L’ASEAN deve rivedere le politiche ambientali per rimanere competitiva.
Il cambiamento climatico potrebbe avere un impatto devastante sugli Stati membri dell’ASEAN. Myanmar, Filippine, Tailandia e Vietnam occupano già una posizione nella classifica dei 10 Stati al mondo che hanno sofferto i danni maggiori a causa dei disastri ambientali negli ultimi 20 anni e la situazione sembrerebbe destinata a precipitare.
L’unica soluzione è procedere con misure drastiche e tempestive: gli Stati aderenti agli Accordi di Parigi hanno stabilito che l’aumento della temperatura globale deve restare al di sotto degli 1,5 °C. Per poter raggiungere questo obiettivo è necessario che le fonti energetiche rinnovabili coprano l’80% del fabbisogno mondiale di energia entro il 2030 e il 100% entro il 2050. La discrezionalità dell’accordo tuttavia non ne rende vincolanti gli obiettivi.
Se, infatti, l’Unione Europea ha reso obbligatoria la riduzione delle emissioni di carbonio secondo le tappe stabilite dagli Accordi di Parigi, stessa cosa non si può dire dell’ASEAN. Nonostante l’Associazione si sia posta l’obiettivo di soddisfare il 23% del fabbisogno energetico tramite fonti rinnovabili entro il 2025, purtroppo si trova a sacrificare fin troppo spesso questo proposito in nome di politiche di crescita molto ambiziose. Su queste basi, l’ASEAN Center for Energy (ACE) ha previsto che le emissioni di CO2 pro capite della regione sono destinate ad aumentare del 140% tra il 2015 e il 2040, vanificando tutti gli sforzi regionali. La mancanza di politiche ambientali mirate si riflette soprattutto sul settore dei trasporti, che negli ultimi anni si è reso responsabile di quasi il 30% delle emissioni di CO2 nella regione. Sebbene, infatti, siano aumentati gli incentivi per l’impiego di energie rinnovabili, i sussidi ai combustibili fossili sono ancora di gran lunga superiori in molti Stati ASEAN, soprattutto in Indonesia che si rivela essere il quinto maggior finanziatore a livello mondiale di combustibili fossili.
A ciò si aggiunge il problema sempre più dilagante della deforestazione, anche se recentemente si sono visti dei miglioramenti nelle politiche nazionali: Laos e Vietnam hanno fissato degli obiettivi di copertura forestale del territorio, rispettivamente del 70% e del 45%. Indonesia e Myanmar si posizionano, invece, come alcuni dei Paesi con il più alto tasso di deforestazione al mondo.
La questione ambientale non è certo imputabile solo all’ASEAN. In gran parte la responsabilità appartiene all’Europa, al Nord America e all’Asia Orientale. Ma è anche vero che a causa della collocazione geografica è principalmente questa regione a soffrire del cambiamento climatico. È auspicabile dunque che i rispettivi governi adottino azioni di contrasto più incisive.
Si prevede che l’ASEAN diventerà la quarta economia mondiale entro il 2030 e il suo peso economico nello scenario globale sarà determinato anche delle politiche energetiche e ambientali. Per non perdere di competitività, l’ASEAN è chiamata ad adeguarsi agli standard internazionali.