 e il 2021, e tutti dovrebbero essere completati entro il 2025. In Thailandia, nel 2020 è iniziata la costruzione di un impianto per incenerire circa 144.000 tonnellate di rifiuti all’anno e generare 6 megawatt di energia.

ASEAN e diplomazia minilaterale

Secondo Richard Heydarian dell’Università delle Filippine, la cooperazione tra Paesi membri è utile anche a livello bilaterale o trilaterale

Durante una visita di Stato in Vietnam di qualche settimana fa, il Presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. ha firmato un accordo per espandere la cooperazione bilaterale in materia di sicurezza marittima. I due governi hanno segnalato che collaboreranno più strettamente per proteggere gli interessi comuni nel Mar Cinese Meridionale, soprattutto con le loro forze di guardia costiera. L’annuncio ha fatto seguito a un analogo faccia a faccia sulla cooperazione in materia di sicurezza avvenuto in precedenza a Manila tra Marcos e il presidente indonesiano Joko Widodo, che ha fatto tappa anche in Vietnam e in Brunei. “Queste visite sono più che simboliche”, sostiene Richard Heydarian, docente senior presso il Centro Asiatico dell’Università delle Filippine, in un commento pubblicato nei giorni scorsi su Nikkei Asia. Secondo Heydarian, considerando il fatto che l’ASEAN si concentra sul processo decisionale per consenso, “il blocco è stato talvolta lento e poco reattivo alle grandi crisi nel proprio cortile”. In questo contesto, Heydarian sostiene che la cooperazione “minilaterale” tra membri chiave con interessi strategici comuni “ha il potenziale per rendere il Sud-Est asiatico una forza molto più efficace nella regione indo-pacifica”. Non una sostituzione al ruolo del blocco, ma una sua estensione e forse un suo potenziamento. Si legge nel commento dell’esperto: “Sebbene Filippine, Indonesia e Vietnam siano nazioni in via di sviluppo con capacità militari relativamente limitate, il trio può contribuire collettivamente alla centralità dell’ASEAN nella definizione dell’architettura di sicurezza regionale e con un maggiore coordinamento strategico”. Quest’anno è già iniziato come un anno produttivo per il minilateralismo dell’ASEAN. Nell’ambito della cooperazione strategica, Hanoi e Manila collaboreranno allo sviluppo di infrastrutture e alla coproduzione di batterie per veicoli elettrici, sfruttando le grandi riserve di rame, nichel e cobalto delle Filippine. Il Vietnam è in particolare la fonte di circa il 90% delle importazioni di riso delle Filippine. Nel corso dell’anno, Filippine, Indonesia e Giappone si uniranno probabilmente al Vietnam per l’annuale esercitazione sull’inquinamento marino Marpolex. Il minilateralismo può dunque essere utile, secondo Heydarian, anche in altri settori oltre a quello della sicurezza.

ASEAN verso un boom del solare

Grazie alla presenza di risorse naturali rinnovabili, il Sud-est asiatico ha un ampio margine di crescita nella produzione di energia rinnovabile

