Asean

A bordo dell’ASEAN Express

Un viaggio alla scoperta delle perle del Sud-Est asiatico

Qualcuno potrebbe obiettare che parlare di viaggi oggi suoni quasi anacronistico. Tra frontiere bloccate e crisi sanitaria, sembrano lontani i tempi in cui si poteva acquistare un biglietto aereo online e ritrovarsi in pochi giorni dall’altra parte del pianeta. Eppure, invece di farsi prendere dalla nostalgia, è possibile approfittare di questo tempo passato a casa per posare gli occhi della mente su nuovi orizzonti a Sud-Est, scoprendo nuove mete per quando viaggiare sarà di nuovo possibile. 

L’amante della natura di certo non può farsi sfuggire le spiagge paradisiache e la natura incontaminata di Filippine e Indonesia. Circondate dall’Oceano Pacifico e composte da più di 7.000 isole, le Filippine si sono guadagnate numerosi appellativi legati al turismo, settore che nel 2019 ammontava per il 12,7% del PIL del Paese (dati del Philippine Statistics Authority): capitale del Pacifico occidentale, centro dell’Asia ispanica, Perla dei Mari Orientali, capitale del divertimento, e molti altri. Le Filippine sono la meta ideale per gli appassionati di scuba diving e snorkeling: in particolare, l’isola di Cebu è una meta prediletta sia per le sue barriere coralline, sia per le grotte marine che attraggono ogni anno migliaia di fotografi da tutto il mondo. I più avventurosi si addentrano fin nella regione tribale di Sagada, oppure esplorano i siti UNESCO come le Chocolate Hills o le terrazze di riso di Batad e Bangaan, per conoscere la storia e le tradizioni dei villaggi etnici che ancora vi si trovano. 

Quanto a spiagge bianchissime e atmosfere esotiche, l’Indonesia non è da meno. Bali, in particolare, è una meta sognata da più di sei milioni di visitatori l’anno, e compare in numerosi film di fama internazionale. Anche chi preferisce la quiete e i luoghi meno turistici può trovare il suo piccolo angolo di paradiso a Giava, Sumatra, o in una delle altre 17,505 isole del più grande Stato-arcipelago del mondo.

Per i viaggiatori più interessati alla cultura, Vietnam e Thailandia sono le mete che più hanno da offrire. Tuttavia, la più piccola Cambogia può fregiarsi di ospitare il più vasto sito archeologico dell’intero Sud-Est asiatico, nonché il più grande complesso religioso al mondo, Angkor Wat. Il suo nome, che in lingua khmer significa “città dei templi”, fa riferimento alla sua origine di capitale designata dell’impero: il sovrano Suryavarman II in persona la fondò per farne il centro politico e religioso della cultura khmer. Ben 1.626 km2 di templi mastodontici, divenuti un tutt’uno con la vegetazione dopo oltre 900 anni di convivenza, tanto che spesso non si riesce più a distinguere dove la roccia arenaria finisce e la radice di un albero secolare comincia. Originariamente dedicato al dio hindu Vishnu, col tempo il sito è stato convertito in un complesso buddhista, ed è oggi un simbolo così importante da essere persino rappresentato sulla bandiera della Cambogia. 

Per chi non può fare a meno dei parchi a tema e delle luci sfavillanti della metropoli, Malesia e Singapore sono la scelta giusta. Sono lontani i tempi in cui i mari dello Stretto ispiravano Salgari per i suoi personaggi: oggi Kuala Lumpur, la capitale malese, è una città in pieno boom economico trascinato soprattutto dall’export di prodotti high-tech. Dati dellaBanca Mondiale riportano per il 2015 un valore del comparto pari a 57 miliardi di dollari, secondo solo a Singapore nell’intera regione ASEAN. Iconiche le Petronas Towers, le torri gemelle più alte al mondo, e il Genting Highlands Resort, una città-resort con al suo interno hotel, centri commerciali, casinò e parchi a tema, posizionata sulla cima della montagna Ulu Kali a più di 1800 metri sul livello del mare. 

I più appassionati di architettura contemporanea possono prendere un treno o uno dei numerosi voli low cost e arrivare in poco tempo a Singapore. Nella città-stato potranno visitare i Gardens by the Bay, un parco artificiale di più di cento ettari parte del piano governativo di trasformare Singapore da “città giardino” a “città in un giardino”, oltre che l’Helix Bridge (un ponte a forma di molecola del DNA) e l’ Esplanade – Theatres on the Bay (il centro di arti performative). Si tratta in ciascun caso di progetti dove l’ingegno umano si fonde con la forza della natura.

La purezza di spiagge incontaminate, l’inebriante profumo dell’incenso nei templi, il caos della metropoli, e molto altro: il Sud-Est asiatico di certo sa come fare breccia nel cuore del viaggiatore più esigente.

A cura di Valentina Beomonte Zobel

37°ASEAN Summit: sfide e nuove opportunità

Dalla pandemia alla RCEP e il Mar Cinese Meridionale, i Paesi dell’ASEAN al centro della regione indopacifica 

Dal 12 al 15 Novembre si è svolto online il 37° ASEAN Summit, l’ultimo della presidenza vietnamita che dovrà lasciare ora il posto al Brunei. La cerimonia di apertura del vertice tra gli Stati membri dell’ASEAN è stata infatti aperta dai discorsi del Presidente del Vietnam, Nguyen Phu Trong, e del Primo Ministro, Nguyen Xuan Phuc, che hanno sottolineato la resilienza dell’ASEAN di fronte alle sfide senza precedenti imposte dalla pandemia. 

Innanzitutto, particolare attenzione è stata dedicata al delicato tema del Mar Cinese Meridionale. I diversi Paesi membri dell’ASEAN hanno riaffermato la loro determinazione a voler mantenere la pace e la stabilità nell’area attraverso lo sviluppo di un Codice di Condotta per il Mar Cinese Meridionale con Pechino. Le trattative stentano a decollare, ma secondo quanto dichiarato a margine del Summit, il documento dovrebbe essere pronto entro la fine del 2021. L’obiettivo è quello di garantire il libero flusso delle merci nel conteso specchio d’acqua, rispettando le norme e convenzioni internazionali in materia di diritto del mare. 

In seguito, i leader dell’ASEAN hanno discusso della risposta comune alla pandemia di Covid-19, presentando l’ASEAN Strategic Framework for Public Health Emergencies. Il documento, alla base di tutte le iniziative comuni riguardanti le emergenze sanitarie nella regione, avrà lo scopo di migliorare la preparazione e la risposta dell’ASEAN di fronte alle emergenze della sanità pubblica. Incluso in questo documento è quindi il Covid-19 Response Fund, concordato dai Paesi ASEAN ad aprile, che al momento ha un budget di 10 milioni di dollari, e che avrà la funzione di fornire assistenza alle nazioni più colpite dalla pandemia. Pur molto diverso dal Next Generation EU per natura e portata dell’intervento, questo fondo rappresenta un primo passo importante dei Paesi del Sud-Est asiatico verso la definizione di strumenti comuni per affrontare le crisi. 

