A Bruxelles c’è interesse per la conclusione di nuovi accordi di libero scambio, anche se la strada è in salita per i negoziati con i partner ASEAN. Le tensioni internazionali e le preoccupazioni domestiche (da entrambi i lati) rendono i negoziati più complessi. Ma il commercio internazionale rimane vitale per l’economia di entrambi i blocchi.
La Presidenza ceca del Consiglio UE aveva individuato a metà 2022, come sue priorità, la conclusione di nuovi free trade agreement (FTA) ‘in particolare in America Latina e nell’Indo-pacifico (…) con i partner like-minded’. Una priorità condivisa dai membri del Parlamento europeo che, durante le riunioni con i delegati di Praga che durante le prime settimane di Presidenza, hanno espresso l’urgenza di concludere gli accordi con Nuova Zelanda, Messico, Cile, Australia, India e MERCOSUR. In altre parole, a Bruxelles è vivo il desiderio aprirsi a nuovi mercati attraverso accordi bilaterali, ma si guarda ai differenti tavoli negoziali con diversi gradi di ottimismo. I trattati con Paesi ASEAN in discussione al momento – con Indonesia e Filippine – sembrano più difficili da concludere. I negoziati con Malesia e Thailandia sono rimasti bloccati per anni a causa delle vicende politiche interne dei due Paesi – se le trattative con Bangkok stanno ripartendo, quelle con Kuala Lumpur dovranno fare i conti con la crescente instabilità della politica nazionale. Tutto ciò nonostante l’UE abbia conseguito due recenti successi – i FTA con Vietnam e Singapore – proprio in questa regione.
Il negoziato in fase più avanzata è quello con l’Indonesia. Giacarta è un interlocutore essenziale per Bruxelles, e non solo sul piano commerciale. Il Paese è un attore fondamentale nell’ASEAN e anche nel G20, come ha dimostrato durante la sua recente Presidenza del Summit. Entrambi i partner sono interessati a rafforzare i rapporti commerciali, ma ci sono ancora dei nodi da sciogliere – in particolare, la tutela dei diritti di proprietà intellettuale (capitolo che abbraccia anche la protezione delle indicazioni geografiche) e l’annosa questione dell’olio di palma. La guerra russo-ucraina potrebbe incidere su questo punto dato che, da parte europea, la domanda di olii vegetali indonesiani sta crescendo – a causa della necessità di sostituire i fornitori nei Paesi coinvolti nel conflitto. Un altro tassello importante dell’accordo riguarderà gli investimenti. Anche in questo caso, l’opportunità economica si intreccia con quella politica. L’UE – come anche gli USA – si vuole presentare come un partner alternativo alla Cina nei progetti infrastrutturali strategici attraverso la strategia Global Gateway, pensata per rispondere alla Belt and Road Initiative di Pechino. Considerando che i rapporti commerciali Cina-Indonesia si stanno rafforzando anche grazie all’accordo RCEP, la conclusione di un FTA potrebbe aiutare Bruxelles a non perdere terreno rispetto a Pechino.
La tutela della proprietà intellettuale – in particolare quando riguarda il settore farmaceutico – è terreno di confronto anche nelle trattative con le Filippine. La percezione di Manila è che i negoziatori europei diano troppa priorità agli interessi dei detentori dei brevetti a discapito dell’interesse generale di accesso ai medicinali. Negli scorsi anni i negoziati erano andati a rilento anche a causa delle preoccupazioni dei MEP circa il rispetto dei diritti umani nel Paese – durante la campagna dell’ex presidente Rodrigo Duterte contro il traffico di droga avevano fatto scalpore le esecuzioni sommarie perpetrate dalle forze di sicurezza nazionali – e Strasburgo era arrivata a chiedere la sospensione del regime commerciale di favore GSP+. Il rispetto dei diritti umani, civili e politici è un requisito necessario per il proseguimento dell’iter negoziale dal punto di vista dell’UE – a riprova di questo, i negoziati con la Thailandia si erano interrotti nel 2014 a causa del golpe militare.
Anche questioni domestiche meno “sinistre” possono bloccare l’avanzamento delle trattative. Ad esempio, il dialogo con la Malesia si è interrotto a causa dell’incertezza politica nel parlamento di Kuala Lumpur: i recenti governi sono stati tutti sostenuti da maggioranze traballanti e mutevoli. E rimane difficile mettere d’accordo tutti gli stakeholder su temi complessi come i trattati commerciali. Per tornare al tema dell’olio di palma, gli agricoltori del settore sono un gruppo di pressione molto influente in Malesia e guardano con un certo fastidio alle politiche UE sul tema – e infatti i recenti governi nazionali sono stati molto duri verso Bruxelles, sollevando la questione anche in sede WTO, insieme all’Indonesia. D’altronde, anche la società civile europea ho opinioni forti, e di segno opposto, sul tema e influenza in questo senso le Istituzioni europee. I negoziatori europei si trovano a doversi destreggiare tra le richieste dei loro concittadini e quelle delle delegazioni dei partner, a volte anche divise al loro interno – in certi Paesi ASEAN, ministeri dello stesso governo sono in competizione tra loro per far prevalere gli interessi dei gruppi di pressione a cui sono più legati, a discapito di altre porzioni dell’economia o della società.
Nonostante le difficoltà, proseguire nella liberalizzazione dei rapporti commerciali può portare grandi benefici a entrambi i blocchi, i quali devono all’export buona parte del loro dinamismo economico. La conclusione di accordi bilaterali tra l’UE e i singoli Paesi ASEAN potrebbe facilitare i negoziati per un futuro FTA region-to-region – questa sembra essere l’obiettivo finale di Bruxelles dopo il fallimento dello stesso progetto nel 2009. Superare le difficoltà tecniche e politiche – che abbiamo solamente tratteggiato in questo articolo – rappresenterebbe un segnale positivo in una fase in cui l’unilateralismo sembra diventare la cifra della politica commerciale internazionale.