Di Tommaso Magrini

Il Sud-Est asiatico vuole triplicare la produzione di energia rinnovabile, in linea con l’impegno assunto l’anno scorso dalle Nazioni Unite. E per farlo riceverà probabilmente una spinta dalle installazioni solari record della Cina, la quale ha aggiunto 216,9 gigawatt di energia solare nel 2023, superando i 175,2 gigawatt generati negli Stati Uniti, il secondo mercato mondiale dell’energia solare. Il forte aumento ha favorito un crollo dei prezzi delle apparecchiature rinnovabili, aiutando il resto dell’Asia. Il risultato è che la Cina ha una capacità di esportazione di moduli solari nettamente superiore nel 2024 e nel 2025, e l’eccesso di offerta globale che ne deriva sta facendo scendere drasticamente i prezzi dei moduli. “Tutto ciò sta aumentando la redditività commerciale dell’energia solare rispetto alle fonti alternative di elettricità, sia all’interno della Cina che nei mercati asiatici più ampi e a livello globale”, hanno affermato gli esperti interpellati dal South China Morning Post. Paesi del sud-est asiatico come la Thailandia, il Vietnam e Singapore stanno accelerando la capacità di produzione di energia rinnovabile in linea con i loro obiettivi di emissioni nette zero entro il 2050 o il 2060, ma hanno trovato difficile ridurre la loro dipendenza dal carbone e dal gas. Le sfide per gli altri Paesi asiatici sono “molto diverse” da quelle della Cina, a causa della mancanza di accesso ai finanziamenti e dell’inadeguatezza delle infrastrutture di rete e dei sistemi di stoccaggio delle batterie. Ma grazie alla presenza di risorse naturali rinnovabili, il Sud-est asiatico ha un ampio margine di crescita nella produzione di energia rinnovabile. La Cina sta sviluppando e finanziando progetti di energia solare nella regione. Tra questi, il Mekong River Floating Solar Project in Thailandia da 2,2 gigawatt, il Don Sahong Dam Solar Project in Laos da 168 megawatt e il Cirata Floating Solar Project in Indonesia da 140 megawatt.

ASEAN e India, il legame si rafforza

Il viaggio a Nuova Delhi del Segretario generale dell’Associazione avvicina il blocco al gigante asiatico

Su invito del governo della Repubblica dell’India, S.E. Dr. Kao Kim Hourn, Segretario generale dell’ASEAN, ha effettuato una visita di lavoro in India dal 12 al 15 febbraio 2024. febbraio. La visita ha avuto lo scopo di far progredire ulteriormente il Partenariato Strategico Complessivo (CSC) ASEAN-India partenariato strategico globale (CSP), riattivando gli impegni attraverso lo spettro dei tre pilastri comunitari dell’ASEAN e promuovendo la diplomazia e la visibilità dell’ASEAN in India. Radicato in secoli di legami civili, connettività marittima e scambi interculturali, il Partenariato Strategico Complessivo ASEAN-India ha continuato a guadagnare slancio. Durante la visita, l’India ha riaffermato al Segretario generale dell’ASEAN il suo impegno a collaborare con l’ASEAN e i suoi partner a sostegno della pace, della stabilità e della prosperità della regione. L’India ha espresso il suo incrollabile sostegno alla centralità dell’ASEAN e alle prospettive dell’ASEAN per l’Indo-Pacifico (AOIP) come principio e quadro di riferimento per la promozione della cooperazione nella regione. La visita ha messo in evidenza la posizione dell’India come ottavo partner commerciale dell’ASEAN, con un commercio totale di 113,08 miliardi di dollari, pari al 2,94% del commercio totale dell’ASEAN. Nel frattempo, i flussi di investimenti diretti esteri dall’India all’ASEAN sono stati pari a 0,68 miliardi di dollari nel 2022. Per massimizzare ulteriormente il potenziale della cooperazione economica ASEAN-India e al contempo delle incertezze geo-economiche, il Segretario generale dell’ASEAN ha comunicato all’India la necessità per entrambe le parti di incrementare ulteriormente gli scambi e gli investimenti, anche attraverso l’utilizzo pieno ed efficace dell’area di libero scambio ASEAN-India (AIFTA), un rapido utilizzo della AIFTA (ASEAN-India Free Trade Area), la rapida conclusione dei negoziati di revisione dell’Accordo ASEAN-India sul commercio di beni (AITIGA) e la potenziale partecipazione dell’India al Partenariato economico globale regionale (RCEP). Nel frattempo, nel settore del turismo, le discussioni durante la visita hanno rilevato un aumento significativo del numero di arrivi di visitatori dall’India all’ASEAN, che si è attestato a 2,38 milioni nel 2022. Questo riflette i segnali positivi della ripresa post-COVID-19, che si prevede porterà ulteriori benefici ad entrambe le parti attraverso lo sviluppo di un turismo sostenibile e la collaborazione su iniziative di marketing per presentare l’ASEAN come una destinazione turistica unica per il mercato indiano.

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