Insieme all’emergenza sanitaria, la crisi pandemica ha avuto un impatto devastante anche sulla società e sull’economia della regione. La risposta sul piano epidemiologico deve quindi andare di pari passo con la strategia di ripresa socio-economica nella regione del Sud-Est asiatico. A tal proposito, i rappresentanti dei Paesi ASEAN hanno istituito l’ASEAN Comprehensive Recovery Framework per pianificare la fase di ripresa dalla crisi. Tra le misure principali incluse nel Recovery Framework vi sono: il rafforzamento dei sistemi sanitari regionali, una maggiore cooperazione economica all’interno dell’ASEAN, la promozione della trasformazione digitale, e l’attenzione ai temi sostenibilità e ambiente. L’obiettivo di questa iniziativa è quello di gestire con un approccio cooperativo la delicata fase di ripresa dall’emergenza sanitaria, con un focus sulla dimensione regionale della crisi. 

Inoltre, questa edizione del Summit ha visto svolgersi il 1° ASEAN Women Leaders’ Summit. Per la prima volta le rappresentanti delle donne leader dell’ASEAN hanno fatto sentire la propria voce nel vertice intitolato “Women’s Role In Building a Cohesive, Dynamic, Sustainable And Inclusive ASEAN Community In a Post Covid-19 World”, enfatizzando il ruolo delle donne nella promozione dello sviluppo sostenibile nel mondo post-pandemico.Le leader hanno dichiarato con forza che la  pandemia minaccia di invertire i duri risultati ottenuti nella regione in termini di uguaglianza di genere ed empowerment femminile. A gran voce è stato, dunque, rimarcato che l’ASEAN deve mitigare gli impatti negativi del COVID-19 sulle donne, ponendole al centro dei processi di ricostruzione e ripresa. 

Di notevole importanza anche il vertice tra ASEAN, Cina, Giappone e Corea, il 23° ASEAN Plus Three Summit, incentrato sul rafforzamento della cooperazione per la resilienza economica e finanziaria di fronte alle sfide attuali. L’ASEAN e i suoi partner regionali hanno affermato la necessità di aumentare gli sforzi congiunti per ripristinare la crescita economica dell’intera regione, rafforzando il commercio regionale e la cooperazione economica, anche per promuovere le opportunità di business e di investimenti. Sforzi indirizzati anche al potenziamento di piccole e medie imprese, gruppi sociali vulnerabili, start-up e settori economici più duramente colpiti dalla pandemia, senza tralasciare lo sviluppo dell’economia digitale.

La giornata finale del Summit ha segnato un’altra data storica. Il 15 novembre 2020, durante il 4° RCEP Summit, è stata firmata la Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP). Lanciata nel 2012 a margine del 21° ASEAN Summit, la RCEP è un mega accordo commerciale siglato dai 10 Paesi membri dell’ASEAN e Cina, Corea del Sud, Giappone, Australia e Nuova Zelanda. Il nuovo blocco economico rappresenterà il 30% dell’economia globale e riguarderà circa 2,2 miliardi di consumatori, costituendo la più grande area di libero scambio del mondo, più vasta di quella europea o nordamericana.

Ancora una volta, dunque, l’ASEAN Summit rivela la centralità dei Paesi del Sud-Est asiatico nel nuovo contesto regionale e globale. Nel Mar Cinese Meridionale, le nazioni dell’ASEAN saranno fondamentali per bilanciare la Cina. Con la RCEP, l’Asia spinge sul libero scambio e il multilateralismo, rilanciando un’importante tendenza frenata dall’Amministrazione Trump negli ultimi anni. Di fronte alle emergenti sfide e difficoltà, l’ASEAN si è mostrata unita e forte, confermando il suo ruolo fondamentale di foro di dialogo e cooperazione centrale in Asia e nel mondo. 

A cura di Annalisa Manzo

Un futuro green per l’ASEAN: rispondere al cambiamento climatico attraverso la sostenibilità

La regione punta sul rispetto per l’ambiente e sull’innovazione tecnologica

Si è tenuta martedì 10 novembre la Terza tavola rotonda del Digital High Level Dialogue organizzato da The European House Ambrosetti, in collaborazione con l’Associazione Italia-ASEAN, sul tema delle relazioni tra l’Italia e l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico. La regione si sta rivelando un’area promettente per attività di import/export, nonché una valida destinazione per gli investimenti in materia di sviluppo sostenibile ed economia circolare. L’esperienza dei Paesi ASEAN nel gestire la pandemia da Covid-19, infatti, ci ha mostrato come problemi di portata internazionali possono essere affrontati tramite azioni collettive e con un approccio resiliente. Tuttavia, permane la minaccia del cambiamento climatico che richiede l’adozione di soluzioni adeguate da parte di istituzioni e aziende. 

Una speranza viene dal rapporto Renewables 2020 dell’International Energy Agency (IEA), secondo il quale nel 2020 abbiamo assistito ad un incremento delle energie rinnovabili in tutto il mondo, rappresentando il 90% della nuova energia generata a livello globale, con il restante 10% derivato da gas e carbone. Le previsioni di crescita per il 2021, inoltre, lasciano intendere un risultato altrettanto roseo: entro il 2025 le Fonti di Energia Rinnovabile (FER) diventeranno la principale fonte di produzione di energia elettrica su scala mondiale.

Per quanto concerne i Paesi ASEAN, il cambiamento climatico rappresenta una sfida alla loro stessa esistenza. La regione, infatti, è nota per il suo clima tropicale umido, caratterizzato da una temperatura media superiore ai 18°C e dalle continue piogge monsoniche. Tuttavia, le conseguenze generate dall’inquinamento, dall’innalzamento del livello del mare e dall’aumento delle emissioni di CO2 si manifestano già in modo dirompente attraverso catastrofi naturali e le cosiddette “migrazioni climatiche”, fenomeni che possono influire sulla loro dimensione socio-economica. Secondo uno studio della Asian Development Bank (ADB), in assenza di misure adeguate il PIL della regione potrebbe subire una contrazione dell’11% entro il 2100.

I governi ASEAN si stanno muovendo nella giusta direzione, manifestando la chiara intenzione di voler adottare modelli di sviluppo che siano sostenibili, inclusivi e durevoli nel tempo. Ne discuteranno dal 17 al 20 novembre in occasione della 38° edizione dell’ASEAN Ministers on Energy Meeting (AMEM), ovvero un momento di confronto sul tema della “Transizione energetica verso uno sviluppo sostenibile” , a testimonianza di quanto temi come “sostenibilità” ed “economia circolare” stiano diventando prioritari all’interno delle agende istituzionali. 

