L’anno del Laos

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Come se la sta cavando Vientiane in questi primi mesi da Presidente di turno dell’ASEAN, in attesa del summit in autunno?

Francesco Mattogno

C’è stato un momento, verso fine aprile, nel quale in Laos mancavano contemporaneamente il Presidente e il Primo Ministro. Sembra strano per un Paese che ha la fama di essere “land-locked”, cioè “intrappolato dalla terra”, in quanto unico stato del Sud-Est asiatico a non avere sbocco sul mare. Una condizione che, secondo alcune teorie, renderebbe Vientiane per sua natura meno interessata o toccata dalle questioni internazionali. 

Il 23 aprile, mentre il Presidente Thongloun Sisoulith incontrava a Phnom Penh il Premier cambogiano Hun Manet e il re Norodom Sihamoni, il primo ministro Sonexay Siphandone presenziava all’ASEAN Future Forum, organizzato ad Hanoi. Parlando con l’omologo vietnamita Pham Minh Chinh, Siphandone ha rinnovato l’impegno del Laos a rafforzare la cooperazione con il Vietnam in vari settori, dalla difesa al commercio, passando per infrastrutture, energia, turismo. Il tutto mentre Sisoulith dava il suo sostegno al canale Funan Techo che la Cambogia ha intenzione di far partire dal fiume Mekong, con annesse proteste vietnamite.

Si è trattato di un atto di equilibrismo interessante, che dimostra una certa capacità di iniziativa diplomatica da parte laotiana. Negli ultimi mesi Vientiane si è inserita più spesso del solito negli affari regionali e internazionali, complice il suo ruolo da presidente dell’ASEAN. La presidenza dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN) è un carica annuale, assegnata a rotazione ai dieci paesi membri del blocco in ordine alfabetico, secondo la lingua inglese. E il 2024 è l’anno del Laos, che presiede l’associazione per la terza volta nella sua storia (dopo il 2004 e il 2016).

Come da tre anni a questa parte, il Laos ha ereditato dal suo predecessore (l’Indonesia) una serie di dossier spinosi lasciati in sospeso. Dalla guerra civile in Myanmar, sulla quale il gruppo non è mai stato in grado di incidere, alle dispute territoriali sul Mar cinese meridionale tra la Cina e cinque Paesi ASEAN (Filippine, Malaysia, Vietnam, Brunei e Indonesia). Questioni a cui si sommano le tensioni tra Pechino e Washington e i conflitti (Ucraina, Gaza) che minacciano di mutare l’ordine internazionale sul quale si è fondata per decenni la crescita economica del Sud-Est asiatico.

Viste le criticità, in questi primi mesi Vientiane ha cercato di promuovere la centralità dell’ASEAN più sul piano economico, che politico. Il Laos è un Paese con un enorme debito pubblico (125% del PIL nel 2023) che nell’ultimo biennio ha seriamente rischiato il default, e che per questo sta usando l’associazione come una rampa di lancio per risollevare lo stato delle finanze statali. Non a caso, nella sua agenda da presidente ASEAN il governo laotiano ha deciso di dare priorità a temi come l’integrazione economica tra i Paesi del blocco, la digitalizzazione, il turismo e la crescita economica sostenibile.

In tutti gli incontri, dalle ministeriali ai vertici con Paesi partner come Australia e Nuova Zelanda, si è parlato di commercio, investimenti e progetti infrastrutturali, senza mai toccare con decisione temi sensibili come la guerra in Myanmar (si è richiesta più volte una generica cessazione delle ostilità) o il Mar cinese meridionale. Quest’ultimo, per esempio, è stato a malapena accennato anche durante l’incontro di inizio aprile tra il Ministro degli Esteri laotiano Saleumxay Kommasith e la controparte cinese Wang Yi, nonostante i due si siano parlati durante uno dei momenti di maggiore tensione nell’area tra Cina e Filippine.

La forte dipendenza economica da Pechino (che detiene metà del debito estero laotiano), a cui si sommano i rapporti ambigui tra il governo del Partito Rivoluzionario del Popolo Lao e la giunta militare birmana, rendevano complicato pensare che il Laos potesse riuscire a incidere davvero sulle principali questioni internazionali laddove Paesi molto più influenti hanno fallito, come l’Indonesia.

Nonostante questo, Vientiane non è rimasta del tutto immobile, soprattutto sul fronte birmano. L’inviato speciale ASEAN per il Myanmar nominato dal Laos a inizio anno, Alounkeo Kittikhoun, ha incontrato immediatamente il leader della giunta militare birmana Min Aung Hlaing (senza però riuscire a parlare con gli oppositori del regime), e Naypyitaw ha mandato per la prima volta dal 2021 un proprio rappresentante non politico a un incontro ASEAN. Quest’ultimo punto è positivo perché rappresenta un passo indietro del regime, che aveva sempre preteso di essere rappresentato da un membro del governo, e sarebbe dovuto proprio ai buoni rapporti tra i due Paesi. Resta da capire se nei prossimi mesi il governo laotiano potrà – e vorrà – fare di più.

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