L’effetto della crisi climatica sulle elezioni delle Filippine

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È chiaro a tutti che il Paese è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e necessita, quindi, di un ricorso alle energie rinnovabili.

Quando il tifone Rai ha devastato le Filippine centrali nel dicembre 2021, lasciando quasi 400 città senza energia elettrica per settimane, ciò che più ha irritato la popolazione è stata l’incapacità del governo di prevedere le conseguenze del disastro naturale.

Un arcipelago nel mezzo del Pacifico, ogni anno le Filippine vengono colpite da almeno 20 tempeste, che sembrano peggiorare esponenzialmente. Il tifone Rai è stato più distruttivo dell’Haiyan (2013) e le stime dei danni che ha causato in tutto il Paese ammontano a 800 milioni di dollari.

È chiaro a tutti che il Paese è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e necessita, quindi, di un ricorso alle energie rinnovabili. Tuttavia, pare che Manila non la pensi allo stesso modo. Da inizio febbraio, la capitale è in preda alla “febbre da elezioni” e i politici sembrano vedere la questione del clima come una problematica alla quale solo le nazioni più grandi possono far fronte. Per la classe politica filippina l’obiettivo principale è la sopravvivenza e  non vi è alcuna apparente preoccupazione di affrontare le conseguenze disastrose provocate dai disastri naturali che colpiscono il Paese da anni. 

In vista delle elezioni del 9 maggio, che misureranno l’appetito dei filippini per il cambiamento, Ferdinand Marcos Jr., figlio e omonimo del defunto dittatore, è il favorito per vincere la presidenza. Il sindaco di Davao, Sara Duterte, figlia dell’attuale leader, sta guidando la corsa per la vicepresidenza. Tutti gli occhi sono puntati sulla corsa alla successione del presidente Rodrigo Duterte, a cui è costituzionalmente vietato cercare un secondo mandato e non ha nominato pubblicamente un successore preferito.

Sulla scheda elettorale si compirà una scelta tra dieci candidati alla presidenza e nove alla vicepresidenza. Ciò che il popolo si aspetta non sono solo delle risposte concrete alla pandemia e dei forti programmi di ripresa economica, ma sono osservate da vicino anche le posizioni di ciascun candidato in merito alle politiche dell’era Duterte, la sanguinosa guerra alla droga, la politica estera verso la Cina e la sua spinta infrastrutturale sostenuta dal debito.

In sintesi, la questione climatica e il passaggio ad un maggiore uso delle fonti di energia rinnovabile, non sembrano le priorità della classe politica filippina.

Secondo il professor Antonio La Vina, ex direttore esecutivo dell’Osservatorio di Manila, un istituto di ricerca senza scopo di lucro con sede presso l’Ateneo de Manila University: “Tifoni della portata di Haiyan e Rai continueranno a presentarsi sempre più frequentemente; senza un piano che preveda questi eventi, si arriverà ad un punto critico in cui non avremo il tempo necessario per ricostruire”. 

Se il Governo promuovesse un maggiore uso dell’energia rinnovabile, sostituendo i combustibili fossili che contribuiscono al peggioramento del cambiamento climatico, le drammatiche conseguenze delle tempeste annuali potrebbero essere evitate.

Perché allora alla COP26 di Glasgow l’anno scorso, le Filippine hanno concordato solo parzialmente sulla graduale eliminazione del carbone? Perché i grandi attori della produzione di energia hanno investito così tanto nel carbone che non vogliono vedere i loro soldi sprecati. Manila potrebbe aver recentemente imposto un divieto sulle nuove centrali elettriche a carbone, ma quelle esistenti potranno continuare a produrre per decenni.

Secondo le ultime statistiche, il 42% dell’elettricità filippina proviene ancora dal carbone, mentre le energie rinnovabili rappresentano solo il 29%. Per poter sperare di evitare le drammatiche conseguenze causate dai disastri ambientali, le Filippine dovranno aumentare l’uso di energia rinnovabile del 35% entro il 2030 e oltre il 50% entro il 2040. 

Nel 2016 si è registrato un picco nelle costruzioni di infrastrutture volte ad ospitare la produzione di energia rinnovabile (in particolare quella solare), ma da quel momento in poi c’è stato un calo e non se n’è più parlato. Nonostante ogni mese ogni famiglia veda sulla propria bolletta una piccola tariffa aggiunta per aiutare a finanziare queste nuove infrastrutture, l’energia rinnovabile rimane un tema ancora poco conosciuto dalla popolazione dell’arcipelago. 

La chiave è educare le comunità che, a loro volta, dovranno chiedere alle loro unità governative locali di destinare una maggiore quantità dei loro bilanci alle energie rinnovabili. Questo tipo di cambiamento parte dal basso verso l’alto e non aspetta che i “piani alti” intervengano. La via da seguire potrebbe essere quella di sfruttare le risorse naturali per ogni isola dell’arcipelago e ovviare alla tecnologia diesel che è costosa, importata, inaffidabile e troppo spesso non in grado di soddisfare il fabbisogno energetico giornaliero sulle isole più remote.

Gli elettori filippini dovrebbero forse chiedere di più alla loro prossima amministrazione presidenziale per evitare di fare di questo Paese un poster pubblicitario per la resilienza ai disastri.

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