Per sottolineare questo percorso di crescita verso lo sviluppo sostenibile, durante l’incontro è stata fondamentale la testimonianza di aziende della regione provenienti da settori che, parallelamente all’azione dei governi, stanno manifestando un chiaro interesse per uno sviluppo sempre più green. È il caso riportato da Claudia Anselmi, Amministratore Delegato di Hung Yen Knitting & Dyeing Co., azienda leader dell’industria del settore tessile fondata in Vietnam nel 2008 dal gruppo italiano Carvico, e nota per il suo approccio sostenibile finalizzato alla riduzione dei rifiuti e all’efficientamento della catena di produzione. Per altri settori, invece, come segnalato da Alberto Maria Martinelli, Presidente della Camera di Commercio Italiana a Singapore, sono necessari investimenti green al fine di realizzare infrastrutture e tecnologie sostenibili. Funge da esempio, infatti, il caso del settore agricolo, sempre più minato dalle catastrofi naturali e in cui la digitalizzazione può giocare un ruolo fondamentale attraverso l’utilizzo di modelli predittivi. Questo fenomeno, noto come digital agriculture, sta diventando sempre più centrale nel dibattito sulla salvaguardia delle popolazioni minacciate dalle calamità naturali, e si pone anche in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030 delle Nazioni Unite.

È indubbio, dunque, che il cambiamento climatico esiste da ben prima della pandemia da Covid-19, ma solo quest’ultima è riuscita far emergere l’esigenza di una trasformazione sostenibilea livello globale. L’Italia e i Paesi ASEAN stanno mostrando di saper cogliere questa opportunità attraverso maggiori investimenti sull’innovazione tecnologica e con un approccio ecocompatibile volto al rafforzamento della cooperazione internazionale.

L’importanza del Pan-Asia Railway Network per il Sud-Est asiatico

La rete ferroviaria ad alta velocità che collegherà Kunming a Singapore contribuirà ad aumentare l’integrazione economica in Asia orientale

La ferrovia Kunming-Singapore, conosciuta anche come Pan-Asia Railway Network, rappresenta uno dei progetti infrastrutturali più ambiziosi attualmente in costruzione in Asia, ed è stato ideato con lo scopo di connettere il Sud-Est asiatico alle provincie meridionali della Cina. Composta da una fitta rete di linee ferroviarie in parte già funzionanti, una volta completato il Pan-Asia Railway Network collegherà la città di Kunming, capitale della provincia dello Yunnan e centro economico del Sud della Cina, a Singapore, passando per Thailandia, Cambogia, Vietnam, Laos e Myanmar.

La base del progetto risale alla fine del XIX, quando le amministrazioni coloniali inglesi e francesi si accordarono per lo sviluppo congiunto di una rete di trasporti in modo da collegare con facilità la Cina sud-occidentale alla penisola indocinese. L’obiettivo era quello di facilitare l’esportazione di merci e prodotti europei nella regione, oltre che sfruttare le ingenti risorse minerarie dello Yunnan. Tuttavia, i numerosi conflitti succedutisi nel corso del secolo successivo assestarono un duro colpo alle ambizioni commerciali europee e, all’indomani della seconda guerra mondiale, i nuovi Paesi dell’area erano troppo impegnati nei rispettivi processi di indipendenza per pensare a un sistema di trasporti unitario e funzionale. Complice anche lo scarso peso economico dell’Asia sud-orientale che non giustificava un investimento così ingente, il progetto venne accantonato per decenni.

L’inizio del terzo millennio vede emergere la Cina come principale potenza economica del continente. Dell’impetuosa crescita cinese ne hanno beneficiato tutti i Paesi dell’area, tanto che agli inizi degli anni 2000 sia l’ASEAN che la Cina sentivano l’esigenza di investire sull’adeguamento delle infrastrutture regionali. Con il varo della Belt and Road Initiative nel 2013, la rilevanza strategica della Kunming-Singapore è ulteriormente accresciuta. Il governo cinese ha investito cifre significative per connettere tutto il continente: Pechino sta puntando con forza sul Sud-Est asiatico, orientando quasi un terzo degli investimenti totali della BRI verso i Paesi ASEAN. 

Sono stati proposti diversi progetti per completare il Pan-Asia Railway Network, che oggi vede tre rotte principali in fase di costruzione: quella centrale, da Kunming a Singapore passando per Bangkok; la rotta orientale che da Kunming arriva ad Ho Chi Minh City via Hanoi; e la rotta occidentale, da Kunming a Yangon in Myanmar, ancora in fase progettuale. 

Per i Paesi ASEAN la Pan-Asia Railway Network avrà un notevole impatto geopolitico: un progetto di tale portata rappresenta un’opportunità unica per rafforzare i legami economici all’interno della regione e con il resto della comunità internazionale. I circa 5.500 km di future linee ferroviarie contribuiranno ad aumentare la circolazione di merci, persone e idee in Asia orientale nei prossimi decenni, con un ritorno positivo per tutti i Paesi coinvolti.

Non mancano però anche dei lati negativi. In molti casi non sono mancati ritardi o rinvii nella fase di implementazione dei progetti a causa di diverse difficoltà strutturali. Da un lato la complessa geomorfologia del territorio di Myanmar e Laos sta creando non poche difficoltà agli ingegneri locali, dall’altro diversi gruppi etnici che vivono lungo il percorso delle nuove ferrovie protestano per l’impatto che i canteri avranno sulle loro comunità. Inoltre, in Thailandia, Vietnam, Malesia e Cambogia le reti ferroviarie esistenti non sono ancora in grado di garantire il funzionamento di treni ad alta velocità, in parte perché molte ferrovie sono a binario unico e in parte perché le stesse sono spesso in cattive condizioni. La Cambogia in particolare presenta il gap infrastrutturale più allargato, con gran parte delle infrastrutture costruite dall’autorità coloniale francese fuori uso per decenni.

Tuttavia, la reale preoccupazione di alcuni governi del Sud-Est asiatico è che la Cina possa sfruttare gli investimenti per ottenere, oltre al controllo operativo, anche quello finanziario e politico. Pechino infatti non fornisce sovvenzioni a Paesi terzi ma solo prestiti, e può dunque prendere in carico il progetto qualora il beneficiario non fosse in grado di ripagare il proprio debito. Ad essere preoccupati sono anche gli Stati Uniti, che temono un indebolimento dei rapporti con i Paesi ASEAN e in particolare con Singapore, oggi il più fedele alleato di Washington nella regione nonché quello con la maggiore importanza strategica. La possibilità di collegare direttamente Singapore alla Repubblica popolare marchia il progetto di forte significato geopolitico, in quanto se Pechino riuscisse a portare la città-Stato nella sua orbita, indebolirebbe il primato strategico americano e avrebbe più spazio per operare nella regione indopacifica.

Nonostante ciò, i progetti infrastrutturali cinesi continuano ad avere grande rilevanza per i Paesi ASEAN, che ancora dipendono dagli investimenti di Pechino e dalle opportunità che l’enorme mercato cinese può loro garantire. La potenza di fuoco del gigante cinese sarà fondamentale per sviluppare le infrastrutture nell’Asia orientale, tuttavia le nazioni del Sud-Est asiatico dovranno bilanciare i rapporti con la Cina per evitare di perdere peso  geopolitico e al contempo sfruttare le opportunità economiche derivanti dal rapporto con Pechino.

