ASEAN, la sfida della stabilità regionale dopo Kabul

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Gli avvenimenti delle ultime settimane in Afghanistan sono osservati da lontano anche dai governi del Sud-Est asiatico. Per combattere la radicalizzazione interna, l’ASEAN dovrà lavorare sull’inclusione sociale

Il recente ritorno al potere dei talebani in Afghanistan e gli attacchi condotti dalle organizzazioni terroristiche a Kabul rilanciano l’argomento della sicurezza anche nel Sud-Est asiatico. Secondo diversi analisti, per i Paesi ASEAN si tratta di un tema di cruciale importanza, avendo registrato in passato vari episodi di violenza legati alla radicalizzazione e al terrorismo. La transizione politica a Kabul è dunque osservata con attenzione anche nel Sud-Est asiatico, già alle prese con nuove ondate di contagi da Covid-19, gli effetti della recessione economica e la crisi politica in Myanmar.

A inizio agosto, i Ministri degli Esteri dell’Associazione hanno ribadito “l’importanza di un approccio collettivo e globale per affrontare (…) l’estremismo violento che favorisce il terrorismo e la radicalizzazione”, rivedendo l’agenda politica dell’Associazione alla luce delle nuove priorità poste dagli sviluppi in Afghanistan. In una dichiarazione alle Nazioni Unite dell’ottobre 2020, la Cambogia sottolineava la necessità di una risposta globale alla minaccia di questo fenomeno transnazionale, ribadendo con forza a nome dell’Associazione l’idea per cui il terrorismo non debba essere associato ad alcuna religione, nazionalità, civiltà o comunità etnica. La rappresentanza cambogiana sottolineava anche come la pandemia da Covid-19 e la conseguente recessione economica abbiano posto i Paesi di tutto il mondo di fronte a nuove sfide nella lotta al terrorismo. La pandemia “ha rivelato diverse fragilità del nostro mondo” ha dichiarato l’Ambasciatore Sovann Ke, “e ha aggravato quelle condizioni che favoriscono il terrorismo”. Per queste ragioni, il ritiro degli Stati Uniti dal Paese dopo vent’anni di occupazione potrà avere ripercussioni sulla conflittualità sociale e religiosa nel Sud-Est asiatico.

Come ha ribadito nei giorni scorsi Chris Devonshire-Ellis su ASEAN Briefing, esistono diverse “fratture all’interno della regione che potrebbero provocare problemi se gli insorti decidessero di cogliere l’opportunità”. Il governo indonesiano, ad esempio, sostiene una visione moderata dell’Islam e ha recentemente messo fuori legge con decreto ministeriale il gruppo politico FPI, Front Pembela Islam (o Fronte dei Difensori Islamici) per via dell’intransigenza della sua ideologia, condannando i suoi membri alla clandestinità. Il governo ha affermato che l’FPI ha minacciato i valori nazionali, commesso incursioni illegali e atti di terrorismo, e che il suo leader Rizieq Shihab avrebbe giurato fedeltà al califfato dell’Isis. Anche in Malesia versioni più severe di Islam stanno prendendo piede, secondo Devonshire-Ellis. Anche la Thailandia e le Filippine sono scosse da anni da rivendicazioni separatiste, anche se nel primo caso esse hanno una matrice più nazionalista che religiosa.

Il Sud-Est asiatico ospita da sempre una grande varietà di comunità religiose che coesistono pacificamente. Laddove insorgano delle ostilità o si verifichino violenze, spesso scaturiscono dall’intersecarsi di istanze di vario tipo, che vanno oltre la mera appartenenza ad una determinata comunità di credenti: sofferenza economica, marginalizzazione, stereotipi e stigma sociali. Il tema fondamentale appare dunque l’inclusione sociale. Anche se è presto per misurare l’effetto che il caso afghano avrà sul Sud-Est asiatico, “sicuramente ciò che è importante” considerare “è l’impatto” che la vicenda avrà “sulle idee”, ha detto a Nikkei Asia Norshahril Saat, esponente del think tank ISEAS-Yusof Ishak Institute di Singapore. Per questo, l’importanza di veicolare contro-narrazioni che combattano il fascino della propaganda terroristica è riconosciuta dall’ASEAN come il canale prediletto per la lotta alla radicalizzazione. L’Associazione ha ribadito l’impegno con le comunità locali per sviluppare strategie comuni che contrastino l’estremismo violento, promuovendo idee alternative e valorizzando l’inclusione di giovani, donne, leader religiosi, culturali e dell’istruzione.

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