Articolo a cura di Diego Mastromatteo

RCEP: l’accordo che cambierà gli equilibri mondiali

La firma dell’accordo di libero scambio, attesa per la fine del 2020, aumenterà la fiducia nella cooperazione internazionale 

Nasce nel 2012 l’idea di dare vita ad un mega accordo commerciale regionale, capace di riunire quasi tutti gli attori dell’Asia orientale. I Paesi membri dell’ASEAN, radunati in occasione del 21° ASEAN Summit in Cambogia, delinearono all’epoca una strategia di convergenza commerciale da adottare negli anni a venire e che terminerà con la definizione della cosiddetta Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), un accordo di libero scambio di dimensioni mastodontiche e di importanza globale, la cui conclusione è prevista entro la fine del 2020. 

Inizialmente al tavolo delle trattative si sono presentate ben 16 nazioni, ma successivamente l’India ha deciso di abbandonare il progetto a causa delle condizioni relative all’abbattimento progressivo delle tariffe doganali. Cosa che, secondo Nuova Delhi, avrebbe reso più agevole l’accesso al mercato interno indiano ad articoli di provenienza cinese e australiana, andando a danneggiare i produttori locali e conducendo a squilibri economici non indifferenti. Dunque, le nazioni aderenti si sono ridotte ai 10 membri dell’ASEAN (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Birmania, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam) più Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda.

Nonostante la defezione dell’India, il RCEP è destinato a diventare il più grande accordo di libero scambio al mondo. I 15 partecipanti della partnership sono, infatti, tra i maggiori Paesi in via di sviluppo e comprendono collettivamente circa il 30% del PIL e della popolazione mondiali. Allo stesso tempo, il RCEP si configura come un accordo ampio e esaustivo, in grado di osservare le diverse sfaccettature dell’agire economico, includendo oltre a disposizioni di tipo commerciale anche forme di cooperazione tra i membri e meccanismi di risoluzione delle controversie. Si propone, da un lato, di incorporare gli impegni stabiliti dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) per un’ulteriore riduzione delle barriere tariffarie e, dall’altro, di integrare disposizioni che esulano dall’OMC, volte ad affrontare altre questioni normative. Tra queste assumono rilievo i capitoli dedicati alle piccole e medie imprese, l’e-commerce, la risoluzione delle controversie, la proprietà intellettuale e la definizione di procedure per la cooperazione economica e tecnica interstatale. 

Sotto il profilo politico-economico, il RCEP ha tutto il potenziale per diventare un punto di riferimento per gli standard commerciali relativi ai nuovi accordi di libero scambio in Asia e oltre, andando a costituire un precedente legale per i futuri rapporti regionali e internazionali. Al di là di numeri e statistiche la conclusione di un accordo di tale portata avviene in un momento cruciale per la governance economica globale, in cui il multilateralismo cede sempre più spesso il passo a politiche nazionaliste e, occasionalmente, unilaterali. La recessione economica dovuta alla pandemia di Covid-19 è, di fatto, andata a consolidare un trend che si è mostrato in crescita negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda gli Stati Uniti, un attore tutt’ora dominante sulla scena mondiale. Proprio quando la presidenza Trump erige barriere tariffarie e riduce la presenza commerciale estera in nome del motto “America First”, parte del continente asiatico si muove verso una direzione differente, a sostegno del multilateralismo con un approccio cooperativo, nel rispetto dell’ordine economico internazionale basato su regole condivise. 

Con la ratifica del RCEP, in aggiunta al Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership, l’Asia orientale potrà fare affidamento su due giganteschi accordi commerciali che hanno il pregio di promuovere l’integrazione e la stabilità regionale e di rafforzare la centralità dell’ASEAN, tanto nell’Indopacifico, quanto nel panorama internazionale. Tali accordi combinati plasmeranno il più grande blocco commerciale del mondo, coprendo più di un terzo del PIL globale, e contribuendo a questo per circa 137 miliardi di dollari USA nel lungo periodo.

Nel contesto delle controversie commerciali tra Stati Uniti e Cina, il RCEP invia un forte segnale al mondo, manifestando a gran voce la volontà di apertura del continente asiatico. Non a caso, dopo la crisi finanziaria del 1997, la risposta dell’ASEAN alle turbolenze politiche e monetarie è stata quella di raddoppiare i suoi sforzi per un’integrazione economica sempre più inclusiva. La conseguenza finale potrebbe essere uno slittamento degli equilibri mondiali a favore dell’emisfero asiatico, rendendo il RCEP un’importante opportunità di cooperazione con Paesi finora ritenuti quasi secondari e un’occasione di ristabilire la fiducia collettiva nonostante la crescente instabilità del sistema globale. 

A cura di Emilia Leban

La partnership strategica tra UE e ASEAN

Accrescere la cooperazione tra le due regioni sarà utile per affrontare le emergenti sfide globali

La partnership UE-ASEAN risale al 1972, quando la Comunità Economica Europea divenne il primo partner formale di dialogo dell’ASEAN. Negli ultimi 48 anni, la cooperazione tra i due soggetti è notevolmente migliorata, includendo aree sempre più strategiche e promuovendo il dialogo su tematiche inerenti all’economia, alla politica, alla sicurezza e socioculturali in senso più ampio.

Questi temi sono diventati sempre più centrali nelle relazioni UE-ASEAN. Per affrontarli adeguatamente, quindi, le due regioni hanno promosso diverse iniziative tra cui meeting tecnici, incontri ministeriali periodici e grandi eventi, come i Dialoghi di alto livello su argomenti specifici, rafforzando il coordinamento e la cooperazione sulla base di interessi e valori comuni. 

La cooperazione economica, in particolare, è diventata sempre più rilevante e sta generando vantaggi significativi per entrambi gli attori. Il commercio interregionale e gli investimenti si sono notevolmente intensificati negli ultimi decenni. Ad oggi, l’UE è il secondo partner commerciale dell’ASEAN e l’ASEAN è il terzo partner commerciale dell’UE. Nel 2018 gli scambi complessivi di merci hanno raggiunto i 237 miliardi di euro, il doppio rispetto al 2008, mentre gli scambi di servizi – 88,3 miliardi di euro – sono più che raddoppiati nel 2017 rispetto al 2007. L’UE rimane il maggiore fornitore di investimenti diretti esteri nell’ASEAN con un valore di 330 miliardi di euro, sulla base dei dati del 2017. Inoltre, la metà dei fondi di cooperazione dell’UE all’ASEAN per il periodo 2014-2020 è stata destinata all’integrazione economica del Sud-Est asiatico e all’ASEAN Economic Community, con progetti specifici volti a promuovere il dialogo e la cooperazione in ambito economico e commerciale. Singapore e Vietnam hanno già firmato un accordo di libero scambio con l’UE e i negoziati stanno gradualmente evolvendo con diversi altri Stati membri dell’ASEAN, in vista della possibile definizione di un accordo commerciale tra i due blocchi. Nonostante l’impatto della pandemia globale dunque, entrambe le organizzazioni sembrano decise a continuare ad investire nella cooperazione economica per rafforzare la resilienza del sistema globale. 

Per quanto riguarda le tematiche di sicurezza, invece, anche se il coordinamento tra i due attori è migliorato negli ultimi anni, devono ancora essere compiuti progressi significativi. La prima missione della Politica europea di sicurezza e di difesa comune nel Sud-Est asiatico, la missione di monitoraggio di Aceh – incentrata sul processo di pace in Aceh, Indonesia – ha inizialmente avuto un discreto successo ma non è stata poi in grado di produrre risultati concreti. Tuttavia, la cooperazione UE-ASEAN in questo ambito si è notevolmente ampliata nel campo delle questioni di sicurezza “non tradizionali”, quali sicurezza informatica, deradicalizzazione, minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari. A questo proposito, l’iniziativa dell’UE per il lancio di Centri di eccellenza per la riduzione dei rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN) è stata istituita proprio con l’obiettivo di rafforzare il coordinamento con i Paesi partner, tra cui gli Stati membri dell’ASEAN, e di ridurre i rischi CBRN a livello nazionale, regionale e internazionale. Per il futuro, un partenariato globale UE-ASEAN che metta l’accento anche sul rafforzamento delle capacità comuni in materia di sicurezza sarà fondamentale per rafforzare gli interessi di entrambi gli attori nella regione del Pacifico. 

Inoltre, le due regioni stanno lavorando insieme per migliorare la cooperazione anche in altri campi, tra cui la cultura, l’istruzione e l’innovazione. La cooperazione UE-ASEAN mira infatti a costruire società in cui venga dato il giusto peso al benessere comune. Tra le varie iniziative, è stata posta maggiore enfasi sull’istruzione superiore, come area tematica chiave della cooperazione UE-ASEAN. Dal 2014, oltre 5500 studenti e personale delle università del Sud-Est asiatico si sono recati in Europa, finanziati dall’UE e dai suoi Stati membri, e quasi 3000 studenti e componenti del personale europee hanno lavorato o studiato in ASEAN nell’ambito del programma Erasmus+. La cooperazione accademica comprende anche il programma Horizon 2020, che sostiene la ricerca e l’innovazione con progetti di collaborazione nella regione ASEAN, coprendo aree che includono salute, cibo, ambiente e nanotecnologie. 

Essendo i due più importanti progetti di integrazione regionale al mondo, l’ASEAN e l’Unione Europea appaiono come partner naturali, legati da valori e interessi condivisi nel promuovere la pace, la stabilità e la prosperità per i loro cittadini. Entrambi sono impegnati ad affrontare le sfide attuali con un approccio multilaterale, incentrato sul dialogo e sulla cooperazione. Il 22 gennaio 2019, la riunione dei Ministri degli Esteri dei due blocchi ha deciso di elevare le relazioni UE-ASEAN al livello di partenariato strategico, riconoscendo gli impressionanti progressi compiuti nell’attuazione del piano d’azione UE-ASEAN per il periodo 2018-2022. Ciò consentirà un maggiore impegno sulle principali questioni regionali e sulle sfide globali più urgenti di questo secolo, compresa la risposta all’emergenza climatica e la promozione della pace e della sicurezza. Saranno necessari ulteriori sforzi in questa delicata fase caratterizzata dalla pandemia, al fine di rafforzare le relazioni tra le due regioni e ottenere risultati concreti nell’adeguamento del processo di globalizzazione a beneficio del maggior numero possibile di cittadini ma sempre nel rispetto dell’ambiente e a tutela delle classi più deboli della società.

A cura di Ngoc lien Tran 

Agri-food e Made in Italy al centro degli scambi commerciali con l’ASEAN

Le eccellenze italiane attirano nuovi consumatori nel Sud-Est asiatico

A seguito dell’incontro del 13 ottobre riguardo le nuove opportunità per la filiera agro-alimentare dell’Emilia-Romagna in ASEAN, è emerso, con un certo grado di consenso, quanto i Paesi della regione siano affascinati dal marchio “Made in Italy” e dal nostro Paese.  

Il nuovo trattato di libero scambio con il Vietnam, entrato in vigore il 1° agosto, promuove nuove possibilità di interazioni commerciali tra le due regioni e sottolinea la crescente attenzione che il Paese ha mostrato nei confronti dei prodotti italiani. A tal proposito, la creazione di accordi di libero scambio tra UE e ASEAN sarebbe utile a eliminare fenomeni di Italian Sounding. Si tratta di una pratica abbastanza diffusa da parte delle aziende estere che hanno l’obiettivo di attrarre nuovi consumatori proponendo loro delle riproduzioni delle eccellenze enogastronomiche italiane. 

La Dott.ssa Formentini, addetta all’ASEAN Desk presso la Commissione Europea, ha spiegato come riconoscerle, riservando particolare attenzione ai mezzi di identificazione quali i marchi IGP (Indicazione Geografica Protetta) e DOP (Denominazione di Origine Protetta). L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a Denominazione di Origine Protetta e Indicazione Geografica Protetta riconosciuti dall’Unione Europea, per un totale di 299 prodotti, e ancora oggi ci sono prodotti che continuano a ricevere gli ambiti riconoscimenti, uno su tutti l’Olio Lucano che fa salire a 18 i prodotti d’eccellenza della Basilicata. 

I Paesi ASEAN non sono indifferenti a questi traguardi e mostrano un grande interesse nei confronti dei prodotti agro-alimentari di origine italiana, anche in virtù della loro rinomata reputazione a livello internazionale. Tuttavia, è bene non sottovalutare i rischi legati al libero commercio sui beni sostituti. L’apertura delle barriere e la crescente importazione di merci possono avere delle conseguenze negative sui prodotti autoctoni appartenenti alle medesime catene di produzione. Basti pensare alle opinioni che circolavano nel 2017 circa le conseguenze dell’esportazione di mozzarelle di bufala dall’Italia sul commercio dei formaggi freschi in Canada o la possibile imitazione del celebre latticino campano successivamente all’entrata in vigore del CETA. Si tratta di tutele che devono essere garantite anche ai prodotti IGP e DOP provenienti dall’Emilia-Romagna. La regione, infatti, ha mostrato grande interesse per cogliere le opportunità derivanti da eventuali accordi di libero scambio, al fine di ampliare la propria rete di contatti commerciali e garantire una ripresa agile delle aziende dopo la crisi innestata dalla pandemia da Covid-19. Gli imprenditori stanno dimostrando una grande capacità di reazione nei confronti di questo momento critico e un forte senso di apertura nei confronti di una regione del mondo in costante sviluppo. 

L’ASEAN è una delle poche aree del globo ad aver mostrato prontezza nella gestione dell’emergenza sanitaria e si rivela similarmente disposta a mettersi in contatto con nuovi interlocutori. Si è, infatti, tenuta il 9 agosto in Thailandia la fiera “Food and Hotel” organizzato da Bellavita Expo con la partecipazione della Camera di Commercio Italo-Thailandese. Si tratta della principale fiera commerciale nei settori dell’ospitalità e della gastronomia in Thailandia e nel Sud-Est asiatico, durante la quale sono stati descritti e pubblicizzati i migliori prodotti di food and beverage italiani per oltre 29.000 professionisti del settore. L’evento ha voluto dare un impulso deciso per segnalare la crescita del settore alimentare e dell’ospitalità in Thailandia, con l’auspicio di offrire opportunità eccezionali alle imprese Italiane di arricchire le proprie conoscenze con professionisti del settore, promuovendo le proprie imprese sul territorio. 

Gli ultimi sviluppi pongono, dunque, delle previsioni ottimistiche circa la popolarità dei prodotti di origine italiana e fanno ben sperare sul progredire delle relazioni commerciali tra UE e Sud-Est asiatico, nonchè sulla diffusione delle eccellenze enogastronomiche italiane nel mondo.

A cura di Hania Hasim 

Partire col Phad Thai giusto

Il Sud-Est asiatico si afferma sempre più in Italia ed Europa anche grazie alla sua ricca offerta gastronomica

“Non mangiate niente che la vostra bisnonna non riconoscerebbe come cibo”, direbbe lo scrittore statunitense Michael Pollan. Una regola d’oro osservata con rigore specialmente dagli italiani, famosi per essere pronti a scrutare con occhio critico qualsiasi piatto proveniente dall’estero. Eppure, negli ultimi anni la cucina del Sud-Est asiatico sta riuscendo a superare i limiti imposti dalla geografia e ad aggiudicarsi anche il cuore dei più scettici. Ne sono una prova non solo i numerosissimi ristoranti di cucina thailandese e vietnamita che stanno facendo la loro comparsa in tutta Italia, ma anche la produzione di nuove serie tv che raccontano i profumi, il gusto e i colori della cucina asiatica. Ma quali sono i piatti più apprezzati in Europa e in Italia oggi, che conquisterebbero persino la vostra bisnonna? 

Libri interi non basterebbero a spiegare la ricchezza e la varietà di ingredienti della cucina del Vietnam. Ancor prima della colonizzazione francese, che avrebbe dato via all’Unione Indocinese nel 1887 e influenzato in maniera importante le abitudini alimentari di questa regione, è la vicina Cina a dare un contributo fondamentale allo sviluppo di piatti popolari vietnamiti: non solo wonton e noodles di grano, ma anche ingredienti come peperoncini piccanti e granoturco si ritrovano, infatti, in entrambe le cucine. Con l’arrivo dei francesi, la lista degli ingredienti disponibili si è ampliata fino a comprendere patate, cipolle, asparagi, caffè. E sorprendentemente oggi due dei piatti più amati della cucina tipica vietnamita, sia dai locali che dagli europei, vengono proprio dall’influenza dei nostri cugini d’oltralpe! 

Il primo è il Bánh mì, un gustoso panino farcito nei modi più fantasiosi, come per esempio carne arrostita, coriandolo, verdure e salse. Il pane utilizzato è simile nella forma ad una baguette, ma al posto della farina di grano viene utilizzata quella di riso. Il secondo invece è il celeberrimo Pho, una zuppa di brodo di carne e spaghetti di riso. Si pensa che il nome Pho (pronuncia: fuh) venga dal francese pot au feu (stufato di carne), e proprio la presenza della carne di manzo, raramente presente in altri piatti tipici della cucina asiatica, è un altro indice del lascito coloniale. 

E che dire della cucina thailandese? Amata sempre di più in terra nostrana, come sottolineano i numerosi ristoranti che stanno nascendo dappertutto, non solo a Roma o a Milano, ma anche in altre città italiane. Oltre al classico Phad Thai (noodles di riso saltati in padella con verdure fresche, uova, arachidi tostati, salsa di pesce, salsa al tamarindo, aglio, peperoncino, zucchero di palma e lime), la grande varietà di sapori e ingredienti combinati con estro e creatività della cucina thailandese conquista l’occidente giorno dopo giorno: tanto che il thailandese Massaman curry, il “re dei curry”, si è aggiudicato il primo posto nella classifica “The world’s 50 best foods” rilasciata da CNN appena due settimane fa per l’anno 2020. Il motivo? “Persino la sua versione da supermercato sarebbe in grado di trasformare il più incapace dei cuochi in un potenziale Michelin”.

Sebbene sia più difficile trovare in Italia ristoranti di cucina indonesiana, singaporiana, o di altri Paesi del Sud-Est asiatico, l’interesse verso di essi in occidente rappresenta un trend in costante crescita. Basti pensare che molti altri piatti che si sono aggiudicati un posto nella classifica citata poco fa provengono da Paesi ASEAN. O che ben due serie tv (Street Food Asia e Chef’s Table) Netflix, il gigante mediatico sempre attento alle esigenze di mercato specialmente dei giovanissimi, dedicano molti episodi alla cucina di Bali, Yogyakarta, Cebu, e altre sue città. 

Tutti segnali incoraggianti che dimostrano, ancora una volta, come il Sud-Est asiatico, la sua storia, la sua tradizione, e (ovviamente) la sua ricca cucina, suscitino l’interesse sempre più vivo in Europa e nel mondo.

A cura di Valentina Beomonte Zobel

L’importanza della sicurezza comune per l’ASEAN

Per affrontare le nuove sfide geopolitiche, l’ASEAN dovrebbe progredire verso forme di cooperazione più concrete nel settore della difesa 

Nella dichiarazione di Bangkok, documento fondante dell’Associazione, si legge che la pace e la stabilità della regione sono tra gli obiettivi primari dell’ASEAN. Tuttavia, la struttura stessa dell’organizzazione, rende difficile fare progressi significativi e concreti in materia di sicurezza e difesa comune. 

L’ASEAN nasce infatti dal raccordo di una serie di principi cardine che sono alla base della fiducia tra i Paesi membri. Questo approccio – definito The ASEAN Way – è fondato sul rispetto della sovranità nazionale, la non interferenza negli affari interni, la rinuncia all’uso della forza come strumento per sedare le dispute e l’unanimità nelle procedure decisionali. Il tema della sicurezza e della difesa comune è dunque sempre stato delicato da trattare, e i progressi in questo settore sono sempre stati modesti.  

Negli ultimi decenni, l’Indonesia è stato il Paese che più si è speso per accelerare il processo di integrazione in questo campo. Nel 2003, a margine del 9° ASEAN Summit a Bali, il governo indonesiano riuscì nel suo intento di inserire la ASEAN Security Community tra i tre pilastri fondamentali della struttura dell’Associazione. L’ASEAN Political-Security Community – come viene chiamata dal 2015 – ha rappresentato un passo in avanti notevole verso il rafforzamento dei legami tra i vari Paesi, costituendo una piattaforma utile a risolvere dispute e a favorire il dialogo e la cooperazione in materia di difesa e politica estera. A partire dal 2010 poi, hanno acquisito importanza e centralità anche i Meeting dei Ministri della Difesa dei Paesi ASEAN con i diversi partner internazionali dell’Associazione, dalla Cina, e il Giappone, fino all’Australia e gli USA. 

Nonostante i progressi degli ultimi anni però, l’ASEAN fatica ancora ad avanzare verso una comunità concreta nel settore della difesa. La cooperazione al momento è orientata alla consultazione dei partner e al dialogo, e i Paesi membri sono poco inclini alla formulazione di una strategia di lungo periodo comune e condivisa. Sul delicato tema del Mar Cinese Meridionale, che vede coinvolte diverse nazioni dell’ASEAN tra cui Indonesia, Malesia, Filippine e Vietnam, stenta a nascere la strategia comune di lungo periodo che sarebbe necessaria ad affrontare la sfida. 

Oggi infatti, il continuo evolvere del contesto geopolitico globale rende chiara la necessità per l’ASEAN di approfondire il discorso sulla sicurezza comune. Il ruolo degli USA nel Pacifico sta cambiando, la Cina avanza nel Mar Cinese Meridionale, lo scontro tra Washington e Pechino apre nuovi scenari e la crisi pandemica ha generato stravolgimenti senza precedenti negli equilibri regionali e globali. Dimensione economica e geopolitica vanno oramai di pari passo, ed è tempo per l’ASEAN di investire nella direzione di maggiori forme di cooperazione anche in materia di difesa. 

Il 2020 è un anno particolarmente importante per il settore della sicurezza nei Paesi del Sud-Est asiatico. Ben due nazioni dell’ASEAN, Indonesia e Vietnam, sono infatti membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Un’opportunità unica per far avanzare le priorità della regione ai tavoli diplomatici più rilevanti. La regione del Sud-Est asiatico sta acquisendo sempre maggiore importanza a livello economico e commerciale, ma dovrebbe ora iniziare a costruire anche una dimensione geopolitica per affrontare le nuove sfide con strumenti efficaci. Sarà dunque fondamentale per i Paesi ASEAN continuare nel percorso avviato verso la definizione di una vera e propria comunità di difesa e sicurezza, con l’obiettivo di garantire il principio di pace e stabilità che è alla base dell’Associazione stessa. 

A cura di Tullio Ambrosone e Luca Menghini 

2° Digital Round Table sulle relazioni economiche tra Italia e ASEAN

Al centro della discussione tecnologia e innovazione, con un focus sulle possibilità di investimento nei Paesi ASEAN

Si è svolta mercoledì 30 settembre la 2° tavola rotonda del digital High Level Dialogue organizzato da The European House Ambrosetti in collaborazione con l’Associazione Italia-ASEAN sul tema delle relazioni tra l’Italia e l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico. Ora che l’Italia è ufficialmente diventata Partner di Sviluppo dell’ASEAN infatti, cresce l’importanza della regione del Sud-Est asiatico per il commercio e l’export del nostro Paese. In particolare, nei settori della manifattura, della tecnologia e della connettività, Italia e ASEAN hanno ora un’occasione unica per avanzare le relazioni e raggiungere importanti obiettivi comuni. 

Preponderante dallo scoppio della pandemia è stato il tema della rivoluzione digitale. Durante le fasi più acute della crisi, il ruolo della connettività è stato fondamentale per assumere un approccio resiliente, permettendo di non interrompere il ciclo produttivo e spingendo le aziende a ripensare il proprio modello di sviluppo anche per il futuro. Nonostante il calo delle attività economiche a livello complessivo, il settore digitale è cresciuto in maniera significativa durante la pandemia e risulta oggi uno dei settori più dinamici, soprattutto nel Sud-Est asiatico. Sempre più aziende puntano ad ampliare l’offerta di servizi digitali nella regione, investendo su intelligenza artificiale e big data, e i governi ASEAN sembrano intenzionati ad accompagnare questo processo per raccogliere i frutti della rivoluzione digitale. Nella fase post-pandemica sarà dunque fondamentale aumentare gli investimenti nel settore digitale per sostenere la ripresa economica. 

In particolare, durante l’evento, diversi speaker hanno evidenziato la necessità di diversificare gli investimenti in tecnologia per sfruttare tutte le possibilità che questo settore può offrire. Particolarmente interessante il tema delle smart-cities e lo sviluppo tecnologico dei centri urbani. In quanto Paesi densamente popolati, diversi membri dell’ASEAN si trovano ad avere grosse difficoltà a gestire le sempre più caotiche e dinamiche megalopoli della regione. La tecnologia offre in questo senso strumenti estremamente interessanti, dalla gestione della mobilità, fino alle infrastrutture, l’approvvigionamento energetico e il settore alimentare. Secondo diversi esperti che sono intervenuti, maggiori investimenti in digitalizzazione saranno fondamentali per accrescere la competitività e la produttività delle aziende, e per creare ecosistemi sociali più innovativi e sostenibili. Lo spazio per intervenire è ampio e anche le aziende italiane dovrebbero puntare sul ricco mercato dell’Asia sud-orientale per diversificare gli investimenti e cavalcare l’onda della crescita dei Paesi ASEAN. 

Infine, particolare attenzione è stata posta al tema dello sviluppo del settore dell’aviazione, tra i più colpiti dalle conseguenze della crisi pandemica. I divieti di ingresso per i cittadini stranieri imposti in molti Paesi durante la fase più grave della pandemia, insieme alle misure restrittive ancora in vigore per contenere la diffusione del virus, hanno messo a dura prova le compagnie aree e dunque tutto il settore dell’aviazione. Tra gli speaker, Emanuele Lourier, Sales Manager di Leonardo, ha presentato due possibili scenari per il prossimo futuro. Il primo vedrebbe un recupero del traffico aereo a partire dal 2022, con un graduale ritorno ai livelli del 2019; il secondo invece, più pessimista, prevede un recupero del settore nel 2023, con un ritorno alla crescita effettiva solo nel 2024. Tuttavia, nonostante le difficoltà degli ultimi mesi e le sfide del futuro, il traffico aereo nel Sud-Est asiatico è destinato a crescere di diversi punti percentuali nei prossimi dieci anni, in linea con la crescita della popolazione. Anche questo settore dunque può ancora offrire opportunità interessanti per le aziende disposte a puntare sul lungo periodo. 

Nonostante la pandemia stia complicando i rapporti e le relazioni internazionali, Italia e ASEAN continuano a puntare sul multilateralismo e sul libero scambio per uscire da questa crisi. Solo attraverso maggiori forme di cooperazione le due regioni potranno rilanciare la crescita e costruire un modello economico innovativo e sostenibile. I prossimi anni saranno fondamentali in questo senso, toccherà ai governi e alle imprese gettare le basi per la ripresa, consapevoli delle potenzialità che la cooperazione tra Italia e ASEAN può offrire.

 A cura della Redazione 

Italia, Asia e la botanica: una lunga storia

Il 2020 celebra i 100 anni dalla morte di Odoardo Beccari, un botanico che ha contribuito enormemente alla conoscenza della biodiversità del Sud-Est asiatico 

Il 2020 segna due eventi importanti che collegano l’Italia ed il Sud-Est asiatico. Si celebrano i 500 anni della circumnavigazione del globo da parte del portoghese Ferdinando Magellano, con i rapporti del giovane italiano Antonio Pigafetta che descrissero agli europei le città, i popoli ed i costumi del Sud-Est asiatico. Quest’anno poi, si celebra anche il centenario dalla morte del botanico Odoardo Beccari. 

Anche se Odordo Beccari non è un nome famoso ai molti, i suoi lavori scientifici e le numerose piante descritte fanno di lui uno dei più importanti botanici tropicali a cavallo tra ottocento e novecento, sia in Italia che in Europa. I suoi scritti furono fonte di ispirazione per gli ambienti, i nomi e le avventure dei pirati di Sandokan di Emilio Salgari.

Toscano di nascita, con il Marchese Giacomo Doria, organizzarono il loro primo viaggio esplorativo nel Regno di Sarawak (Borneo) nel 1865. Il viaggio li portò nello Sri Lanka, quindi Singapore fino ad arrivare a Kuching, capitale del Sarawak. Dopo una prima permaneza, come ospiti del Rajah James Brooke, i due si spostarono sul monte Battang a circa 300 metri di altezza, cominciando da qui le loro collezioni. A questa prima spedizione ne seguirono altre, nel Sud-Est asiatico e in Africa, con altri importanti scienziati italiani. Le collezioni di Beccari si trovano oggi presso l’erbazio nazionale di Firenze, mentre le collezioni zoologiche ed antropologiche presso il Museo di Storia Naturale di Genova.

Con il centenario della morte sono state organizzate diverse iniziative in suo onore sia in Italia che nel Sud-Est asiatico. L’erbario di Firenze è prossimo ad inaugurare una mostra sulla vita e l’opera di Beccari (25 ottobre 2020 – 28 febbraio 2021). Per l’occasione verrà presentata la ristampa anastatica del libro Nelle foreste di Borneo

La città di Kuching (Sarawak) che vide il giovane ventenne affrontare le foreste tropicali, organizza ben quattro eventi di commemorazione. Il 25 luglio è stato inaugurato il ‘Beccari Discovery trail’ un percorso di 3.2 km sul monte Batang, lo stesso monte dove Beccari costruì il suo campo base (Villa Vallombrosa). A settembre verrà inaugurata la ‘Hidden Valley of the Rattans’ presso il Kubah National Park in collaborazione con il Corpo Forestale del Sarawak. Per il 2021 (eventi posticipati a causa del Covid), sono in programma una conferenza in onore di Beccari dal titolo ‘Wanderings in the Forests of Borneo’ in collaborazione con il Sarawak Biodiversity Centre ed una mostra a lui dedicata. 

Beccari scrisse i suoi racconti di viaggio nel libro: Nelle foreste di Borneo, l’opera tradotta in inglese: Wanderings in the Great Forests of Borneo, divenne l’unico best-seller scientifico italiano conosciuto all’estero. In quel libro egli scrisse che con il futuro sviluppo della Malesia, quelle foreste sarebbero state studiate da botanici locali. Oggi quegli stessi botanici lo celebrano per il suo grande contributo alla conoscenza della biodiversità. 

A cura di Daniele Cicuzza 

Crescono i rapporti tra Italia e ASEAN

Dopo la Germania, anche l’Italia (e la Francia) diventa Partner di Sviluppo dell’ASEAN, evidenziando l’intenzione del nostro sistema Paese di puntare sul Sud-Est asiatico

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, insieme alle severe conseguenze della pandemia, stanno contribuendo a ridisegnare il panorama commerciale e geopolitico globale. In Europa così come in Asia, le élite politiche sono alla ricerca di nuove partnership commerciali con l’obiettivo di far fronte agli sconvolgimenti degli equilibri economici degli ultimi anni. A tale proposito, L’Italia e l’Europa guardano con sempre maggiore interesse alla regione dell’Indo-Pacifico, considerata un’area giovane, dinamica e ricca di opportunità. 

Sin dalla prima visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Segretariato dell’ASEAN nel 2015, l’Italia si è impegnata a fortificare le relazioni con la regione. Attraverso l’organizzazione di incontri ed eventi, rappresentati delle istituzioni italiane ed ASEAN hanno lavorato per favorire il dialogo e gli scambi commerciali tra le due parti. Il 9 settembre di quest’anno poi, l’Italia è ufficialmente diventata Partner di Sviluppo dell’ASEAN, coronando un processo di avvicinamento portato avanti con successo negli ultimi anni. Inoltre, la recente entrata in vigore dell’accordo di libero scambio tra UE e Vietnam (dopo l’accordo con Singapore del 2019) rappresenta un ulteriore fattore positivo che segnala il processo di avvicinamento in corso tra Italia, Europa e Sud-Est asiatico. 

Anche dal punto di vista commerciale le relazioni tra Italia e ASEAN sono cresciute negli ultimi anni. Secondo i dati del Segretariato generale dell’ASEAN, dal 2009 al 2019 le esportazioni italiane verso i Paesi ASEAN sono passate da 7,14 a 13,29 miliardi di dollari, mentre le importazioni sono passate da 5,27 a 9,65 miliardi di dollari. Tra le principali merci italiane esportate, i macchinari, le attrezzature e i prodotti chimici, mentre i Paesi ASEAN hanno esportato in Italia soprattutto computer, prodotti elettronici e alimentari. Tuttavia, vale la pena sottolineare che il volume degli scambi tra Italia e ASEAN resta ancora piuttosto basso, soprattutto in relazione ad altri Paesi europei. Il blocco ASEAN è il 14° partner commerciale dell’Italia in termini di export, import e investimenti diretti esteri, mentre l’Italia è oltre il 20° posto tra i partner dell’ASEAN, molto dopo Germania, Francia, Regno Unito e persino Paesi Bassi e Svizzera. 

Alla luce di questi dati, risulta evidente come la notizia della partnership tra Italia e ASEAN segnali l’intenzione dell’establishment politico italiano di voler recuperare il ritardo accumulato rispetto ai partner europei e ai competitor a livello globale. Del resto, l’ASEAN è una delle regioni più dinamiche al mondo, con una popolazione di oltre 600 milioni di abitanti, la quinta economia a livello globale e un crescita media negli ultimi 10 anni attestata attorno al 5% del PIL complessivo. 

La partnership appena avviata risulta dunque non un punto d’arrivo, ma un punto di partenza per migliorare e approfondire le relazioni politiche, economiche e culturali tra l’Italia e i Paesi del Sud-Est asiatico. Nei prossimi mesi, sarà necessario monitorare e valutare i progressi fatti per capire la portata di questo processo e per cogliere le innumerevoli opportunità che ne emergeranno.